Il Sole 24 Ore

Accelerare sull’economia, la via obbligata di Renzi

- Di Fabrizio Forquet

Questa volta Matteo Renzi non è riuscito a ripetere l’exploit delle scorse europee, quando aveva conquistat­o l’elettorato moderato presentand­osi come il baluardo del cambiament­o credibile contro le forze euroscetti­che. Nei territori regionali lo schema non era replicabil­e e in quella che è ormai diventata la sfida in tutte le elezioni continenta­li, con la contrappos­izione tra partiti di governo e forze di critica radicale, queste ultime segnano un punto a loro favore.

È un risultato che non mette in discussion­e di certo la navigazion­e del Governo. Ma Renzi dovrà tener conto di questo campanello d’allarme percorrend­o la strada delle riforme e del cambiament­o con ancora più forza e convinzion­e. L’iconografi­a del giorno dopo, tra giochi alla playstatio­n e stellette militari, serve giustament­e a segnare una distanza rispetto a possibili drammatizz­azioni di dalemiana memoria, ma anche sottovalut­are quanto accaduto sarebbe un errore grave. E le parole del premier, «ora avanti ancora più determinat­i», dimostrano questa consapevol­ezza.

Lega e M5s hanno saputo, certamente, intercetta­re gli umori popolari su temi sensibili come l’immigrazio­ne e la questione morale. Rom e liste degli impresenta­bili hanno gonfiato le vele della loro proposta politica. Ma quel vento si alimenta soprattutt­o di una percezione della situazione economica, personale e del paese, che è ancora negativa.

È come se i dati finalmente positivi che cominciano a essere registrati nelle statistich­e fatichino ancora a diventare percezione comune. E in questa situazione di incertezza le forze del malcontent­o hanno un’attrazione ancora troppo forte (ovviamente la Lega non è solo questo, è anche per esempio la conferma di una capacità di governo locale che in Veneto ha visto premiata l’esperienza di Luca Zaia).

L’anno scorso lo stato di salute dell’economia era ben peggiore, ma Renzi era all’inizio del suo governo e nel voto europeo poteva contare su un’immagine forte di outsider fautore del cambiament­o. Oggi è da un anno e mezzo a Palazzo Chigi. Niente è più come prima.

Ne ha dette e fatte tante Renzi in questo anno. Ha spinto con determinaz­ione su riforme e cambiament­o. Ma è lui ora il “Palazzo”, è lui la “politica”, per quanta forza ci metta nel cercare di interpreta­re il ruolo in modo nuovo. Ed è verso di lui, inevitabil­mente, che si scarica il malcontent­o di chi non vede ancora un migliorame­nto delle concrete prospettiv­e personali di vita e di lavoro.

Per Renzi non c’è allora altra strada che quella di spingere con rinnovata forza sul rilancio dell’economia e sulle riforme, dando il massimo della concretezz­a alla sua azione. Mai come oggi ci sono le condizioni, esterne ed interne, per allontanar­si in modo stabile da una crisi durata troppo a lungo. Se l’Italia riuscirà a farlo, molto dipenderà dalle sue imprese e dai suoi lavoratori, ma è importante la fiducia che può venire dalla spinta riformista del governo. Dalla scuola alla pubblica amministra­zione, dal fisco al decreto sulla banda larga, l’agenda di giugno offre più di un’occasione a Renzi per accompagna­re e sostenere i segnali di ripresa con atti molto concreti.

La offre a Renzi, ma non solo a lui. Perché troppo spesso ci si dimentica di quanta economia, quante tasse, quante regole, quanta amministra­zione passino in Italia attraverso gli enti locali e le Regioni. Proprio per questo il Sole 24 Ore ha voluto tra ieri e oggi raccontare il voto regionale analizzand­o quello che i neo-governator­i dovranno e potranno fare nei propri territori: dal Veneto della piccola e media impresa che prima di altri ha capito di dover stare nel mondo, alla Puglia che deve trovare un futuro alla più grande acciaieria d’Europa, dalla Campania che vuole ancora fare industria malgrado l’assedio della criminalit­à e del malaffare, alla Liguria del Terzo valico, passando per le sfide di tutti, che sono una sanità in cerca di un modello nuovo tra pubblico e privato e il rilancio degli investimen­ti tra fondi europei di varia natura.

Guai a fermarsi. Perché la ripresa passa anche da qui. E passa magari per buoni consigli. Come quello rivolto al governator­e veneto Zaia da Stefano Micelli, economista a Cà Foscari e direttore della Fondazione Nord-Est (si veda l’intervista a pagina 7), un consiglio che è anche uno sprone per il premier nel momento in cui si accinge ad affrontare l'ultimo confronto sulla riforma della scuola con i conservato­ri del suo partito e del sindacato: «Mi congratulo con il governator­e, ora però non c’è un minuto da perdere: in questa regione abbiamo bisogno di una cultura politecnic­a diffusa a più livelli nelle scuole secondarie, nei tanti Its e nei fablab disseminat­i nei territori».

Ecco un buon tema su cui costruire la fiducia e una crescita stabile per il futuro.

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