Una scelta di rigore con troppe incertezze
Tanto tuonò che piovve. Pubblicata in «Gazzetta», la legge anticorruzione entrerà in vigore decorso l’ordinario periodo di vacatio di 15 giorni. E occorrerà fare i conti con un impianto normativo denso di novità, dai molteplici e significativi risvolti pratici. I campi di applicazione sono noti: i reati contro la Pa, la criminalità mafiosa, le false comunicazioni sociali. Volendo racchiudere sotto un unico ombrello (per continuare nella similitudine) i tratti distintivi della riforma, due sono i profili salienti: il rigore sanzionatorio, i contorni e i confini non sempre chiari della fattispecie incriminatrice. Strano messaggio, in verità, perché suona come un’abdicazione dai compiti istituzionali del legislatore di precisione e determinatezza del precetto penale, delegando alla magistratura il riempimento del vuoto. Salvo lamentarsi dell’eccessivo peso assunto dalla stessa e dall’implicita sconfessione della funzione di orientamento, appannaggio del corpo politico. Deriva ancora più pericolosa, quando – come nel caso in esame – si coniuga all’inasprimento generalizzato delle pene, sicché il destinatario della norma deve essere a maggior ragione consapevole del perimetro di liceità del suo comportamento, e non esposto a ondivaghe oscillazioni giurisprudenziali. Scendendo nei dettagli e partendo dal delitto di falso in bilancio, certamente non potrà più parlarsi (come impropriamente nel passato) di depenalizzazione. Sia per le pene elevate (che consentono nelle società quotate le intercettazioni telefoniche ed escludono a priori la causa di non punibilità della particolare tenuità), sia perché il reato è sempre procedibile d’ufficio. Certo, in tempi di approvazione di bilanci, le società dovranno misurarsi con le nuove regole. Dire se siano più o meno severe rispetto al pregresso è certamente un falso problema: il board ha l’obbligo immutato di redigere un bilancio rispondente al vero e conforme alla legge. Ciò non toglie, guardando al bicchiere mezzo vuoto, che l’abbandono del criterio delle soglie, che di fatto sanciva l’irrilevanza penale di falsi ritenuti innocui quanto a ricaduta in termini di rappresentazione complessiva, priverà gli amministratori di un comodo salvagente. Sul lato opposto, però, la concreta idoneità all’induzione in errore del terzo e la richiesta consapevolezza del falso depongono a favore di un irrobustimento dell’offesa sul versante oggettivo e soggettivo, così da pretendere quantomeno uno scrutinio meticoloso sulla reale significatività della condotta. Ma soprattutto la declinazione del falso esclusivamente rapportata ai fatti materiali dovrebbe finalmente porre fine alla punibilità delle valutazioni.
Passando all’anticorruzione, le innovazioni spaziano dall’opportuna previsione dello sconto di pena per chi collabora con la giustizia alla sospensione condizionale subordinata alla restituzione del profitto illecito. Per finire con analoga disposizione in tema di patteggiamento, ammissibile solo previo ristoro delle somme indebitamente ottenute. Norma che potrà beneficiare del positivo giudizio della Corte costituzionale, pronunciatasi di recente a favore della sua legittimità nel meccanismo identico dei reati tributari.