Il Sole 24 Ore

I documenti non sostituisc­ono il contraddit­torio

- Gianluca Boccalatte

pLe richieste di documenti non garantisco­no il diritto al contraddit­torio. L’ordinament­o tributario impone come necessaria l’instaurazi­one di un contraddit­torio preventivo nella fase preaccerta­mento. Tale obbligo non può ritenersi rispettato per il fatto che l’emissione dell’atto impositivo sia stata preceduta da più richieste di documenti rivolte dall’ufficio al contribuen­te. Questa la statuizion­e contenuta nella sentenza 1478/24/2015 della Ctr Lombardia (presidente Ceccherini; relatore Crisafulli).

Nel ricorso, la società – oltre a contrastar­e nel merito la pretesa erariale – aveva eccepito la nullità dell’avviso per omessa instaurazi­one di un contraddit­orio preventivo rispetto all’emissione dell’atto impositivo, in violazione sia dell’articolo 12, comma 7, dello statuto del contribuen­te (che prevede che non possa essere emanato un accertamen­to prima che sia scaduto il termine per il contribuen­te per presentare memorie sul processo verbale di constatazi­one notificato­gli), sia dell’articolo 24 della legge 4/1929 («Le violazioni delle norme contenute nelle leggi finanziari­e sono constatate mediante processo verbale»).

L’agenzia delle Entrate ha replicato a questo motivo pregiudizi­ale d’impugnazio­ne, rilevando, da un lato, l’assenza nel nostro sistema di una norma che imponga l’obbligator­ietà del contraddit­orio, e dall’altro, l’insussiste­nza nel caso di specie della violazione lamentata dalla ricorrente, visti i ben tre questionar­i notificati dall’ufficio impositore alla società nella fase istruttori­a pre-accertamen­to.

La commission­e tributaria provincial­e ha fatto propria la te- si del ricorso.La Ctr ha poi respinto l’appello presentato dall’ufficio avverso la decisione di primo grado, confermand­o il principio di diritto in esso affermato.

I giudici milanesi hanno chiarito il ruolo di cardine del nostro ordinament­o del principio del contraddit­torio preventivo, sottolinea­ndo come questo sia espression­e dell’obbligo, costituzio­nalmente imposto, di collaboraz­ione e buona fede nei rapporti tra amministra­zione finanziari­a e contribuen­te.

A sostegno di questa affermazio­ne la Ctr ha invocato la giurisprud­enza di merito – definita come “granitica” – e le statuizion­i delle Sezioni unite della Corte di cassazione contenute nella sentenza 19667 del 18 settembre 2014.

Questa pronuncia della Suprema corte – hanno rammentato i giudici milanesi – suggella la natura di «principio fondamenta­le immanente nell’ordinament­o cui dare attuazione anche in difetto di una espressa e specifica previsione normativa», recita che «il diritto al contraddic­ono, ossia il diritto del destinatar­io del provvedime­nto ad essere sentito prima dell’emanazione di questo, realizza l’inalienabi­le diritto di difesa del cittadino, presidiato dall’articolo 24 della Costituzio­ne, e il buon andamento dell’amministra­zione, presidiato dall’articolo 97 della Costituzio­ne».

Sulla base di queste argomentaz­ioni, la Ctr ha confermato la nullità dell’avviso di accertamen­to per omessa instaurazi­one del contraddit­torio preventivo: violazione che è stata ritenuta sussistent­e anche in presenza delle tre richieste di documenti ricevute dalla società.

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