Le aziende promuovono Expo
Promosso l’afflusso, logistica da perfezionare
Compie un mese oggi, l’Expo. E per qualcuna delle imprese alimentari sponsor, a sorpresa, la partecipazione si sta rivelando anche un guadagno economico, non solo un ritorno di immagine. Per tutte è un successo di pubblico. Per molte, è una macchi- na organizzativa che va migliorata: dall’accesso per le merci alla lista chiara degli eventi del giorno. Da uno a 10, gli sponsor danno i voti all’Expo. Quella che ne esce fuori è una pagella da promosso.
Il più entusiasta di tutti è Alfiero Fucelli, amministratore di Dispensa Emilia, la catena di ristoranti della cucina tipica emiliana nata a Modena una decina di anni fa: per lui, da uno a dieci, il suo Chiosco Gourmet dentro Expo «vale 11. All’inizio del progetto - racconta - avevamo determinato degli obiettivi di budget: minimo, intermedio e massimo. Ebbene a maggio abbiamo già raggiunto la fascia più alta del nostro bilancio preventivo». Sempre dall’Emilia-Romagna arrivano anche le critiche più pesanti: per la famiglia Varvello, da cinque generazioni nel business della panificazione industriale, il voto della kermesse milanese finora sarebbe 7 se padiglioni, servizi e organizzazione funzionassero a dovere. Se.
Oggi Expo 2015 festeggia il suo primo mese di vita. E se per un bilancio effettivo è ancora presto, il momento è giusto per capire che aria tira tra le aziende sponsor, quelle cioè che ci hanno messo i soldi in prima persona. Tra partner, sponsor veri e propri e concessionarie della ristorazione, le imprese in campo per il comparto alimentare sono una ventina. Di queste, 14 hanno accettato di parlare.
Se la media dei voti è 8,5 e indicherebbe una piena promozione, la realtà è più sfaccettata. In primo luogo, dal punto di vista del ritorno economico. A sorpresa, infatti, qualcuno da Expo potrebbe anche guadagnarci, e non solo in termini di immagine.
È il caso di Dispensa Emilia, si è detto, ma anche di Lindt, che in questo mese ha registrato «buoni risultati di vendita» nella sua Chocolate Factory. Pollice alzato anche per il presidente del consorzio Franciacorta, Maurizio Zanella: «Se il flusso dei visitatori prosguirà come in questo primo mese e non interverranno altre problematiche, confidiamo di chiudere positivamente il bilancio».
Soprattutto, la redditività sembra appannaggio delle catene concessionarie della ristorazione. Come Cir Food, la Cooperativa italiana di ristorazione, che lungo il Decumano gestisce 20 locali e ai visitatori è in grado di preparare fino a 50mila pasti al giorno: «Siamo soddisfatti dei giudizi positivi del pubblico sul nostro rapporto qualità-prezzo - spiega il direttore commerciale Giuliano Gallini - con uno sguardo più ampio sulla durata dell’esposizione stimiamo di avere margini positivi, seppur contenuti, in termini economici».
Per la maggior parte delle imprese intervistate, però, l’investimento complessivo per Expo sarà in perdita e sarà giustificato solo dalle ragioni di immagine: farsi conoscere dal pubblico o associare il marchio a quel concetto positivo di «alimentazione sostenibile» che Expo dovrebbe rappresentare. Spiega Marco Riva, Expo manager di Fratelli Beretta: «Abbiamo scelto di far degustare i nostri salumi Dop e Igp in un panino a prezzi popolari, di 2,5 euro, per farci co- noscere, ma questa scelta non ci consentirà certo di coprire tutti i costi della nostra partecipazione».
La scommessa esclusiva sul ritorno di immagine vale soprattutto per le multinazionali: McDonald’s, Coca Cola, Nestlé (sponsor di Expo con Baci Perugina). Esemplifica per tutte Angelo Trocchia, ad di Unilever Italia, presente con il marchio Algida: «Per noi non ha senso parlare di guadagno o di perdita, la partecipazione stessa è per definizione il guadagno».
Sul piano dell’organizzazione logistica, invece, è palese che c’è ancora da migliorare. «In fase di avviamento - ricorda Federico Grom, cofondatore delle omonime gelaterie - si sono verificate diverse difficoltà a causa dei ritardi nella consegna degli spazi e delle criticità nell’accesso al sito per merci e persone». Gli fa eco Valentina Scotti, responsabile marketing internazionale di Riso Scotti: «All’interno del sito espositivo la comunicazione va migliorata: i visitatori si fermano al Decumano, non esplorano le vie laterali, e inoltre non hanno all’ingresso un pannello che mostri loro tutto l’elenco delle attività della giornata. Per fortuna siamo soddisfatti del ritorno di immagine: partecipiamo a Expo per farci conoscere, e per incontrare potenziali partner tra i distributori esteri». Un concetto condiviso da Roberto Morelli, direttore del Cluster Caffè per conto di Illy: «Nell’organizzazione - dice - molto avrebbe potuto essere migliore, ma lo avevamo messo nel conto. In compenso, la partecipazione dei visitatori si sta dimostrando superiore alle aspettative».
BUSINESS INATTESO Per alcuni operatori al ritorno di immagine si affianca la possibilità di chiudere i sei mesi con un guadagno economico