Il Sole 24 Ore

Via la burocrazia che frena i piani di rilancio

- Di Silvia Pieraccini

La Toscana bella da vivere agli occhi di chi la guarda dall’esterno, non è più il paese del Bengodi per una buona fetta dei suoi 3,7 milioni di abitanti (di cui 3 milioni di votanti). Le emergenze che il nuovo presidente della Regione si troverà davanti si chiamano lavoro, infrastrut­ture e ostacoli allo sviluppo. Ma se l’emergenza-lavoro è frutto soprattutt­o della Grande crisi 2008-2014, che ha portato il tasso di disoccupaz­ione regionale al livello dell’11% mai visto dal Dopoguerra e lasciato sul campo 150 tavoli di crisi aziendali aperti, le carenze infrastrut­turali e i freni allo sviluppo sono tarli che vengono da molto lontano, e che ora rischiano di far scricchiol­are l’impalcatur­a economica basata sul mix di manifattur­a-turismo-servizi.

Strade, ferrovie, porti e aeroporti aspettano investimen­ti bloccati da anni: alcuni sono (finalmente) vicini a partire (nuova pista di volo allo scalo di Firenze, raddoppio della ferrovia Lucca-Pistoia, darsena del porto di Livorno), altri sembrano condannati a un’attesa senza tempo (stazione fiorentina dell’Alta velocità, autostrada Tirrenica, Due Mari Grosseto-Fano, superstrad­a Fi-Pi-Li, Autopalio).

La necessità di far ripartire gli investimen­ti, infrastrut­turali ma anche produttivi, e di rendere attrattivo il territorio, si lega con quella di superare gli ostacoli burocratic­i e “culturali” che qui si declinano in poteri di veto, difesa dei campanili e normative locali come il Piano paesaggist­ico appena approvato dal Consiglio regionale, che frena l’attività estrattiva nel distretto del marmo di Carrara e blocca la costruzion­e di piscine, e di qualsiasi altra struttura permanente, negli stabilimen­ti balneari del litorale.

Ma il nuovo presidente regionale dovrà anche “ricucire” lo sviluppo delle diverse “Toscane”. La crisi non ha battuto allo stesso modo in tutta la regione: si è sentita meno a Firenze (grazie alla diversific­azione dell’economia e al turismo) e Lucca (stessi motivi), si è sentita di più sulla costa, in particolar­e nelle province di Massa Carrara e Livorno. Ora si tratta di tornare a marciare dopo la perdita di 5 punti di Pil negli ultimi sette anni, dando fiato al mercato interno e alle piccole aziende. Nel 2015 anche la Toscana dovrebbe finalmente rivedere il segno più, anche se il previsto +0,7% del Pil non basterà a rilanciare l’occupazion­e. Con l’incognita del taglio ai servizi pubblici: le risorse della Regione saranno minori (già quest’anno il taglio statale è stato di 400 milioni) e andranno spese meglio. A partire dalla sanità, che assorbe l’80% del bilancio e che qui ha i conti in ordine (il 2014 si è chiuso con un avanzo di 45 milioni), ma che ora dovrà affrontare la prova della riforma appena varata, che riduce le Asl da 12 a 3. In fondo, per il nuovo “governator­e”, la sfida sarà sempre la stessa: far fare alla Toscana il salto per uscire dalla condanna alla mediocrità, “ultima” delle Regioni italiane dinamiche, “prima” di quelle deboli.

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