Manca ancora la certezza delle regole (e dei tempi)
L’avvicinarsi delle scadenze di versamento delle imposte sui redditi e dei tributi locali ripropone ancora una volta il problema dell’incertezza a cui sono costretti i contribuenti. La questione relativa agli studi di settore è emblematica: il decreto con revisioni e correttivi è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 maggio mentre la versione definitiva del software Gerico è arrivata solo mercoledì scorso. Ma, più in generale, è difficile comprendere il motivo per cui la macchina fiscale non sia in grado di produrre in tempi adeguati le indicazioni necessarie ai cittadini e alle imprese per adempiere agli obblighi tributari.
Anche sulla Tasi si sono confuse le acque, assicurando, in un primo tempo, che i Comuni avrebbero fatto pervenire ai contribuenti i bollettini precompilati. Salvo poi smentirsi e annunciare che, per la maggior parte degli enti, questo servizio non sarà effettuato.
Sulla misura del prelievo sarà molto complicato procedere a una pianificazione certa. La clausola di salvaguardia, infatti, mette a rischio aumento sia gli acconti Ires e Irap di novembre, sia altri tributi, in relazione al possibile minor gettito rispetto alle previsioni della voluntary disclosure. A detta di professionisti e addetti ai lavori, la nuova misura di rientro dei capitali esteri non decolla a causa dei nodi ancora da sciogliere e di una normativa più complessa e penalizzante rispetto agli analoghi provvedimenti varati in altri Paesi. Si rischia dunque un risultato deludente o, quantomeno, uno slittamento rispetto alla scadenza del 30 settembre.
L’attuale contesto economico, pur lasciando intravedere i primi segnali di ripresa, sconta ancora una congiuntura depressa e molti cittadini pagano le imposte, richieste dall’elevato livello di pressione fiscale che le nostre finanze pubbliche impongono, affrontando duri sacrifici. A questo poi si aggiunge l’amara considerazione che il compito è reso ancor più difficile dalla spesso inutile complessità degli adempimenti tributari e che non esiste la certezza di una serena programmazione delle uscite nei bilanci delle famiglie e delle imprese.
Se la semplificazione, sulla carta, è diventata il cavallo di battaglia di tutti i governi, quello in carica deve dimostrare il coraggio di “rottamare” l’attuale complessità di un sistema che da troppi anni sfida la pazienza dei nostri concittadini e credere realmente nella possibilità di recuperare il ritardo competitivo e liberare dalla burocrazia famiglie e imprese. Non può bastare, quindi, solo il 730 precompilato (tra l’altro ancora in fase di start-up) a rispondere a un’esigenza di un fisco meno complicato e più a misura di contribuente, sia in riferimento alle persone fisiche sia a chi svolge attività economiche.
In un mondo globalizzato il sistema tributario di un Paese determina la capacità di attrarre investimenti e creare valore aggiunto. E non si tratta solo del livello di tassazione, ma anche della garanzia di un sistema efficiente e trasparente.