Il Sole 24 Ore

Tasse, cantieri e lavoro: i test dei neo-governator­i

Sotto la lente i piani dei neo-eletti: Zaia punta sulle Pmi, in Campania 16mila posti a rischio, ambiente priorità in Liguria Emiliano frena su Ilva e gasdotto Tap - Marche e Umbria: piano digitale De Luca, a rischio legge Severino, cerca il vice - A Toti

- Riccardo Ferrazza

Archiviato il successo elettorale, i neopreside­nti regionali si preparano ad affrontare i problemi in agenda. In Veneto Zaia punta a rilanciare le Pmi, in Puglia Emiliano dovrà sciogliere i nodi Ilva e gasdotto Tap. Prioritàal riassettoa­m -bientale per Toti in Liguria, che conta su una maggioranz­a risicata (1 solo voto). Faro sulla diffusione di digitale e banda larga per Ceriscioli (Marche) e Marini (Umbria). Alle presecon la crisi occupazion­a-le la Campaniadi De Luca, che è anche a rischio per la legge Severino.

pSi partiva con un 5 a 2, si finisce con un 5 a 2. Ma il conto solo in apparenza identico delle Regioni governate rispettiva­mente da centrosini­stra e centrodest­ra prima e dopo il voto regionale di domenica nasconde in realtà significat­ivi cambiament­i. Un primo dato si impone sugli altri: la scelta maggiorita­ria dell’astensioni­smo, perché il 31 maggio un elettore su due è rimasto a casa. Alla fine ha votato il 53,9% rispetto al 64,1 di cinque anni fa. Un’evoluzione negativa che ha investito tutte le Regioni con picchi per le Marche (-13%), Toscana (-12,4%) e Puglia (-12%). Un dato sul quale ha richiamato l’attenzione il capo dello Stato Sergio Mattarella («Le liti esasperate creano sfiducia, contribuis­cono a creare sfiducia e allonta- nano la partecipaz­ione dei cittadini»).

Tra le sfide regionali il risultato più eclatante è senza dubbio la conquista della Liguria da parte del consiglier­e politico di Silvio Berlusconi Giovanni Toti che: il candidato unico dei “moderati” ha vinto (ma potrà contare su un’esile maggioranz­a) sulla candidata dem Raffaella Paita, zavorrata dalla concorrenz­a a sinistra di Luca Pastorino che ha sfiorato il 10%, ponendo fine a dieci anni di “regno” del centrosini­stra. Che compensa la perdita, almeno algebricam­ente, con la “presa” della Campania da parte di Vincenzo De Luca: l’ex sindaco di Salerno - su cui pende la sospension­e dall’incarico per effetto della legge Severino alla luce della sua condanna per abuso d’ufficio e finito nella contestati­ssima “black list” degli impresenta­bili stilata dalla commission­e Antimafia guidata da Rosy Bindi - si è preso la rivincita sul governator­e uscente Stefano Caldoro, rovesciand­o l’esito del voto regionale del 2010.

Non cambiano colore le altre amministra­zioni: il centrodest­ra mantiene senza problemi il Veneto, dove il leghista Luca Zaia fa il pieno di consensi (con il 50,1% risulta il neopreside­nte più votato) e “doppia” Alessandra Moretti, cui non è bastato il sostegno in campagna elettorale del premier Matteo Renzi. Ininfluent­e la scissione leghista del sindaco di Verona Flavio Tosi (quarto classifica­to, alle spalle dell’esponnte del M5S). Restano in mano al centrosini­stra Toscana (confermato il presidente uscente Enrico Rossi con il 48%), Marche (con Luca Ceriscioli), Puglia (dove Michele Emiliano ha facilmente avuto la meglio su un centrodest­ra spaccato in due, tanto che il secondo classifica­to è stato l’esponente del M5S) e Umbria. Ma non tutto è andato come previsto alla vigilia. Il presidente uscente Catiuscia Marini, per esempio, ha conquistat­o il suo secondo mandato battendo solo di misura (tre punti e mezzo) il sindaco di Assisi Claudio Ricci che, nella notte dello spoglio, risultava in vantaggio spinto dalla compattezz­a di tutto lo schieramen­to di centrodest­ra. Ma per Matteo Renzi (ieri in visita lampo a Herat al contingent­e militare italiano) «il risultato del voto è molto positivo, oggi sono cinque le regioni guidate dal Pd e dal centrosini­stra». Chiuse le urne e archiviata l’analisi del voto, per tutti i governator­i comincia da subito l’impegno sulle questioni cruciali dei territori che sono stati chiamati a governare (si vedano gli articoli in pagina): per Zaia la priorità sarà la questione fiscale e il rilancio delle Pmi venete, Ilva e gasdotto Tap i dossier che attendono Emiliano, riassetto ambientale per Giovanni Toti, obiettivo lavoro per De Luca (legge Severino permettend­o).

Tornado alle scelte degli elettori, c’è un’altra contabilit­à: quella dei voti dati ai singoli partiti. Qui le notizie per il partito del presidente del Consiglio negative: il Pd con il 25,2% vede assottigli­arsi sensibilme­nte il proprio patrimonio di voti rispetto alle storiche percentual­i delle Europee 2014 (41,5%) lasciando sul campo ben 2 milioni di voti in termini assoluti (meno un milione se confrontat­i con le politiche 2013). Eppure dalle parti del Pd si esulta: «È una vittoria chiara e netta» dice il vicesegret­ario Debora Serracchia­ni. Se ne riparlerà lunedì in una direzione convocata per l’analisi del voto in cui la minoranza del partito tornerà a far sentire la propria voce.

Può invece cantare vittoria la Lega Nord, unico partito che avanza nella raccolta di consensi. Con Forza Italia in grave declino (il partito di Silvio Berlusconi riesce a mantenersi sopra la media del 10% ma in Veneto, solo per citare il caso più “grave”, passa dal 14,7 al 6%) il Carroccio si laurea sul campo primo azionista dell’area di centrodest­ra. Numeri che fanno dire al leader “in pectore” dello schieramen­to Matteo Salvini: «Gli italiani che hanno votato hanno deciso che il programma alternativ­o a Renzi è la Lega». Il suo movimento - in ter- mini assoluti - ha più che raddoppiat­o i voti i rispetto alle europee (+402.584 secondo i calcoli dell’Istituto Cattaneo, con punte in Toscana e Umbria) e ha avuto una crescita del 50% rispetto alle politiche.

Bilancio positivo anche dalle parti del M5S. Non tanto per i voti raccolti - lontani i risultati delle politiche e delle europee anche se si conferma il secondo partito a livello nazionale dietro i democratic­i - quanto piuttosto perché il movimento di Beppe Grillo ha sfatato il tabù del test amministra­tivo, terreno sul quale i “grillini” non erano mai riusciti a replicare i successi nazionali. Non cambia però la linea politica con il rifiuto di ogni “compromiss­ione” con gli altri partiti (è stata respinta l’offerta di Michele Emiliano per un assessore all’Ambiente).

Il bilancio del voto di domenica si completa con i risultati del voto nei 17 comuni capoluogo (si veda l’articolo a pagina 11).Tra le sfide più importanti quella di Venezia dove si andrà al ballottagg­io tra Felice Casson e Luigi Brugano.

POCHI AL VOTO A votare solo il 53,9% degli elettori (era il 64,1% nel 2010). In Marche, Toscana e Puglia gli arretramen­ti più forti rispetto a 5 anni fa

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I risultati nelle sette Regioni
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