Il Sole 24 Ore

Le troppe «incompiute» della Sanità

- Di Roberto Turno

L’intesa sui tagli da 2,35 miliardi che ancora non c’è, è chissà per quanto tempo n on ci sarà (e se e quando arriverà). Il Patto per la salute 2014-2016, che resta in attesa di una parte sostanzial­e dei tasselli indispensa­bili per dargli realmente forma e sostanza.

Inuovi livelli essenziali di assistenza (i Lea) che finora non hanno visto la luce. E la manovra per il 2016 che si avvicina a grandi passi, tra preoccupaz­ioni di nuovi tagli e di un ridimensio­namento in prospettiv­a della sanità pubblica. Con i ticket che saranno probabilme­nte rimodellat­i per reddito e gli ospedali che rischiano di perdere sempre più pezzi “storici”: troppi reparti doppione, primariati, piccole strutture. Mentre le cosiddette “cure h24” con la nuova medicina generale sul territorio che ancora non decolla. A mettere tutti insieme i pezzi del mosaico della sanità pubblica, non si finirebbe mai di aggiungere le incompiute. Al ministero della Salute giurano che - siano o meno in stand by le Regioni - i lavori vanno avanti, eccome. E del resto non è (solo) questione di inerzia ministeria­le. Fatto sta che il Ssn sta diventando un puzzle sempre più complesso, sempre meno “manovrabil­e”. Proprio nell’urgenza della crisi e di un impoverime­nto degli italiani che viceversa richiedere­bbe più sicurezza nella tutela della salute pubblica. Ma i vecchi vizi non sono diventati - non dappertutt­o - pubbliche virtù. La spending review è rimasta o quasi lettera morta. Le Regioni in rosso profondo hanno solo in parte migliorato i conti, e del resto per loro aggiungere nuovi tagli a quelli vecchi è quasi un’impresa: vedi il fardello dei superticke­t e delle super addizional­i, come il blocco del turn over che paralizza reparti e assistenza. Anche se non per questo si possono giustifica­re increscios­e realtà, a cominciare dal Molise e dalla Calabria che scontano peccati e saccheggi decennali. Mentre, in tutto questo, le imprese pagano i ritardi di pagamento, i crediti che sono sempre elevati. E i cittadini che si sobbarcano tasse, ticket e attese. Con prestazion­i al lumicino nelle “regioni canaglia”. C’è tutto questo, e molto altro ancora, nella sanità pubblica. In attesa di un addio al federalism­o e a un tocco di centralizz­azione che non avrebbe guastato, anziché inseguire l’impazzimen­to della devolution e dei suoi derivati.

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