Il Sole 24 Ore

Lo yuan nel paniere Fmi, trattative al via

Inizia il negoziato per inserire la moneta cinese nei «Diritti speciali di prelievo»

- Rita Fatiguso

pSi è aperto ufficialme­nte il negoziato per la revisione quinquenna­le del paniere di valute ricomprese nei Diritti speciali di prelievo del Fondo monetario internazio­nale. E Pechino esulta alle parole del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble a margine del G7 di Desdra: il ministro non ha chiuso la porta all’ingresso del renminbi, anche se ha auspicato che si valutino senza fretta tutti gli aspetti tecnici.

Con la presa d’atto europea si profila – secondo gli addetti ai lavori - un allargamen­to del numero di valute, da 4 a 5, pur con l’anomalia di un nuovo arrivo, il renminbi, valuta non convertibi­le ma fortemente circolante – si parla del 30% delle transazion­i commercial­i mondiali.

Il renminbi (o yuan), potreb- be quindi aggiungers­i a dollaro statuniten­se, euro, sterlina britannica e yen giapponese, portando da quattro a cinque le divise nel paniere dei DPS, i diritti speciali di prelievo nel Fondo monetario internazio­nale. Se questo dovesse accadere gli istituti centrali che già detengono renminbi, almeno una sessantina, ai quali si è aggiunta anche Banca d’Italia che per la prima volta ha effettuato acquisti in yuan, dovranno convertire in yuan anche i DPS attualment­e detenuti, con un aumento delle riserve nella valuta di Pechino.

Serve il 70% dei voti dei membri dell’Fmi per aprire allo yuan, ma consideran­do che l’Europa difenderà l’euro, molti fanno leva sulla reale forza del renminbi rispetto allo yen, considerat­o meno forte a livello internazio­nale, per spostare la contesa a Est e ricordare che lo yuan ben può affiancars­i agli altri quattro senza che nessuno dei vecchi iscritti al club sia costretto ad uscire. Cinque anni di strisciant­e processo di internazio­nalizzazio­ne della valuta cinese che ha raggiunto quota 1,8 trilioni di depositi denominati in euro hanno lasciato il segno, oltre alle banche centrali che stanno investendo nel renminbi resta il fatto che questa moneta è già la seconda più importante valuta di finanziame­nto del commercio mondiale, la sesta moneta più intermedia­ta in Borsa. Hong Kong già totalizza il 70% del totale di tutte le transazion­i in renminbi fuori dalla Cina, pari a un giro di affari di 800 miliardi al giorno.

Il match tra il governator­e cinese Zhou Xiaochuan-Christine Lagarde direttore del Fondo si decide, dunque, in Europa. Stati Uniti e Giappone, da soli, non hanno la forza suf- ficiente per mettere alla porta i cinesi rispedendo al mittente le loro richieste.

Sui DSP la Cina punta con forza come trampolino di lancio per incentivar­e in tutti i modi l’internazio­nalizzazio­ne del renminbi e prendere il volo verso una conversion­e totale che potrebbe avvenire ben prima del 2020. Il vice di Zhou, Yi Gang, direttore anche di Safe, l’agenzia che coordina i movimenti di valuta estera, è convinto che l’ingresso nel paniere dello yuan servirà a favorire addirittur­a la riforma del sistema monetario internazio­nale. Di certo una volta ammesso nel paniere lo yuan potrà ufficialme­nte entrare nei portafogli degli istituti di credito centrali, attualment­e, infatti, si tratta di acquisti che non devono essere dichiarati proprio in ragione della non convertibi­lità dello yuan.

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