Atene pesa sulle Borse, lo spread BTp risale a 142
Più che all’esito del voto italiano gli investitori hanno guardato alla Grecia e ai dati macro
L’esito delle elezioni regionali, che ha sancito un arretramento del supporto elettorale di Matteo Renzi, non ha avuto ripercussioni importanti sui mercati. Almeno non paragonabili a quelle viste sulla Spagna dopo l’exploit di Podemos alle amministrative di domenica scorsa. Certo la Borsa di Milano ha perso lo 0,26% e lo spread è risalito oltre quota 140 ieri. Ma ciò non è avvenuto tanto per un’insoddisfazione degli operatori per l’esito elettorale quanto per motivazioni più generali legate alle scelte delle banche centrali e all’incertezza sull’annosa crisi di Atene.
Sul fronte greco non si vede ancora un accordo all’orizzonte e, se settimana scorsa si respirava un certo ottimismo, ieri gli investitori hanno registrato la dura presa di posizione di Alexis Tsipras dalle colonne di Le Monde. Abbandonato i suoi toni normalmente più concilianti rispetto a quelli del suo ministro Varoufakis, il premier greco ha duramente criticato l’intransigenza dei creditori in un articolo pubblicato sul quotidiano francese. Un segnale di come la distanza tra le parti sia ancora ampia. Non certo il migliore dei segnali nella prima seduta di un mese di giugno in cui Atene, ormai al verde, rischia di non onorare i suoi pagamenti (1,6 miliardi di euro) verso il Fondo monetario internazionale. Con la prima scadenza importante (300 milioni) in programma per venerdì è comprensibile un certo nervo- sismo degli operatori che ieri hanno venduto titoli di Stato dei Paesi periferici. Con il decennale greco tornato sopra l’11% anche i bond degli altri “Piigs” hanno sofferto. Il tasso del BTp decennale è risalito all’1,95% con il differenziale di rendimento con il Bund tedesco che ha chiuso a quota 141.
I governativi periferici hanno sofferto di più, ma le vendite ieri hanno colpito tutti i titoli di Stato. Anche i Bund tedeschi i cui rendimenti ieri sono risaliti allo 0,54 per cento. Osservando il grafico di di giornata si può constatare come le vendite sui titoli tedeschi siano partite poco dopo le 14 in seguito alla pubblicazione della rilevazione di maggio dell’inflazione tedesca. L’indice dei prezzi al consumo è cresciuto ad un ritmo annualizzato dello 0,7% a maggio. Più dello 0,6% messo in conto dagli analisti. È il terzo mese consecutivo che l’inflazione nella prima economia d’Europa risulta in crescita e, benché il dato sia ancora piuttosto distante dall’obiettivo Bce (sotto ma vicino al 2%), è stato interpretato come un segnale di normalizzazione per i prezzi in Europa. Questo ha riacceso le scommesse del mercato sulla fine degli acquisti di titoli di Stato (Qe) da parte della Bce con l’effetto di far risalire i tassi.
Tra i dati macroeconomici di giornata si segnalano poi gli indici sulla fiducia nel settore manifatturiero relativi al mese di maggio pubblicati da Markit che, nel caso di Italia e Spagna, sono risultati migliori delle attese. Per il nostro Paese l’indice Pmi è passato da 53.8 punti in aprile a 54.8 (ai massimi dal 2011) mentre per la Spagna l’incremento è stato da 54.2 a 55.8. Leggermente al di sotto delle attese il dato relativo all’area euro salito da 52 a 52.2 contro attese a 52.3 punti. L’indicatore di fiducia che ha mosso di più i mercati tuttavia è stato l’Ism manifatturiero americano che è passato da 51.5 a 52.8 punti a maggio facendo meglio dei 52.5 messi in conto dagli analisti. Immediate le ripercussioni sui corsi del biglietto verde che è tornato ad apprezzarsi sull’euro: nel finale di seduta la moneta unica ha toccato un minimo di giornata sotto quota 1,09 dollari, per poi chiudere poco sopra.