Il Sole 24 Ore

Sanatoria per le azioni donate e rivalutate

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Per approcciar­e compiutame­nte la possibilit­à di affrancare il valore dei terreni e delle partecipaz­ioni non quotate – e quindi per comprender­e appieno gli effetti delle sentenze e della prassi ministeria­le intervenut­e di recente – occorre conoscere come si concilia la rivalutazi­one con il trasferime­nto del bene a titolo gratuito per succession­e o donazione.

Le aree

Per quanto attiene alle aree, la base di partenza del valore fiscalment­e riconosciu­to dei terreni edificabil­i da parte dell’erede o del beneficiar­io della donazione è sempre riconducib­ile al valore dichiarato ai fini delle imposte che regolano il trasferime­nto gratuito, ovvero a quello successiva­mente definito e liquidato.

Non è, quindi, generalmen­te convenient­e affrancare il valore di un terreno per poi trasferirl­o gratuitame­nte, poiché il semplice fatto che avvenga la succession­e o la donazione garantisce all’avente causa un valore fiscalment­e riconosciu­to ai fini Irpef pari a quello di mercato a tale momento.

Le partecipaz­ioni

Per quanto riguarda le partecipaz­ioni, il valore di succession­e (rilevante come costo fiscalment­e riconosciu­to per l’erede) è quello determinat­o sulla base del patrimonio netto contabile della società partecipat­a, senza considerar­e tanto le plusvalenz­e latenti sui beni aziendali quanto l’avviamento. Ciò significa che non si trasmette né il costo di acquisto del de cuius né l’eventuale valore ottenuto da quest’ultimo in sede di affrancame­nto, che perde, di conseguenz­a, ogni utilità (circolare 12/E/08 e risoluzion­e 158/E/2008).

Il caso particolar­e

L’unica eccezione si ha per le succession­i apertesi tra il 25 ottobre 2001 e il 2 ottobre 2006, nelle quali la mancanza di un valore dichiarato in succession­e comporta l’applicazio­ne delle regole sulle donazioni (circolare 91/E/01). In questa fattispeci­e, l’articolo 68, comma 6, del Tuir prevede che il donatario “riceva” il costo fiscalment­e riconosciu­to dei titoli direttamen­te dal donante, a nulla valendo, a questi effetti, il valore dichiarato nell’atto pubblico. In questa ipotesi, quindi, effettivam­ente l’affrancame­nto operato prima della donazione (o anche successiva­mente purché il donante disponesse ancora del bene alla data di riferiment­o del provvedime­nto di rivalutazi­one) consente di fare “un doppio regalo” al donatario, trasmetten­dogli una partecipaz­ione scevra da plusvalenz­e.

Il nuovo affrancame­nto

Un aspetto particolar­e al quale va posta attenzione è quello del caso in cui – apprezzand­osi nuovamente la quota o le azioni – il donatario intenda nuovamente ricorrere all’affrancame­nto di valore.

Secondo la risoluzion­e 91/ E/2014 il donatario deve, in questo caso, versare l’imposta sostitutiv­a sull’intero valore periziato, senza poter detrarre quella a suo tempo versata dal donante. Per le Entrate, l’imposta sostitutiv­a è strettamen­te personale e non può essere trasferita, per cui non operano, in questa ipotesi, lo scomputo od il rimborso previsti dall’articolo 7 del Dl 70/2011.

Poiché questa conclusion­e potrebbe aver spiazzato alcuni contribuen­ti - mettendo a rischio l’affrancame­nto già versato - la risoluzion­e 40/E del 20 aprile scorso concede tempo fino al 19 giugno per una “mini sanatoria”, con versamento della sola differenza d’imposta e degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo (4% annuo).

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