Geox «spinge» il multimarca per crescere in Cina e Usa
L’obiettivo: dal multimarca il 50% dei ricavi totali di gruppo Il focus sulle efficienze operative - Il peso del dollaro forte
Ricercare ulteriori efficienze operative. Inoltre,svilupparemaggiormentel’attivitàinalcuneareegeografiche.Inprimis: Nord America e Asia (soprattutto Cina). Senza peraltro dimenticare, da una parte, il consolidamento in Europa; e dall’altra la crescita, sempre nel Vecchio continente, in Paesi dove la società non ha una forte presenza (ad esempio, Scandinavia). Sono tra le priorità di Geox per spingere il business. Un’attività che, nei primi nove mesi del 2015, è aumentata. Al di là del trendaziendalelasocietàèperl’appuntoconcentrata sulla crescita in alcuni mercati. Tra cui il Nord America. Negli Usa in particolare, oltreaiDirectoperatedstore,Geoxdàimportanza alla distribuzione wholesale. Il canale multi-marca è considerato essenziale. La strategia, a ben vedere, trova riscontro anche in Cina. Nel Paese del Dragone infatti, al di là della presenza con negozi diretti, proprio la scorsa settimana Geox ha siglato un’intesa di distribuzione con il gruppo Pou Sheng. Il passaggio va ad affiancarsi all’accordo già esistente nei prodotti per bambini con il distributore locale Goodbaby. Con il che la società italiana completa sempre più l’offerta in quel mercato. Tutto rose e fiori, quindi? La realtà è più complessa. Pechino è in una fase di rallentamentoeconomico.Ilchepotrebbe limitare l’espansione del business aziendale. L’obiezione, a ben vedere, ha scarso fondamento. La quota di mercato di Geox, infatti, è ancora limitata. Quindi, nonostante le stime di un rialzo del Pil cinese più contenute, lo spazio per crescere rimane.
Ricercare ulteriori efficienze operative. Inoltre, sviluppare maggiormente l’attività in alcune aree geografiche. In primis: Nord America e Asia (soprattutto Cina). Senza peraltro dimenticare, da una parte, il consolidamento in Europa; e dall’altra la crescita, sempre nel Vecchio continente, in Paesi dove la società non ha ancora una forte presenza (ad esempio, Scandinavia).
Sono tra le priorità di Geox per spingere il business. Un’attività che, nei primi nove mesi del 2015, ha visto sia i ricavi (+6,1% a cambi correnti e + 3,9% a valori costanti) che la redditività (Ebit a 31,2 milioni) aumentare rispetto allo stesso periodo del 2014.
Al di là degli andamenti delle voci contabili, la società è per l’appunto concentrata sulla crescita in alcuni mercati. Tra cui: il Nord America. Quest’ultimo, al 30 settembre scorso, aveva generato un fatturato di 46,1 milioni in rialzo del 13,9% rispetto all’anno precedente. L’incremento è di tutto rispetto. Sennonchè la dinamica, depurata dell’effetto cambio, si riduce ad un rialzo dell’1,7%. Il che, evidentemente, non può soddisfare un gruppo che vuole fare di Geox un marchio sempre più globale. Così, anche per questo, l’America del Nord è tra focus aziendali: sia il Canada, su cui si procede nella crescita, che gli Stati Uniti.
Negli Usa, in particolare, è stata realizzata la riorganizzazione della filiale. L’obiettivo è sviluppare il business, seppure in maniera più selettiva. Ad esempio: l’attività deve articolarsi su determinate città chiave evitando l’espansione a «pioggia». Ciò detto, oltre ai Direct operated store (al 30 settembre nel Nord America erano 46) Geox dà molta importanza alla distribuzione wholesale. Il canale multi-marca è considerato essenziale: sia nella forma dei grandi department store alto di gamma; sia in quella dei distributori indipendenti di medie dimensioni (sempre di qualità) con i quali concludere accordi.
Dal mondo a stelle e strisce all’Asia. In quest’area, va ricordato, Geox ha una presenza con negozi diretti. Nello specifico: 20 sono ad Hong Kong e due a Macao; altri 67 sono suddivisi tra Pechino e Shangai. E nel prossimo triennio l’obiettivo è di aggiungere, proprio nelle due megalopoli cinesi, circa altri 60 negozi.
Al di là dello sforzo sulla rete retail, anche in Cina la strategia è però soprattutto quella di spingere il canale della distribuzione multi marca. Nel passato, è noto, il gruppo della «scarpa che respira» ha su questo fronte affrontato delle difficoltà. Tanto che la partnership con la società locale RiQuing è diventata oggetto di un arbitrato il cui esito è atteso nella prima metà del 2016.
