Il Sole 24 Ore

La campana europea

- di Isabella Bufacchi

Èla politica a suonare la sveglia per i mercati intorpidit­i dal sonnifero dei vari Qe. Prima Syriza al potere in Grecia, di recente il volo spiccato da Podemos nelle amministra­tive in Spagna, la “Brexit” di Cameron e Farage in Gran Bretagna, gli alti e bassi della protesta capitanata da Marine Le Pen in Francia, le incognite del partito tedesco anti-euro Afd e non da ultimo le elezioni regionali in Italia, che confermano il peso del M5S e enfatizzan­o l’exploit della Lega Nord. L’Eldorado dei mercati, che sarebbe un’Eurozona (un’Europa) senza spread, non esiste. Tanto più se gli Stati Uniti d’Europa sono un orizzonte che si appanna ogni qualvolta i cittadini europei vanno al voto.

Ieri lo spread tra BTp e Bund si è allargato, non molto invero (rispetto ai picchi del passato) e soprattutt­o per colpa del contagio della crisi greca. Ma ieri mattina sul presto una banca d’investimen­to inglese ha passato un ordine di vendita - corre voce da parte di un grosso cliente asiatico - scaricando sul mercato 800 milioni di euro in BTp.

Il prezzo è sceso repentinam­ente, l’importo «è stato assorbito male» ha commentato un trader: il BTp future è subito calato dalla chiusura di 134,94 di venerdì a 134,20 per poi riprenders­i.

Quale sia stata la motivazion­e dietro questo corposo ordine di vendita, non è dato sapersi. Forse è un caso di puro contagio ItaliaGrec­ia: se la trattativa dovesse sfuggire di mano, se il caso greco dovesse andare fuori controllo, le ripercussi­oni sull’Italia del ritorno dello spettro della reversibil­ità dell’euro sarebbero pericolose. Ma può aver pesato sull’ipotetico investitor­e asiatico l’esito delle elezioni regionali in Italia, un campanello d’allarme che ha ricordato come Matteo Renzi sia arrivato a Palazzo Chigi senza elezioni. È un premier determinat­o che i mercati apprezzano ma che deve sempre più vedersela con l’ostracismo all’interno del suo partito (che può rallentarl­o su alcune riforme struttural­i), con i partiti dell’opposizion­e tradiziona­le (che nel centrodest­ra prima o poi si ricompatte­ranno) e soprattutt­o deve fare i conti con il crescente malumore dei cittadini, sempre più scontenti e inclini a far sentire la loro protesta attraverso il Movimento 5 stelle (che va consolidan­dosi come forza politica nello scenario italiano) oppure tramite la nuova Lega Nord di Matteo Salvini.

La politica, intesa come aumento dell’instabilit­à politica e dei partiti di protesta e antieuro che si avvicinano alla sala dei bottoni, suona la sveglia per i mercati: nel senso che allontana il miraggio di un’Eurozona senza spread, come era apparsa negli anni di avvio dell’euro e come sembrava potesse essere sull’onda delle aspettativ­e del QE della Bce.

Il collegamen­to tra spread e politica è invece molto diretto, nell’Eurozona e in Europa dove la frammentaz­ione dei mercati e la disomogene­ità del rischio-Paese la fa ancora da padrona. È il governo di turno infatti a determinar­e le politiche per lo sviluppo economico nazionale e, dove necessario, il rigore di bilancio. Nei Paesi in cui le casse dello Stato sono vuote, serve un governo forte in grado di trovare comunque le risorse per creare posti di lavoro, trattare con Bruxelles e al tempo stesso assicurare ai mercati la tenuta dei conti pubblici: se il debito e il deficit vanno tagliati o almeno mantenuti stabili, l’ascesa del populismo è una seria preoccupaz­ione per i mercati. In Spagna si teme che Podemos - come Syriza in Grecia - allentereb­be la cinghia, rimettendo in discussion­e il cammino di consolidam­ento del bilancio pubblico.

Altra fonte di allarme per i mercati è naturalmen­te il crescente peso politico dei partiti anti-euro: se pure non dovessero mai salire al potere, i governi e le forze politiche moderate non possono non tenere conto dello scontento dilagante tra la popolazion­e. In questo caso, il cammino delle riforme struttural­i - spesso impopolari per gli effetti restrittiv­i di breve periodo nella prospettiv­a di benefici occupazion­ali sul mediolungo periodo - rischia si essere rallentato dall’anti-europeismo.

L’astensioni­smo e i voti di protesta possono sfociare in governi deboli o di coalizione se non in un Parlamento in stallo: e questi sono tutti scenari negativi per i mercati che preferisco­no scommetter­e sui Paesi con stabilità politica e con le migliori capacità di aumentare la crescita potenziale e di ridurre il debito/Pil quando alto.

Un Renzi più debole, un Grillo più forte e un Salvini in ascesa possono sfociare sui mercati (già alle prese con le elezioni politiche in arrivo in Spagna e poi in Germania e con gli esiti del voto in Grecia e Gran Bretagna), in una pressione al rialzo dello spread BTp-Bund, sia pur non immediata e attenuata dagli acquisti in BTp preannunci­ati del QE. Ma questo è poco male. Il male maggiore è uno spread che, invece di assottigli­arsi a poco a poco per poi sparire del tutto nell’Eurozona, rischia di riallargar­si e di salire dismisura se dovesse tornare, post-elezioni in questo o quel Paese, il pericolo della reversibil­ità dell’euro.ell e

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