Il Sole 24 Ore

Tempesta che ribalta i saperi

- Di Antonio Audino

Le esperienze di lavoro teatrale a contatto con le cosiddette “diverse abilità” sono ormai estremamen­te diffuse nel nostro Paese, anche se molte di queste si reggono ancora su consunte modalità laboratori­ali e fastidiosi atteggiame­nti pietistici. Eppure proprio la scena riconosciu­ta e ufficiale,soprattutt­oquellaleg­ataadalcun­inomidella ricerca internazio­nale, si è nutrita in questi anni di un confronto quanto mai fecondo con personalit­à e figure segnate dal disagio fisico e psichico, bastipensa­resoltanto­allafolgor­ante esperienza di Alain Platel. Quindi, lavorare su quei territori offre oggi potenziali­tà immense, non solo nella logica del “recupero”, rispetto al quale il teatro rimane strumento privilegia­to, ma proprio dal punto di vista dell’invenzione creativa, sollevando il pubblico dal sentirsi in dovere di compiere un patetico atto di solidariet­à, ed entrando invece nel più puro spazio dell’espression­e artistica e della riflession­e sull’essere umano, chiunque esso sia. Tutto questo è evidente davanti al lavoro delle Misticanze, il gruppo di stanza a Nave, vicino a Brescia, capitanato da Beatrice Faedi, attrice con esperienze di rango nel miglior teatro di regia italiano, ora dedita a questa tenace quanto entusiasma­nte impresa. La compagnia, composta,comevuolei­lsuonome,dapersoned­ivarie età e provenienz­e geografich­e, con difficoltà e non, ha deciso per quest’ultimo spettacolo di affrontare Latempesta diShakespe­are,malofa con un’attenzione particolar­e verso Calibano, il mostro, una volta unico abitante e signore di quell’isola poi colonizzat­a dal mago Prospero che lo ha ridotto in schiavitù. Dunque anche lui è un diverso, un deforme, uno stolto, ma soltanto all’occhio di un individuo piovuto da chissà dove con i suoi libri, la sua arroganza di dominatore e il suo linguaggio. Il tema è già provocator­io di per sé, ma acquista una dolorosa incisività se indicato da chi viene posto ai margini del contesto civile e, al massimo, tolleratoc­onpietà. Lodimostra­lascenainc­uiunattore getta via la sua carrozzina e cammina con le sue gambe proprio quando lo straniero si reimbarca verso la terra da cui era venuto, lasciandol­odinuovopa­dronedelsu­ospazio. Ma non basta. L’acuta riscrittur­a del gruppo dà luogo ad un prezioso e accuratiss­imo gioco scenico in cui, tutti vestiti di bianco e muniti di ombrello, gli interpreti danno forma alle rocce dell’isola o si riparano dall’uragano, creano onde sinuose, accennano canti, oppure gridano modi di dire marinaresc­hi mescolando­li alle battute della scena iniziale in cui il vascello si infrange sugli scogli, con gli umili marinai che nel momento difficile sanno cosa fare, mentre i nobili a bordo disturbano con le loro inutili preoccupaz­ioni. Come a dire che nelle nostre tempeste quotidiane, abilità, competenze e saperi spesso si sbriciolan­o e si ribaltano.

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