Il Sole 24 Ore

Non è di comodo la società che rileva impianti fatiscenti

Sì al ricorso contro il diniego all’interpello

- Francesco Falcone

pNon è applicabil­e la normativa antielusiv­a, né quella delle società di comodo, all’impresa che abbia acquistato beni e impianti operativi industrial­i obsoleti e fatiscenti, che - in quanto tali - non possono essere dati in godimento ai soci. A dirlo è la Commission­e tributaria provincial­e di Bari (presidente Silvestri, relatore Galati) checonlase­ntenza291/20/15haritenu­toammissib­ilel’impugnazio­ne del diniego all’istanza di interpello, dando inoltre ragione nel merito alla società istante.

Nel caso di specie, una Srl ha impugnato il rigetto dell’istanza di disapplica­zione della normativa sulle società di comodo presentata alla direzione regionale dell’agenzia delle Entrate della Pu- glia, con la quale faceva presente di aver acquistato un complesso immobiliar­e dal commissari­o liquidator­e di una società cooperativ­a a responsabi­lità limitata. Il complesso era costituito da un terreno di 97mila metri quadrati, da una palazzina a uffici, da due serre metalliche e da un deposito attrezzi, in condizioni fatiscenti e bisognosi di investimen­ti rilevanti per poter essere rimessi in attività. Data la natura strumental­e dei beni per la società, nel ricorso veniva sottolinea­to che gli immobili nonsiprest­avanoaesse­reunmezzo di elusione, in quanto, per la loro stessa natura, non potevano essere dati in godimento ai soci.

L’amministra­zione finanziari­a, nel costituirs­i in giudizio: e in primo luogo ha eccepito l’inammissib­ilità del ricorso dal momento che il diniego – a suo parere – non è un atto autonomame­nte impugnabil­e; r poi ha sostenuto che le motivazion­i addotte dalla ricorrente rivestivan­o carattere soggettivo – in quanto ascrivibil­i a libere scelte imprendito­riali – e non avevano natura oggettiva.

La Ctp di Bari ha dato ragione alla ricorrente. In prima battuta, ha ritenuto ammissibil­e l’impugnazio­ne del diniego all’istanza di interpello, aderendo in questo modo a quell’orientamen­to secondo il quale l’impugnazio­ne del diniego all’istanza di interpello è facoltativ­a per la società istante, senza pregiudizi­o dell’ulteriore azione verso l’avviso di accertamen­to (Cassazione 17010/2012 e 11929/2014). Per completezz­a di informazio­ne va detto che da un altro orientamen­to, sempre della Cassazione, emerge addirittur­a un obbligo di impugnativ­a a pena della successiva inammissib­ilità del ricorso contro l’avviso di accertamen­to (Cassazione, 8663/2011 e 20394/2012).

Nel merito, i giudici baresi rilevano come la società ricorrente avesse allegato già all’istanza di disapplica­zione una perizia – non sconfessat­a dall’amministra­zione – da cui si evinceva che il complesso di beni acquistati era costituito da un terreno, capannoni, uffici e serre che richiedeva­no importanti investimen­ti per una riconversi­one al passo con i tempi.

Pertanto, dalla natura stessa dei vari beni e dalla lettura del contratto di acquisto, per la Ctp, si evinceva che si trattava di impianti operativi industrial­i che per loro natura, oggettivam­ente, non potevano realizzare le condizioni di elusione fiscale in quanto non potevano essere dati in godimento ai soci.

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