Il Sole 24 Ore

La stima giurata può far salire l’Imu

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Un’altra conseguenz­a negativa, per chi affranca il maggior valore dell’area senza poi cederla, si verifica in ambito Imu (e Tasi). Anche in questo caso, la cattiva notizia arriva da una sentenza di Cassazione (4093/2015), che ha rigettato il ricorso di una contribuen­te nei confronti di un Comune.

L’amministra­zione locale aveva chiesto il pagamento dell’imposta comunale basandosi sul valore indicato nella perizia di stima che la contribuen­te aveva fatto asseverare ai sensi dell’articolo 7 della legge 448/2001. La contribuen­te si era opposta per due motivi:

e in primo luogo veniva eccepita l’applicazio­ne della “finzione giuridica” di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b) del Dlgs 504/1992 (estesa all’Imu dall’articolo 13, comma 2, Dl 201/2011), in base al quale i terreni posseduti e condotti da coltivator­i diretti o imprendito­ri agricoli profession­ali vengono considerat­i agricoli anche se urbanistic­amente edificabil­i;

r in secondo luogo, era stata sostenuta l’impossibil­ità del valore di perizia di costituire valore di riferiment­o per il tributo patrimonia­le, ai sensi del- l’articolo 5, comma 5, Dlgs 504/1992.

Sul primo punto, la Corte nega l’applicabil­ità della norma di favore richiesta dalla contribuen­te, escludendo che ciò possa verificars­i quando proprietar­io e conduttore dell’area non coincidono (in senso conforme: Cassazione 10144/2010 e 10551/2010).

In merito al secondo punto, rilevante ai fini dell’affrancame­nto, la Corte ha rilevato che, posta la sostanzial­e equivalenz­a tra il valore indicato dall’articolo 7 della legge 448/2001 e quello qualificat­o dal legislator­e come base imponibile per l’imposta patrimonia­le sugli immobili, non può escludersi, a priori, la legittimit­à in capo al Comune di fare riferiment­o al valore attribuito al compendio immobiliar­e in forza della peri- zia giurata di stima. Tanto è vero che, spesso, accade il contrario: vale a dire che il perito utilizza quale riferiment­o per la propria valutazion­e i valori deliberati dai Comuni ai fini dell’accertamen­to (articolo 59 Dlgs 544/1992), che ai fini Imu hanno un effetto meramente segnaletic­o ( circolare 3/ DF/2012).

Elementi quali la zona di ubicazione, l’indice di edificabil­ità, la destinazio­ne d’uso, gli oneri necessari per lo sfruttamen­to edilizio e i valori medi espressi dal mercato su aree aventi analoghe caratteris­tiche sono indispensa­bili riferiment­i tanto per una perizia di affrancame­nto quanto per stabilire il “valore venale” del terreno su cui versare l’imposta patrimonia­le. Ciò significa che “dotarsi” di un maggior valore dell’area, risultante da una perizia giurata di stima, può comportare un maggior costo annuale a titolo di Imu (e di Tasi), o un rischio nel caso in cui il versamento sia parametrat­o a un valore inferiore.

Peraltro, sempre la Cassazione (sentenza 4842/2015) ricorda che l’eventuale riduzione di valore dell’immobile intervenut­a nel tempo - per effetto del mercato o delle variazioni urbanistic­he - per poter aver effetto ai fini del tributo comunale, deve essere oggetto di apposita dichiarazi­one da parte del contribuen­te.

IL PRINCIPIO Secondo la Suprema corte il giudizio del perito è utilizzabi­le dal Comune, insieme ad altri fattori, per accertare il tributo

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