La Gran Bretagna riprivatizza Lloyds
Quote anche ai risparmiatori
pSulle orme di Margaret Thatcher. Il premier conservatore britannico, David Cameron, si ispira alle privatizzazioni degli anni Ottanta per chiudere il capitolo aperto nel 2008, quando lo Stato entrò nel capitale delle banche per salvarle dal fallimento. Entro un anno il Tesoro ridurrà a zero, o quasi, la sua partecipazione nel capitale di Lloyds, la banca guidata da Antonio Horta Osorio controllata per il 20% dalla mano pubblica.
Subito dopo il crollo di Lehman, l’allora premier Gordon Brown e l’allora Cancelliere Alistair Darling diedero il via a un salvataggio che ha portato al Tesoro il 41% di Lloyds a fronte di una spesa di 20 miliardi di sterline. Dopo cessioni progressive lo Stato britannico controlla, oggi, il 19% del capitale ed è rientrato di 10,5 miliardi di sterline. L’imperativo categorico dell’esecutivo è non perdere un solo pound del contribuenti britannici, l’obiettivo auspicabile è assicurarsi un rotondo di ri t orno i n t ermini finanziari e di immagine.
Per questo l’azione di Ukfi – United Kingdom financial investments che ha la gestione delle partecipazioni finanziarie pubbliche Lloyds e Rbs comprese – è modulata su due livelli. Le dismissioni agli investitori istituzionali continueranno attraverso il cosiddetto «trading plan» affidato dal Cancelliere dello Scacchiere George Osborne a Morgan Stanley, mentre quelle ai cittadini privati saranno messe a punto entro un anno. Ieri, infatti, il governo ha annunciato sia l’estensione fino al termine del 2015 del «trading plan» gestito dalla banca americana sia l’assegnazione ai privati, entro un anno, di pacchetti di azioni per un valore compreso fra i 250 e i 10mila pound. Il mercato ha salutato la notizia con l’aumento del titolo LLoyds dell’1,01%.
La quota ideale che il Tesoro spera di collocare ai risparmiatori è di 1000 sterline per ogni cittadino che ne farà richiesta, accompagnata da un bonus fedeltà del 10% di titoli da assegnare a chi terrà l’investimento per almeno un anno. È ragionevole pensare che circa il 10-15% del capitale di Lloyds andrà ai privati (il Tesoro lo ricordiamo detiene il 19%). Nei sei mesi di attività, infatti, il trading plan di Morgan Stanley ha collocato il 6% del capitale di Lloyds e si presume – ma è solo un’ipotesi – che nei prossimi sei mesi piazzerà un ammontare analogo.
Quella che va prendendo corpo è quindi una strategia analoga a quella seguita da Margaret Tatcher quando, negli anni Ottanta, si era prefissata l’obiettivo politico-economico di creare la shareholders democracy da opporre all’iscrizione alle Unions. «Più azionisti che sindacalisti» divenne lo slogan di una svolta epocale maturata sulla scorta delle dismissioni di British Gas e British Telecom. Operazione finanziaria e politica, quindi, che ampliò la base dei risparmiatori-azionisti avvicinando i ceti medio-bassi al corpo elettorale del Tory party. Lo stesso obbiettivo che David Cameron ha confessato pubblicamente di voler perseguire.