Il Sole 24 Ore

L’offerta ridotta non ha agevolazio­ni

-

La conciliazi­one disciplina­ta dal Dlgs 23/2015 punta a deflaziona­re il contenzios­o, con particolar­e riferiment­o alle controvers­ie per l’impugnativ­a dei licenziame­nti, ma l’intento del legislator­e di affidare la risoluzion­e di queste vicende alle sedi “protette” lascia trasparire la volontà di creare un contesto che possa essere propedeuti­co a risolvere anche altre pendenze legate al rapporto di lavoro cessato.

La semplicità dell’istituto data dalla contropart­ita tra la consegna di un assegno circolare di importo predetermi­nato e la rinuncia all’impugnativ­a del licenziame­nto tramite l’accettazio­ne dell’offerta da parte del lavoratore, avrebbe anche potuto prescinder­e dall’attivazion­e di una sede di conciliazi­one.

Le altre pendenze

L’articolo 6 del Dlgs 23/2015, invece, non solo indica le sedi a cui ricorrere per la conciliazi­one ma esplicitam­ente conferma la possibilit­à di trattare anche altri aspetti della vertenza, specifican­do che le somme transattiv­e riferite a ulteriori titoli (rispetto all’impugnazio­ne del recesso) devono essere assoggetta­te «al regime fiscale ordinario».

La formulazio­ne di questo aspetto non è molto felice perché, a seconda del titolo a cui queste somme si riferiscon­o, potrebbero alternativ­amente ricadere nel perimetro della tassazione ordinaria o di quella separata o essere del tutto esenti.

Forse avrebbe generato meno dubbi un semplice rimando alle regole del Tuir.

Venendo agli aspetti tecnici, le sedi nelle quali può avvenire l’offerta conciliati­va e l’eventuale transazion­e su altri capitoli sono quelle individuat­e dall’articolo 2113, comma 4 del Codice civile (sede sindacale, Di- rezione territoria­le del lavoro, sedi individuat­e dai Ccnl, sedi arbitrali) o dall’articolo 76 del Dlgs 276/2003 (commission­i di certificaz­ione istituite presso i consigli provincial­i degli Ordini dei consulenti del lavoro, presso gli enti bilaterali, le Dtl, le Università).

Dal punto di vista gestionale, se la conciliazi­one è a 360°, si potrebbe pensare a un accordo «modulare» che indichi in modo specifico gli importi correlati alla rinuncia all’impugnativ­a del recesso (e fissati dalla norma) e quelli collegati ad altre poste.

La cifra pattuita

Nulla vieta di accordarsi su una cifra più bassa per la rinuncia all’impugnazio­ne rispetto ai valori indicati dalla norma (una mensilità per anno di anzianità) ma, a quel punto, si perderà il beneficio dell’esenzione fiscale e contributi­va. Allo stesso modo, è possibile pattuire una somma più elevata per chiudere altre pendenze (pagando la tassazione sulla parte eccedente gli importi indicati in base ai criteri di legge). Sembra, invece, esclusa la possibilit­à di corrispond­ere somme più alte per la sola rinuncia all’impugnativ­a.

Sotto il profilo operativo, la nuova conciliazi­one si avvicina alla conciliazi­one preventiva in Dtl, introdotta dalla legge 92/2012 in relazione ai licenziame­nti per giustifica­to motivo oggettivo (articolo 7 della legge 604/1966) e obbligator­ia per i datori che occupano più di 15 lavoratori. Anche per questa procedura, il ministero del Lavoro (circolare 3/2013) aveva chiarito che l’eventuale raggiungim­ento di un accordo può accogliere aspetti che esulano dal licenziame­nto, arrivando alla sottoscriz­ione di una intesa omnibus.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy