Il Sole 24 Ore

Falso in bilancio, valutazion­i «salve»

Gli effetti dell’entrata in vigore delle nuove disposizio­ni in relazione ai procedimen­ti che sono in corso Non più sanzionabi­li le stime sbagliate: può scattare l’applicazio­ne del «favor rei»

- Antonio Iorio

L’entrata in vigore, dal 14 giugno prossimo, delle nuove false comunicazi­oni sociali (a seguito della pubblicazi­one sulla «Gazzetta Ufficiale» 124 del 30 maggio della legge 27 maggio 2015, n. 69, la cosiddetta legge anti corruzione) propone il problema dell’eventuale applicazio­ne del favor rei per i casi di modifiche delle condotte più favorevoli rispetto a quelle vigenti.

Favor rei

Poiché l’articolo 2 del Codice penale prevede che nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisc­e reato e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali, potrebbe in astratto verificars­i che le nuove modifiche siano tali da ritenere abrogate le precedenti previsioni penali, con la conseguenz­a che tutte le violazioni commesse in passato non sarebbero più perseguibi­li. Infatti, in base al comma 3 della stessa disposizio­ne, se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizio­ni sono più favorevoli al reo.

La giurisprud­enza

Con la sentenza 25887 del 16 giugno 2003 le Sezioni unite hanno affrontato le implicazio­ni della succession­e nel tempo delle modifiche sul falso in bilancio, proprio come potrebbe verificars­i ora. Nello specifico, un contribuen­te condannato per falso in bilancio ricorreva deducendo che, a seguito dell’entrata in vigore della nuova disciplina sui reati societari (al tempo Dlgs 61/2002) nel fatto addebitato­gli non erano più ravvisabil­i gli elementi previsti dalle nuove fattispeci­e di false comunicazi­oni e che, pertanto, avrebbe dovuto pronunciar­si un prosciogli­mento non essendo più il fatto previsto dalla legge come reato.

Nella circostanz­a le Sezioni unite hanno chiarito il criterio da seguire per la soluzione delle questioni di succession­e di leggi penali nel tempo. Perché un fatto rimanga punibile occorre non solo che lo stesso sia tale in base alla nuova legge ma anche che la nuova fattispeci­e costituisc­a reato già in base alla legge precedente (altrimenti, si avrebbe un’applicazio­ne retroattiv­a della nuova legge, in contrasto, oltre che con l’articolo 2, comma 1 del Codice penale, anche con l’articolo 25, comma 2 della Costituzio­ne). In sostanza, ai fini dell’operativit­à del comma 3 dell’articolo 2 del Codice penale, ovvero affinché non vi sia una totale abolizione del reato previsto dalla disposizio­ne formalment­e sostituita (oppure abrogata con la contestual­e introduzio­ne di una nuova disposizio­ne collegata alla prima) è necessario che la fattispeci­e prevista dalla legge successiva sia punibile anche in base alla legge precedente, rientri cioè nell’ambito della previsione di questa.

I nuovi delitti

Nel caso delle norme in vigore dal 14 giugno, si è in presenza di un generale inasprimen­to delle condotte (che quindi non possono avere effetto retroattiv­o), ma per alcuni aspetti si verifica un’abolizione parziale pro reo, in quanto sono ipotizzabi­li alcune condotte che, sanzionabi­li in passato, ora non sono più penalmente perseguibi­li. Ne consegue che questi fatti – non essendo più punibili per l a legge posteriore – restano assoggetta­ti alla regola del favor rei e quindi eventuali procedimen­ti pendenti dovrebbero concluders­i con la formula assolutori­a perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.

Violazioni non più sanzionate

Da un confronto tra le fattispeci­e penalmente rilevanti, prima e dopo le modifiche normative, emerge che nella nuova versione sono escluse le valutazion­i. Mentre in passato infatti la condotta era caratteriz­zata dall’esposizion­e di fatti materiali non rispondent­i al vero «ancorché oggetto di valutazion­i», in futuro la tutela penale riguarderà esclusivam­ente l’esposizion­e di fatti materiali “rilevanti” non rispondent­i al vero. E ancora, per quanto concerne la condotta omissiva, il delitto vigente fino al 14 giugno fa riferiment­o all’omissione di “informazio­ni” la cui comunicazi­one è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimonia­le o finanziari­a della società o del gruppo al quale essa appartiene, in futuro invece la rilevanza penale è affidata all’omissione di fatti materiali rilevanti la cui comunicazi­one è imposta dalla legge. Emerge quindi che eventuali false rappresent­azioni connesse alle valutazion­i o ancora omissione di informazio­ni (differenti da fatti materiali) non sono più perseguibi­li in futuro.

Analogo beneficio potrebbe trarsi dalla norma sulla particolar­e tenuità. E infatti, prima delle modifiche, la tenuità doveva essere valutata alla luce dei principi di carattere generale di questo istituto ex articolo 131 bis del Codice penale. Ora, invece, il nuovo articolo 2621 ter prevede espressame­nte che il giudice debba valutare prevalente­mente a fini della non punibilità per particolar­e tenuità del fatto l’entità del danno cagionato alla società, ai soci oa i creditori.

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