La statistica dà valore al sentiment
Dall’Ocse uno strumento interattivo sulla percezione del reddito
Statistiche e percezione. Difficile che combacino. Emai come inquesto periodo, tra annunci di crescita del Pil, aumento degli occupati, riavvio della produzione industriale. A ogni timido accenno diuscitadal tunnel del lacrisi, immancabile arriva il cartellino giallo del sentiment comune, indicato dai sondaggi ma anche da altre statistiche: i consumi stentano, le famiglie preferiscono fare le formiche o pensare al mattone con il poco di risparmio salvato dalle prete se del fisco, neltasso dioccupazione giovanile (52,8%) solo la Grecia fa peggio dell’Italia tra i Paesi Ocse, la ripartenza delle imprese si vede quasi esclusivamente nelsettoredell’ auto, le ratee le bollette non pagate continuano ad accumularsi nei cassettirag giungendon el 2014 la cifra record di 56,2 miliardi, il quadruplo rispetto al 2007 (si veda Il Sole 24 Ore dell’11 maggio sui dati Unirec). Insomma, se le statistiche dicono che il ritorno del segno più davanti al Pil (+0,3% nel primo trimestre 2015) supera le aspettative, la cautela domina e metàdegli italiani non si accorge di essere fuori dalla recessione e continua a sentirsi preoccupato(sivedaIlSole24Oredel17maggiosull’indice Sef di Confesercenti e Swg.
Anche gli ultimi rapporti dell’Istat e dell’Ocse, usciti quasi contemporaneamente a fine maggio, oltre che alle statistiche danno importanza alla lettura soggettiva di molti aspetti della realtà. Peresempio, il Rapporto annuale dell’Istituto di statistica si sofferma sulle valutazioni degli italiani in diversi ambiti: condizioni di salute e di qualità del Ssn (80% soddisfatti del proprio stato e 60% del servizio pubblico, maconam pidivari socio economicie territoriali); viabilità e mobilità (l’80% denuncia qualche problema, dalla manutenzione al traffico, dal parcheggio ai mezzi pubblici); disparità nell’accesso ai servizi (pronto soccorso, presidi delle forze dell’ordine, uffici comunali, strutture commerciali); partecipazione ad attività culturali e sociali.
L’Ocse invece ha preso spunto dal suo ultimo Rapporto sulle diseguaglianze per lan ciare uno strumento interattivo volto a indagare la percezione che icittadini de i 34 Paesi membri hanno della propria condizione reddituale. Dai dati statistici contenuti nel rapporto l’Italia esce piuttosto malconcia (si veda Il Sole 24 Ore del 21 maggio). Nel nostro Paese, infatti, il 10% della popolazione più ricca percepisce un reddito che è 11 volte superiore a quello percepito dal 10% più povero (nell’Ocse 9,6 volte) e la crisi ha accentuato questo divario, se sip ensa che dal 2007 al 2011 i redditi dei più poveri sono calati del 4%, quelli mediani del 2% e quelli più elevati dell’1 per cento. E ancora: nel 2013 il 40% degli occupati lavorava con una forma atipica (part time, a termine, lavoro autonomo) contro una media Ocse del 33%; inoltre già prima della crisi (dal 1995 al 2007) l’atipico era cresciuto più che altrove (+24% contro +7,3%) e il lavoro standard meno (solo +3% contro +10%).
Ma investito da questo vortice di statistiche, quanto il cittadino è consapevole della propria condizione, quanto ha ragione di sentirsi arrabbiato o depresso? Per esempio, a 50 anni, con un reddito annuo netto di 36mila euro e tre persone a carico, è consapevolecheil60%deglialtrinucleiguadagna meno? E sa che bastano 17.800 euro all’anno perché la sua famiglia non sia classificata tra le “povere”? E che nella distribuzione del reddito in Italia il 25% va al 10% della popolazione più ricca?
Il tool interattivo messo a punto dall’Ocse (disponibile all’indirizzo http://oe.cd/compare-your-income in tutti i 34 Paesi membri inquattrolingue: inglese, francese, italianoe spagnolo) offre un percorso online in nove step dove chi naviga può scoprire a che gradino si trova nella scala reddituale del proprio Paese. Gli basterà inserire (anonimamente) i propri dati su reddito, genere, nucleo e indicare dove pensadicollocarsi, come ritienechesiaripartitoil reddito, ma anche come vorrebbe che lo fosse. «Obiettivo dello strumento– spiega Carlotta Balestra, policy analyst dell’Ocse – è diffondere una maggiore conoscenza. Il “comparatore” offre a chi naviga la possibilità di acquisire in maniera più duratura i datireali, in questo caso sulle diseguaglianze, inquantodiventaparteattiva del confronto. Daaltri modelli cui ci siamo in parte ispirati emerge che l’utente non ha una visione chiara della situazione personale e generale e tende a collocarsi in una posizione mediana: in pratica i poveri sovrastimano la propria condizione e i ricchi al contrariola sottostimano. Certo, per ora è uno strumento ancora elitario, basato su un campione evoluto, in grado di navigare e di rispondere a domande di tipo economico, ma, ottenuto un numero adeguato di risposte, si procede a un lavoro di adeguamento demografico. La risposta è stata consistente, se si pensa che nel giro di una settimana oltre mezzo milione di persone hanno completato il questionario».
Insomma, un’iniziativa per fare combaciare statistiche e percezione o per lo meno per realizzare indagini più complete. «Per l’Ocse – conferma Balestra – è fondamentale, al fine di contribuire alle policy dei Paesi, analizzareildi variotra percezioneestatistiche oggettive, fare emergere lo scenario in cui il cittadino si immagina (anche in relazione all’età, al genere o al nucleo familiare) e quale vorrebbe, ampliare la conoscenza. Anche perché solo una collettività informata potrà essere più disponibile ad accettare eventuali politiche di redistribuzione reddituale».