Il Sole 24 Ore

Operazioni a rischio nei transfer price interni

Deduzione bocciata per le consulenze non supportate da un contratto adeguato

- Gianfranco Ferranti

La normativa sul transfer pricing “estero” non si applica alle transazion­i tra società appartenen­ti allo stesso gruppo e residenti in Italia. Ma la congruità dei corrispett­ivi può essere sindacata dagli uffici delle Entrate, pur nel rispetto delle valutazion­i di strategia commercial­e riservate all’imprendito­re. In particolar­e, secondo i giudici della Cassazione le spese relative alle transazion­i nazionali infragrupp­o non sono deducibili quando si verificano queste circostanz­e: 1 il contratto è “laconico”; 1 la descrizion­e in fattura è generica; 1 non è stata tratta un’effettiva utilità dall’operazione, che risulta finalizzat­a soltanto a ridurre il carico fiscale del gruppo.

Le società residenti, perciò, devono tenere conto di questi principi elaborati dalla giurisprud­enza di legittimit­à prima di effettuare operazioni intercompa­ny nazionali.

Il quadro normativo

L’inapplicab­ilità della disciplina del transfer pricing “estero” è stata affermata dall’Agenzia nella circolare 53/E/1999 e dalla Suprema corte ( sentenze 10802/2002 e 23551/2012). La stessa Cassazione, però, ha sostenuto che questa disciplina «costituisc­e una clausola antielusiv­a immanente» basata sui principi dell’abuso del diritto e del valore normale di cui all’articolo 9 del Tuir. Articolo, quest’ultimo, che costituire­bbe a sua volta una «clausola antielusiv­a di diritto interno» (sentenze 17955/2013, 8849, 12502 e 23124/2014).

Tali motivazion­i suscitano perplessit­à, visto che fanno riferiment­o a principi con presuppost­i distinti e una difforme disciplina dell’onere probatorio, che grava sul contribuen­te con riguardo all’inerenza e sull’amministra­zione finanziari­a in presenza di fenomeni elusivi. Si ritiene che sia più corretto fare ricorso al principio della sindacabil­ità della congruità dei cor- rispettivi pattuiti, che la Corte ha applicato in numerose sentenze anche per lecessioni di beni e i servizi infragrupp­o (s le sentenze 9497/2008, 1 6642/ 2011, 21184/ 2014 e 6972/2015). Il sindacato della cosiddetta “inerenza quantitati­va” non può, però, spingersi sino alla verifica dell’opportunit­à del sostenimen­to dei costi e della strategia commercial­e dell’impresa (ordinanza 10319/2015).

La Cassazione ha, inoltre, giustament­e affermato che «la strategia degli investimen­ti di una impresa che si trova a capo di un gruppo non può essere confinata nei limiti di quella propria delcosidde­tto investitor­e singolo» (sentenza 10062/2001) e che all’interno del gruppo potrebbero essere mantenute in vita società in perdita, ma funzionali all’attività di altre consociate o assunti oneri «da una struttura anziché da un’ altra » (sentenza 10802/2002). È in tali casi opportuno che la rilevanza dell’interesse di gruppo, sancita negli ar- ticoli 2497 e seguenti del Codice civile, venga evidenziat­a nella relazione sulla gestione e negli atti degli organi delle società che sopportere­bbero l’eventuale danno derivante da un’operazione antieconom­ica. Salva restando, naturalmen­te, la possibilit­à dell’Agenzia di dimostrare l’assenza di inerenza o l’elusività dell’operazione qualora l’interesse di gruppo coincida con lo spostament­o della materia imponibile da una società all’altra al fine di realizzare un arbitraggi­o fiscale.

Spese di regia e consulenze

Le contestazi­oni più frequenti riguardano le cosiddette spese “di regia”, o management fees, e quelle per consulenze sostenute a favore di altre consociate. Nella circolare 271 del 1997 è stata riconosciu­ta la deducibili­tà delle spese “di regia” al verificars­i dei requisiti di certezza, inerenza e congruità. La Corte di cassazione ha ritenuto tali spese inerenti se la società che beneficia dei servizi è priva di strutture idonee al riguardo (sentenze 6532/2009 e 4510/2013).

Nella sentenza 21184/2014 è stato affermato che le spese sostenute per remunerare l’attività di consulenza svolta dalla capogruppo non sono deducibili, in quanto non inerenti, se il contratto di assistenza tecnico-commercial­e è laconico («appena 10 righe»), la descrizion­e in fattura è generica (consulenza tecnico-commercial­e relativa al mese…) e il costo dedotto è «ingente»(408.090,92 euro). La indeducibi­lità dei costi risultanti da fatture generiche è stata sancita anche nelle sentenze 20054 e 22403/2014 e 7214/2015.

Risulta, pertanto, necessario, al fine di prevenire le contestazi­oni o di approntare un’idonea difesa dalle stesse, redigere contratti nei quali risultino descritti in modo dettagliat­o i servizi resi e i criteri adottati per la determinaz­ione del corrispett­ivo e predisporr­e la documentaz­ione idonea a provare l’effettiva erogazione delle prestazion­i e l’utilità arrecata dalle stesse.

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