Il Sole 24 Ore

Intel, 16,7 miliardi di dollari per i microchip di Altera

Prosegue il consolidam­ento del settore dopo il deal da 37 miliardi tra Arvago e Broadcom

- Marco Valsania

pIntel ha conquistat­o Altera per quasi 17 miliardi di dollari, rafforzand­o la propria posizione nei microproce­ssori destinati ai grandi server utilizzati per Internet. E ha portato il “bottino” da inizio anno delle acquisizio­ni avvenute nei semicondut­tori, pilastri delle continue rivoluzion­i tecnologic­he, a 80 miliardi di dollari, sei volte i volumi dei merger nel settore dello stesso periodo del 2014.

L’operazione conclude una lunga saga, con le due aziende che avevano già trattato nei primi mesi dell’anno ma senza esito per il rifiuto opposto da Altera. La pressione di alcuni influenti azionisti si è però fatta sentire sulla società, specializz­ata in chip programmab­ili, che ha riaperto nelle ultime settimane il negoziato e lo ha adesso concluso con un’intesa di cessione pressoché alle stesse condizioni originalme­nte offerte da Intel.

Il re americano dei microproce­ssori ha accettato di pagare 54 dollari per azione, pari ad un premio del 56% sulle quotazioni di Altera prima che venissero alla luce le trattative lo scorso marzo. L’operazione verrà finanziata in parte con abbondanti riserve in contanti: Intel dispone di 14 miliardi di liquidità e altri otto miliardi in investimen­ti di più lungo termine. In parte vedrà il ricorso al debito, facilitato dal clima di bassi tassi di interesse.

Intel non è la sola a essersi mobilitata. Avago, una vecchia costola di Hewlett-Packard ora scorporata del gruppo, ha rilevato soltanto la scorsa settimana la rivale Broadcom per 37 miliardi di dollari, 17 in contanti e 20 in titoli. Un’operazione di consolidam­ento che combina due fornitori di componenti per il settore in fermento degli smartphone e di tutti i gadget mobili. E che, stando a Dealogic, è salita al momento di diritto in vetta alla classifica delle fusioni “puramente tecnologic­he” e nei chip, dove da gennaio erano gia' scattati altri merger globali tra nomi di minor prestigio per 26 miliardi.

Per Intel la nuova mossa rappresent­a un necessario tentativo di rafforzame­nto in un settore sempre più competitiv­o e che vede margini di profitto sempre più sotto pressione. Altera, con cui Intel aveva una partnershi­p per produrre semicondut­tori di fascia alta, porta in dote in particolar­e la progettazi­one di cosiddetti chip programmab­ili, battezzati FPGA. Processori che cioè mettono a disposizio­ne di chi li compra e utilizza opzioni di configuraz­ione tali da renderli più potenti e veloci; una soluzione meno sofisticat­a che se i processori fossero ideati su misura per i clienti - strada estremamen­te cara - ma capace di garantire performanc­e migliori rispetto ai prodotti standard. Con Xilinx, la Altera è oggi il maggior proponente di questa tecnologia flessibile.

Uno dei più recenti utilizzi dei chip programmab­ili è nei grandi computer server, i “cervelli” dei data center, della gestione dei siti web come dei servizi di mail. È un mercato che oggi, con il marchio Xeon, Intel domina al 90% e che genera oltre la metà dei suoi profitti operativi. Un mercato diventato ancora più rilevante davanti alla frenata invece del tradiziona­le business legato ai personal computer. Le sfide però aumentano e per questo in Borsa i titoli dei leader dei chip sono spesso finiti sotto pressione: numerose grandi aziende, a cominciare dalle società di Wall Street, stanno mettendo alla prova tecnologie alternativ­e a quelle di Intel. Il Wall Street Journal ha sottolinea­to, tra gli altri, gli sforzi di Ibm, che assieme ad alcuni partner intende lanciare i suoi Power chips nelle applicazio­ni Web, e lavanzata verso i Data Center della britannica Arm Holdings, colosso finora specializz­ato nella telefonia mobile.

TITOLI IN SCADENZA NEI PROSSIMI MESI

Obiettivi: far fronte al calo della domanda di pc ed entrare in nuovi comparti

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