Falso in bilancio, valutazioni «salve»
Gli effetti dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni in relazione ai procedimenti che sono in corso Non più sanzionabili le stime sbagliate: può scattare l’applicazione del «favor rei»
L’entrata in vigore, dal 14 giugno prossimo, delle nuove false comunicazioni sociali (a seguito della pubblicazione sulla «Gazzetta Ufficiale» 124 del 30 maggio della legge 27 maggio 2015, n. 69, la cosiddetta legge anti corruzione) propone il problema dell’eventuale applicazione del favor rei per i casi di modifiche delle condotte più favorevoli rispetto a quelle vigenti.
Favor rei
Poiché l’articolo 2 del Codice penale prevede che nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali, potrebbe in astratto verificarsi che le nuove modifiche siano tali da ritenere abrogate le precedenti previsioni penali, con la conseguenza che tutte le violazioni commesse in passato non sarebbero più perseguibili. Infatti, in base al comma 3 della stessa disposizione, se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo.
La giurisprudenza
Con la sentenza 25887 del 16 giugno 2003 le Sezioni unite hanno affrontato le implicazioni della successione nel tempo delle modifiche sul falso in bilancio, proprio come potrebbe verificarsi ora. Nello specifico, un contribuente condannato per falso in bilancio ricorreva deducendo che, a seguito dell’entrata in vigore della nuova disciplina sui reati societari (al tempo Dlgs 61/2002) nel fatto addebitatogli non erano più ravvisabili gli elementi previsti dalle nuove fattispecie di false comunicazioni e che, pertanto, avrebbe dovuto pronunciarsi un proscioglimento non essendo più il fatto previsto dalla legge come reato.
Nella circostanza le Sezioni unite hanno chiarito il criterio da seguire per la soluzione delle questioni di successione di leggi penali nel tempo. Perché un fatto rimanga punibile occorre non solo che lo stesso sia tale in base alla nuova legge ma anche che la nuova fattispecie costituisca reato già in base alla legge precedente (altrimenti, si avrebbe un’applicazione retroattiva della nuova legge, in contrasto, oltre che con l’articolo 2, comma 1 del Codice penale, anche con l’articolo 25, comma 2 della Costituzione). In sostanza, ai fini dell’operatività del comma 3 dell’articolo 2 del Codice penale, ovvero affinché non vi sia una totale abolizione del reato previsto dalla disposizione formalmente sostituita (oppure abrogata con la contestuale introduzione di una nuova disposizione collegata alla prima) è necessario che la fattispecie prevista dalla legge successiva sia punibile anche in base alla legge precedente, rientri cioè nell’ambito della previsione di questa.
I nuovi delitti
Nel caso delle norme in vigore dal 14 giugno, si è in presenza di un generale inasprimento delle condotte (che quindi non possono avere effetto retroattivo), ma per alcuni aspetti si verifica un’abolizione parziale pro reo, in quanto sono ipotizzabili alcune condotte che, sanzionabili in passato, ora non sono più penalmente perseguibili. Ne consegue che questi fatti – non essendo più punibili per l a legge posteriore – restano assoggettati alla regola del favor rei e quindi eventuali procedimenti pendenti dovrebbero concludersi con la formula assolutoria perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
Violazioni non più sanzionate
Da un confronto tra le fattispecie penalmente rilevanti, prima e dopo le modifiche normative, emerge che nella nuova versione sono escluse le valutazioni. Mentre in passato infatti la condotta era caratterizzata dall’esposizione di fatti materiali non rispondenti al vero «ancorché oggetto di valutazioni», in futuro la tutela penale riguarderà esclusivamente l’esposizione di fatti materiali “rilevanti” non rispondenti al vero. E ancora, per quanto concerne la condotta omissiva, il delitto vigente fino al 14 giugno fa riferimento all’omissione di “informazioni” la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in futuro invece la rilevanza penale è affidata all’omissione di fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge. Emerge quindi che eventuali false rappresentazioni connesse alle valutazioni o ancora omissione di informazioni (differenti da fatti materiali) non sono più perseguibili in futuro.
Analogo beneficio potrebbe trarsi dalla norma sulla particolare tenuità. E infatti, prima delle modifiche, la tenuità doveva essere valutata alla luce dei principi di carattere generale di questo istituto ex articolo 131 bis del Codice penale. Ora, invece, il nuovo articolo 2621 ter prevede espressamente che il giudice debba valutare prevalentemente a fini della non punibilità per particolare tenuità del fatto l’entità del danno cagionato alla società, ai soci oa i creditori.