La campana europea
Èla politica a suonare la sveglia per i mercati intorpiditi dal sonnifero dei vari Qe. Prima Syriza al potere in Grecia, di recente il volo spiccato da Podemos nelle amministrative in Spagna, la “Brexit” di Cameron e Farage in Gran Bretagna, gli alti e bassi della protesta capitanata da Marine Le Pen in Francia, le incognite del partito tedesco anti-euro Afd e non da ultimo le elezioni regionali in Italia, che confermano il peso del M5S e enfatizzano l’exploit della Lega Nord. L’Eldorado dei mercati, che sarebbe un’Eurozona (un’Europa) senza spread, non esiste. Tanto più se gli Stati Uniti d’Europa sono un orizzonte che si appanna ogni qualvolta i cittadini europei vanno al voto.
Ieri lo spread tra BTp e Bund si è allargato, non molto invero (rispetto ai picchi del passato) e soprattutto per colpa del contagio della crisi greca. Ma ieri mattina sul presto una banca d’investimento inglese ha passato un ordine di vendita - corre voce da parte di un grosso cliente asiatico - scaricando sul mercato 800 milioni di euro in BTp.
Il prezzo è sceso repentinamente, l’importo «è stato assorbito male» ha commentato un trader: il BTp future è subito calato dalla chiusura di 134,94 di venerdì a 134,20 per poi riprendersi.
Quale sia stata la motivazione dietro questo corposo ordine di vendita, non è dato sapersi. Forse è un caso di puro contagio ItaliaGrecia: se la trattativa dovesse sfuggire di mano, se il caso greco dovesse andare fuori controllo, le ripercussioni sull’Italia del ritorno dello spettro della reversibilità dell’euro sarebbero pericolose. Ma può aver pesato sull’ipotetico investitore asiatico l’esito delle elezioni regionali in Italia, un campanello d’allarme che ha ricordato come Matteo Renzi sia arrivato a Palazzo Chigi senza elezioni. È un premier determinato che i mercati apprezzano ma che deve sempre più vedersela con l’ostracismo all’interno del suo partito (che può rallentarlo su alcune riforme strutturali), con i partiti dell’opposizione tradizionale (che nel centrodestra prima o poi si ricompatteranno) e soprattutto deve fare i conti con il crescente malumore dei cittadini, sempre più scontenti e inclini a far sentire la loro protesta attraverso il Movimento 5 stelle (che va consolidandosi come forza politica nello scenario italiano) oppure tramite la nuova Lega Nord di Matteo Salvini.
La politica, intesa come aumento dell’instabilità politica e dei partiti di protesta e antieuro che si avvicinano alla sala dei bottoni, suona la sveglia per i mercati: nel senso che allontana il miraggio di un’Eurozona senza spread, come era apparsa negli anni di avvio dell’euro e come sembrava potesse essere sull’onda delle aspettative del QE della Bce.
Il collegamento tra spread e politica è invece molto diretto, nell’Eurozona e in Europa dove la frammentazione dei mercati e la disomogeneità del rischio-Paese la fa ancora da padrona. È il governo di turno infatti a determinare le politiche per lo sviluppo economico nazionale e, dove necessario, il rigore di bilancio. Nei Paesi in cui le casse dello Stato sono vuote, serve un governo forte in grado di trovare comunque le risorse per creare posti di lavoro, trattare con Bruxelles e al tempo stesso assicurare ai mercati la tenuta dei conti pubblici: se il debito e il deficit vanno tagliati o almeno mantenuti stabili, l’ascesa del populismo è una seria preoccupazione per i mercati. In Spagna si teme che Podemos - come Syriza in Grecia - allenterebbe la cinghia, rimettendo in discussione il cammino di consolidamento del bilancio pubblico.
Altra fonte di allarme per i mercati è naturalmente il crescente peso politico dei partiti anti-euro: se pure non dovessero mai salire al potere, i governi e le forze politiche moderate non possono non tenere conto dello scontento dilagante tra la popolazione. In questo caso, il cammino delle riforme strutturali - spesso impopolari per gli effetti restrittivi di breve periodo nella prospettiva di benefici occupazionali sul mediolungo periodo - rischia si essere rallentato dall’anti-europeismo.
L’astensionismo e i voti di protesta possono sfociare in governi deboli o di coalizione se non in un Parlamento in stallo: e questi sono tutti scenari negativi per i mercati che preferiscono scommettere sui Paesi con stabilità politica e con le migliori capacità di aumentare la crescita potenziale e di ridurre il debito/Pil quando alto.
Un Renzi più debole, un Grillo più forte e un Salvini in ascesa possono sfociare sui mercati (già alle prese con le elezioni politiche in arrivo in Spagna e poi in Germania e con gli esiti del voto in Grecia e Gran Bretagna), in una pressione al rialzo dello spread BTp-Bund, sia pur non immediata e attenuata dagli acquisti in BTp preannunciati del QE. Ma questo è poco male. Il male maggiore è uno spread che, invece di assottigliarsi a poco a poco per poi sparire del tutto nell’Eurozona, rischia di riallargarsi e di salire dismisura se dovesse tornare, post-elezioni in questo o quel Paese, il pericolo della reversibilità dell’euro.ell e