Operazioni a rischio nei transfer price interni
Deduzione bocciata per le consulenze non supportate da un contratto adeguato
La normativa sul transfer pricing “estero” non si applica alle transazioni tra società appartenenti allo stesso gruppo e residenti in Italia. Ma la congruità dei corrispettivi può essere sindacata dagli uffici delle Entrate, pur nel rispetto delle valutazioni di strategia commerciale riservate all’imprenditore. In particolare, secondo i giudici della Cassazione le spese relative alle transazioni nazionali infragruppo non sono deducibili quando si verificano queste circostanze: 1 il contratto è “laconico”; 1 la descrizione in fattura è generica; 1 non è stata tratta un’effettiva utilità dall’operazione, che risulta finalizzata soltanto a ridurre il carico fiscale del gruppo.
Le società residenti, perciò, devono tenere conto di questi principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità prima di effettuare operazioni intercompany nazionali.
Il quadro normativo
L’inapplicabilità della disciplina del transfer pricing “estero” è stata affermata dall’Agenzia nella circolare 53/E/1999 e dalla Suprema corte ( sentenze 10802/2002 e 23551/2012). La stessa Cassazione, però, ha sostenuto che questa disciplina «costituisce una clausola antielusiva immanente» basata sui principi dell’abuso del diritto e del valore normale di cui all’articolo 9 del Tuir. Articolo, quest’ultimo, che costituirebbe a sua volta una «clausola antielusiva di diritto interno» (sentenze 17955/2013, 8849, 12502 e 23124/2014).
Tali motivazioni suscitano perplessità, visto che fanno riferimento a principi con presupposti distinti e una difforme disciplina dell’onere probatorio, che grava sul contribuente con riguardo all’inerenza e sull’amministrazione finanziaria in presenza di fenomeni elusivi. Si ritiene che sia più corretto fare ricorso al principio della sindacabilità della congruità dei cor- rispettivi pattuiti, che la Corte ha applicato in numerose sentenze anche per lecessioni di beni e i servizi infragruppo (s le sentenze 9497/2008, 1 6642/ 2011, 21184/ 2014 e 6972/2015). Il sindacato della cosiddetta “inerenza quantitativa” non può, però, spingersi sino alla verifica dell’opportunità del sostenimento dei costi e della strategia commerciale dell’impresa (ordinanza 10319/2015).
La Cassazione ha, inoltre, giustamente affermato che «la strategia degli investimenti di una impresa che si trova a capo di un gruppo non può essere confinata nei limiti di quella propria delcosiddetto investitore singolo» (sentenza 10062/2001) e che all’interno del gruppo potrebbero essere mantenute in vita società in perdita, ma funzionali all’attività di altre consociate o assunti oneri «da una struttura anziché da un’ altra » (sentenza 10802/2002). È in tali casi opportuno che la rilevanza dell’interesse di gruppo, sancita negli ar- ticoli 2497 e seguenti del Codice civile, venga evidenziata nella relazione sulla gestione e negli atti degli organi delle società che sopporterebbero l’eventuale danno derivante da un’operazione antieconomica. Salva restando, naturalmente, la possibilità dell’Agenzia di dimostrare l’assenza di inerenza o l’elusività dell’operazione qualora l’interesse di gruppo coincida con lo spostamento della materia imponibile da una società all’altra al fine di realizzare un arbitraggio fiscale.
Spese di regia e consulenze
Le contestazioni più frequenti riguardano le cosiddette spese “di regia”, o management fees, e quelle per consulenze sostenute a favore di altre consociate. Nella circolare 271 del 1997 è stata riconosciuta la deducibilità delle spese “di regia” al verificarsi dei requisiti di certezza, inerenza e congruità. La Corte di cassazione ha ritenuto tali spese inerenti se la società che beneficia dei servizi è priva di strutture idonee al riguardo (sentenze 6532/2009 e 4510/2013).
Nella sentenza 21184/2014 è stato affermato che le spese sostenute per remunerare l’attività di consulenza svolta dalla capogruppo non sono deducibili, in quanto non inerenti, se il contratto di assistenza tecnico-commerciale è laconico («appena 10 righe»), la descrizione in fattura è generica (consulenza tecnico-commerciale relativa al mese…) e il costo dedotto è «ingente»(408.090,92 euro). La indeducibilità dei costi risultanti da fatture generiche è stata sancita anche nelle sentenze 20054 e 22403/2014 e 7214/2015.
Risulta, pertanto, necessario, al fine di prevenire le contestazioni o di approntare un’idonea difesa dalle stesse, redigere contratti nei quali risultino descritti in modo dettagliato i servizi resi e i criteri adottati per la determinazione del corrispettivo e predisporre la documentazione idonea a provare l’effettiva erogazione delle prestazioni e l’utilità arrecata dalle stesse.