Corruzione, la denuncia del Papa
Il Pontefice ricorda anche i casi in Vaticano - Oggi in Uganda poi in Repubblica Centrafricana Francesco nella bidonville di Kangemi: «Qui mi sento a casa mia»
Sono i bambini, alla fine, a circondarlo. Gli tirano la veste bianca, vogliono toccarlo, abbracciarlo. La baraccopoli di Kangemi ha le fogne a cielo aperto, una distesa di lamiere copre delle case tanto misere quanto affollate, e i piccoli sono davvero tanti. Francesco arriva di primo mattino: «Qui mi sento a casa», dice, e denuncia senza paura: «Qui ci sono le ferite provocate dalle minoranze che concentrano potere e ricchezza». L’ultima giornata del viaggio africano del Papa in Kenya lascerà un segno profondo: la visita alla bindonville – che il papa associa alle “villas miserias” latino-americane a lui ben note – si lega stretta alla denuncia durissima della corruzione, pronunciata poco dopo alla stadio, davanti a oltre 60mila persone. Parla a braccio: «Ogni qual volta accettiamo una tangente, e la mettiamo nella tasca, distruggiamo il nostro cuore, la nostra personalità e la nostra Patria. Per favore, non fatevi prendere il gusto di questo zucchero che si chiama corruzione! Non solo nella politica, in tutte le istituzioni, incluso in Vaticano ci sono casi di corruzione!».
Un accenno, quest’ultimo, che vale anche come segnale a una parte della Curia sulla volontà di andare avanti, nonostante gli attacchi che proprio Vatileaks-2 (il processo riprenderà lunedì per chiudersi in settimana) sta alimentando. La corruzione colpisce i poveri, coloro che dal denaro pubblico dovrebbero beneficiare per primi: «Si può giustificare la corruzione per il solo fatto che tutti stanno peccando e sono corrotti? Come possiamo essere cristiani e combattere il male della corruzione?» si è chiesto Francesco rispondendo alle sollecitazioni dei giovani. E poi denuncia i guasti del tribalismo, invitando tutti ad alzarsi e a prendersi per mano, compreso il presidente Kenyatta: «Il tribalismo distrugge una nazione, è avere le mani nascoste dietro la schiena, tenendo in ognuna una pietra da tirare contro l’altro! Se voi non dialogate e non vi ascoltate tra di voi, sempre esisterà il tribalismo che corrode la società». E anche ieri è tornato a parlare della tragedia dei giovani che vengono reclutati dai fondamentalisti: «Dobbiamo capire perché un giovane si fa reclutare o va in cerca di essere reclutato. Si stacca dalla sua famiglia, dai suoi amici, dalla sua tribù, dalla sua Patria, dalla vita, e impara a uccidere. Questa è una domanda che dovete fare a tutte le autorità: se un giovane o una giovane non ha lavoro, non può studiare, che può fare?». Per il Papa l’emarginazione urbana nasce dal ferite provocate dalle minoranze che «sperperano egoisticamente mentre la crescente maggioranza deve rifugiarsi in periferie abbandonate, inquinate, scartate». I numerosi problemi dei quartieri popolari, dalla criminalità organizzata alla carenza di infrastrutture, dagli affitti abusivi all’assenza di acqua potabile, «non sono una combinazione casuale di problemi isolati, ma piuttosto una conseguenza di nuove forme di colonialismo, che pretende che i paesi africani siano pezzi di un meccanismo, parti di un ingranaggio gigantesco». Poi in serata l’arrivo in Uganda – accolto da una folla festante dove sarà oggi rendendo testimonianza a una terra di martiri cristiani, mentre domani volerà nel tormentato Centroafrica per l’ultima tappa, considerata da giorni «a rischio» da parte di varie intelligence.
A Kampala ha affrontato il tema dei rifugiati: «Qui nell’Africa Orientale – ha detto nel saluto alle autorità - l’Uganda ha mostrato un impegno eccezionale nell’accogliere i rifugiati, permettendo loro di ricostruire le loro esistenze nella sicurezza e facendo loro percepire la dignità che deriva dal guadagnarsi da vivere con un onesto lavoro. Il nostro mondo, segnato da guerre, violenze e diverse forme di ingiustizia, è testimone di un movimento migratorio di popoli senza precedenti. Il modo in cui affrontiamo tale fenomeno è una prova della nostra umanità, del nostro rispetto della dignità umana e, prima ancora, della nostra solidarietà con i fratelli e le sorelle nel bisogno». Nella giornata di ieri il Papa ha anche firmato un messaggio al Festival dottrina sociale, in corso a Verona: «La sfida della realtà chiede anche la capacità di dialogare, di costruire ponti al posto dei muri. Questo è il tempo del dialogo, non della difesa di rigidità contrapposte», ha scritto, ricordando la sua pastorale economica: «Il consumismo, l’idolatria del denaro, le troppe diseguaglianze e ingiustizie, l’omologazione al pensiero dominante sono un peso da cui ci vogliamo liberare con il recupero della nostra dignità e impegnandoci nella condivisione, sapendo che la soluzione ai problemi concreti non viene dai soldi ma dalla fraternità che si fa carico dell’altro».
L’EMARGINAZIONE URBANA Per Bergoglio nasce dalle ferite provocate dalle minoranze che sperperano con egoismo e costringono alla fuga le maggioranze