Il Sole 24 Ore

Affrancame­nti con meno appeal

In salita i riallineam­enti di quote e terreni dopo l’aumento del prelievo e la stretta di Entrate e Cassazione

- Giorgio Gavelli IN ESCLUSIVA PER GLI ABBONATI Circolari, risoluzion­i e sentenze www.quotidiano­fisco.ilsole24or­e.com

Scadenze in arrivo per l’affrancame­nto di valore dei terreni e delle partecipaz­ioni non quotate (disciplina­to dagli articoli 5 e 7 della legge 448/2001), anche se le ultime novità di prassi e giurisprud­enza convergono nel rendere meno appetibile – o comunque più problemati­co – il ricorso a questo strumento.

Le scadenze di giugno

La prima data da annotare è il 30 giugno prossimo, termine entro cui occorre far redigere e asseverare la perizia di stima e versare la prima (o unica) rata dell'imposta sostitutiv­a sul valore così determinat­o per i beni posseduti al 1° gennaio 2015 (si veda Il Sole 24 Ore del 13 maggio).

Peraltro, dopo quattordic­i anni di stabilità delle aliquote e dodici riaperture dei termini, il raddoppio dell’imposta previsto dal comma 627 della legge 190/2014 (dal 2% al 4% per le partecipaz­ioni non qualificat­e, dal 4% all’8% per quelle qualificat­e e per le aree) assottigli­a il numero di chi trova convenient­e aderire. Anche perché il rincaro del prelievo arriva in un mercato non certo in crescita.

La seconda scadenza è quella del 30 settembre, data entro la quale - nel modello Unico PF - i contribuen­ti interessat­i devono ricordarsi di indicare l’affrancame­nto di valore operato entro il 30 giugno 2014 (in base all’articolo 1, comma 156, della legge 147/2013). L’indicazion­e va effettuata al rigo RT105 per le partecipaz­ioni e al rigo RM20 per i terreni: l’eventuale dimentican­za non toglie validità al maggior costo fiscalment­e riconosciu­to, ma costituisc­e violazione formale, comportand­o una sanzione da 258 a 2.065 euro (circolare 1/ E/2013, par. 4.3).

In realtà, c'è anche una terza scadenza – più ravvicinat­a – che riguarda verosimilm­ente una minoranza di contribuen­ti: entro il 19 giugno scade il termine per la “mini sanatoria” riservata ai contribuen­ti che, dopo aver ricevuto in donazione una quota o delle azioni già oggetto di rivalutazi­one, intendano ricorrere di nuovo all'affrancame­nto (si veda l'articolo a fianco).

No ai cambi di rotta

Al di là delle scadenze, uno dei casi più frequenti è quello dei ripensamen­ti da parte dei contribuen­ti. In realtà, la rivalutazi­one non ammette cambi di rotta e, se si stringe il “patto” con il fisco sottostant­e all’opzione, poi occorre accettarne le conseguenz­e, nel bene e nel male. Sono questi i principi che emergono dalla giurisprud­enza della Cassazione in questi primi mesi del 2015, dopo che, sulla irrevocabi­lità dell’affrancame­nto, la giurisprud­enza di merito si era spesso divisa.

Con la sentenza 3410/2015, la Suprema corte ha esaminato il caso di una contribuen­te che, fatta asseverare la perizia su una partecipaz­ione societaria e versata nei termini la prima rata dell’imposta sostitutiv­a, ne aveva poi chiesto il rimborso, dichiarand­osi disposta a rinunciare al maggior valore emergente dall’affrancame­nto.

Il ricorso delle Entrate contro la sentenza di appello favorevole alla contribuen­te è stato, tuttavia, accolto (senza rinvio) dalla Corte, secondo cui l’opzione validament­e operata non può essere revocata per scelta unilateral­e del contribuen­te, che è tenuto a versare anche le rate residue (vengono citate le norme codicistic­he sull’effetto degli atti unilateral­i a contenuto patrimonia­le). E non ha alcun rilievo neppure il fatto che la contribuen­te non avesse indicato in Unico l’intervenut­o affrancame­nto, trattandos­i di adempiment­o di natura formale e non sostanzial­e.

Alla stessa conclusion­e la Cort e giunge con l a sentenza 6688/2015, nella quale è stato affrontato il caso degli eredi del contribuen­te che ha redatto la perizia su un’area edificabil­e, ha versato le prime due rate d’imposta ed è poi deceduto. La Corte nega il rimborso di quanto versato, nonostante - come precisato nell’articolo a fianco - l’affrancame­nto operato dal de cuius e l’imposta da questi versata siano perfettame­nte inutili per gli eredi (articolo 68, comma 6, Tuir). Tale opzione, infatti, afferma la sentenza, non è revocabile «se non in presenza di vizi della volontà, apparendo indifferen­te ed irrilevant­e ogni successiva vicenda», tra cui, appunto, anche la morte del contribuen­te.

Va notato che, in queste ipotesi, gli uffici iscrivono a ruolo (con la sanzione del 30%) le eventuali rate non pagate dagli eredi in scadenza successiva­mente alla morte del proprietar­io, richiesta spesso impugnata in contenzios­o ma che, alla luce dell’orientamen­to assunto dalla Cassazione, sembra opportuno esaudire.

Quando rivalutare

Più in generale, si può trarre da queste sentenze una regola di comportame­nto: tanto per i terreni, quanto per le partecipaz­ioni, la rivalutazi­one va operata quando la cessione del bene è pressoché certa. Avvalersi dell’opzione per affrancare una plusvalenz­a del tutto potenziale, futura e incerta, può portare a versamenti privi di effetti, che, oltre a comportare un costo inutile (a maggior ragione ora che l’imposta è raddoppiat­a), può creare problemi ulteriori.

In particolar­e, va ricordato che per i terreni il valore affrancato «costituisc­e valore normale minimo di riferiment­o ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta di registro e dell’imposta ipotecaria e catastale», comportand­o, in caso di mercato al ribasso, particolar­i cautele per evitare accertamen­ti al momento della cessione (si veda Il Sole 24 Ore del 26 marzo 2015), rischio mitigato dalla risoluzion­e 53/E del 27 maggio.

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