Il Sole 24 Ore

Sui termini doppi un intervento a una sola direzione

- Marco Cerrato

pLo schema di decreto legislativ­o sulla certezza del diritto, approvato nel Consiglio dei ministri del 21 aprile, modifica la disciplina dell’accertamen­to ai fini delle imposte sui redditi e dell’Iva: viene, infatti, mantenuta l’operativit­à del raddoppio dei termini a condizione che la denuncia dei reati tributari sia presentata o trasmessa entro la scadenza ordinaria dei termini di accertamen­to.

La soluzione elaborata dal Governo ha il pregio di evitare la tentazione degli uffici di riaprire termini scaduti mediante l’invio di notizie di reato e, più in generale, di aumentare il tasso di certezza del nostro sistema fiscale, coerenteme­nte alle indicazion­i scritte nella legge delega.

La modifica può favorire il successo della voluntary disclosure. Infatti, qualora la nuova norma entrasse in vigore, in mancanza di una denuncia di reato già presentata o trasmessa entro il 31 dicembre 2014, il raddoppio dei termini sarà inoperante, così che gli anni da sanare mediante la voluntary disclosure saranno soltanto quelli accertabil­i ordinariam­ente (2010-2103 in caso di infedele dichiarazi­one; 2009-2013 in caso di omessa dichiarazi­one).

Sotto un profilo strettamen­te amministra­tivo-tributario, i n molte circostanz­e la modifica avrebbe l’effetto di dimezzare il periodo temporale di riferiment­o della procedura, così riducendo significat­vamente i costi della regolarizz­azione.

A ben vedere, però, la riduzione degli anni da sanare non è stata accoppiata coerenteme­nte all’estensione della non assoggetta­bilità a sanzioni penali delle azioni commesse negli anni per i quali è ancora contestabi­le un reato tributario.

Le cause di non punibilità penale, infatti, attualment­e sono limitate dall’articolo 5quinquies, comma 2 del Dl 167/1990 «agli imponibili, alle imposte e alle ritenute oggetto della collaboraz­ione volontaria» e quindi sono espressame­nte riferite alle sole annualità ancora accertabil­i ai fini amministra­tivi tributari.

In assenza di una modifica normativa che estenda la copertura penale anche agli anni precedenti a quelli oggetto di voluntary disclosure, quindi, gli interessat­i non avranno protezione penale per i periodi d’imposta in cui abbiano eventualme­nte commesso violazioni fiscali penalmente rilevanti con riferiment­o alle attività interessat­e alla collaboraz­ione volontaria.

L’assenza di denuncia entro i termini di decadenza ordinari per l’accertamen­to tributario, infatti, avrà effetti preclusivi solt anto sull’accertamen­to dei tributi e sull’irrogazion­e delle relative sanzioni amministra­tive, ma non anche sui termini di prescrizio­ne per l ’ esercizio dell’azione penale.

Questi termini, infatti, sono più ampi rispetto a quelli previsti per l’accertamen­to tributario, ossia, in assenza di atti interrutti­vi, sei anni dalla data di presentazi­one della dichiarazi­one dei redditi infedele o fraudolent­a, o dalla data in cui avrebbe dovuto essere presentata la dichiarazi­one omessa.

In termini pratici, un reato di dichiarazi­one infedele commesso con riferiment­o al 2008 o al 2009 sarebbe ancora perseguibi­le penalmente, nonostante la voluntary disclosure sani violazioni reddituali a decorrere dal 2010.

Gli interessat­i alla sanatoria, quindi, potrebbero temere giustament­e che le procure della Repubblica, alle quali l’agenzia delle Entrate è obbligata per legge a comunicare la conclusion­e delle procedure, attivino indagini penali sugli anni non oggetto di voluntary disclo-

IL PUNTO DI PARTENZA La formulazio­ne del legislator­e evita l’aumento delle sanzioni sul fronte amministra­tivo IL PROBLEMA PENALE Gli interessat­i potrebbero essere scoraggiat­i dalle possibili attenzioni dei pm agli anni non coperti

sure proprio sulla base delle informazio­ni fornite dagli stessi contribuen­ti.

A ben vedere, il rischio non potrebbe essere essere scongiurat­o nemmeno attraverso l’attivazion­e della procedura di regolarizz­azione con riguardo ad annualità “scadute”, rinunciand­o, di fatto, all’intervenut­a decadenza dell’Ufficio dal potere di accertamen­to.

L’articolo 2966 del Codice civile, infatti, prevede che la decadenza possa essere rifiutata dalla persona contro la quale si deve far valere un diritto, ma solo in tema di diritti disponibil­i. Tuttavia, in materia tributaria la Corte di cassazione ha chiarito che non è ipotizzabi­le un impediment­o della decadenza per effetto del “riconoscim­ento del diritto” del contribuen­te, poiché tra i diritti disponibil­i «certamente non rientra quello del fisco nei confronti del contribuen­te » (sezione V, 26 ottobre 2001 n. 13218).

In definitiva, la questione non può essere risolta in via interpreta­tiva e la modifica legislativ­a concernent­e il raddoppio dei termini per l’accertamen­to, se non adeguatame­nte corretta, potrebbe, in realtà frustrare in molti casi la spinta all’emersione riducendo l’appeal della procedura.

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