In crisi i porti di «trasbordo»
«Controlli doganali troppo lunghi: merci dirottate verso scali esteri»
Mentre i porti italiani di destinazione finale dei container stanno crescendo, il primo trimestre del 2015 mostra una situazione difficile per gli scali di transhipment. Secondo diversi operatori, a far perdere traffici agli scali di trasbordo contribuiscono, oltre a fattori congiunturali, la quantità e la lunghezza dei controlli doganali che vengono effettuati. Controlli che spingono alcuni clienti a spostare la merce su porti di transhipment esteri dove i tempi delle verifiche sono molto più brevi.
A sottolineare il problema è Marco Simonetti, vicepresidente di Contship Italia, terminalista di Gioia Tauro, Cagliari, La Spezia, RavennaeSalerno. Dallestime elaborate dal centro studi di Contship emerge che, nei primi tre mesi del 2015, rispetto allo stesso periodo del 2014, alcuni porti di destinazione finale hanno segnato aumenti di traffico significativi nella movimentazione deicontainer: Genova +8%, LaSpezia+11%; Livorno+30%; Venezia +17%; Ravenna +14%; Ancona +11%; mentre Trieste ha segnato -5%. Nello stesso periodo, i porti di transhipment, hanno segnato risultati molto diversi: Gioia Tauro ha totalizzato -6%; Cagliari +1% e Taranto ha subito la chiusura totale dei traffici (-100%). Anche guardando all’intero Mediterra- neo, il transhipment non brilla: Algeciras segna, nel trimestre, -11%, Port Said -6%; Pireo -1%; Malta +4,8%; Tangeri +2%.
Tuttavia, spiega Simonetti, «a livello globale il transhipment non perderà. I risultati attuali sono frutto di un momento in cui c’è un indebolimento delle rotte da e per il Far East;poi è in corso una riorganizzazione delle linee delle grandi alleanze di armatori. Ma si tratta di fatti più contingenti che strutturali. E i porti gateway danno segnali incoraggianti . Per il trasbordo in Italia, invece, bisogna dire che le quote di controlli doganali sulle merci sono molto superiori a quelle di altri Paesi e ci sono clienti, soprattutto nel comparto dei container reefer, che chiedono di far arrivare le merci in porti non italiani: ad Algeciras, Pireo, Malta o Tangeri. Una parte del -6% di Gioia Tauro è dovuto proprio a questo. È ovvio che i controlli vadano fatti ma occorre farli in modo efficiente e in tempi che non danneggiano la merce».
A Simonetti fa eco Michele Pappalardo, presidente di Federagenti, che si riunirà in assemblea venerdì prossimo. «Lo sportello unico doganale (nato per riunire le verifiche sulle merci, ndr) – afferma - oggi funziona al 10%. E notevoli sono i danni che l’eccessiva burocrazia provoca ai porti italiani».
-6% Il calo di Gioia Tauro Nei primi tre mesi dell’anno Gioia Tauro ha segnato -6% per i traffici