Ciò detto, proprio la scorsa settimana Geox ha siglato un’intesa di distribuzione con il gruppo Pou Sheng. L’accordo prevede da un lato la distribuzione in esclusiva, nel Paese della Grande Muraglia, delle collezioni per adulto; e, dall’altro,l’apertura nel prossimo quinquennio di 350 nuovi negozi, sia monomarca che shop in shop. Il passaggio, a ben vedere, va ad affiancarsi all’in- tesa già esistente nei prodotti per bambini con il distributore locale Goodbaby International. Con il che la società italiana completa sempre più l’offerta nel mercato cinese.
Tutto rose e fiori, quindi? La realtà è ovviamente più complessa. Di fronte a questa strategia può infatti sottolinearsi che Pechino è in una fase di rallentamento economico. Il che potrebbe limitare l’espansione del business aziendale. L’obiezione, a ben vedere, ha scarso fondamento. La quota di mercato di Geox, infatti, è ancora limitata. Quindi, nonostante le stime di un rialzo del Pil cinese più contenute, lo spazio per crescere rimane.
In realtà un’altra considerazione pare più sensata: quella che riguarda lo sviluppo del canale wholesale. Geox , anche e soprattutto per rendere più globale il marchio, punta sul suo sviluppo. Tanto che, se attualmente il multimarca incide per circa il 40% sui ricavi, l’obiettivo nel medio periodo è di raggiungere un peso relativo intorno al 50%. Ebbene, nel mondo di moda e lusso il focus è invece sui Direct operated store (Dos). Non che Geox non ne possieda. E tuttavia l’ac- cento è posto per l’appunto sul wholesale. Al che sorge il dubbio: la presa della casa madre sulla gestione del business può ridursi.
L’azienda rigetta il timore. In primis, si tratta di un mezzo efficace per espandersi in mercati difficili da gestire e penetrare. Poi: sono state definite strategie e un’organizzazione ad hoc proprio per il multimarca. Così è possibile mantenere stardard ed efficienze elevati (ad esempio, nella qualità di prodotto e nell’offerta). Inoltre, è l’indicazione dell’azienda, nella scelta della controparte sono individuati soggetti di primo livello. Infine, conclude Geox, il multimarca da una parte ha una redditività maggiore rispetto ai Geox shops: e, dall’altra, impone una concorrenza tra i vari marchi sugli scaffali. Il che contribuisce anche a comprendere quale prodotto incontri di più il gusto del pubblico.
Fin qui alcune indicazioni sull'espansione geografica e sul canale all’ingrosso: quale però l’andamento della rete retail? Su questo fronte Geox da tempo ha avviato una razionalizzazione. Il processo, viene sottolineato, ormai è arrivato al 90% della sua realizzazione. L’obiettivo, in generale, è quello di mantenere solamente negozi redditizi. In tal senso, sul fronte del franchising, è stata di fatto attuata una maggiore centralizzazione del business. Una grande parte del bisogno del franchisee, ad esempio, è finita sotto il coordinamento della casa madre. Così, conoscendo Geox quali capi della collezione hanno maggiore appeal, viene ridotto il rischio delle vendite in saldo. Oltre che dell’invenduto.
A fronte di un simile approccio i Geox Shops, al 30 settembre scorso, erano in totale 1.157 di cui 470 a gestione diretta. Numeri che, a livello di aperture nette, comportano un dato di 68 punti vendita in meno rispetto a inizio anno.
Il numero in sé, tuttavia, dice poco. Ciò che conta, per l’appunto, è la redditività. E qui Geox sottolinea che, ad esempio, i ricavi medi per metro quadro dei Dos attualmente sono circa 6.000 euro. Due anni erano intorno a 5.000 euro.
Un risultato che, peraltro, consegue anche alle maggiori efficienze operative realizzate. Una fra tutte: l’anticipo, rispetto ai competitor, della consegna al mercato della collezione. Con il che il prodotto può essere venduto per più tempo a prezzo pieno.
Detto di alcune strategie aziendali, c’è però da sottolineare che l’investitore guarda anche ad un altro aspetto: i cambi valutari. Geox, infatti, da una parte realizza la maggior parte delle sue vendite in Europa (il 76,7% del fatturato a fine 2014). E, dall’altra, ha circa l’80% dei costi del venduto denominati in dollari. Con il che la recente discesa della moneta unica verso il biglietto verde non ha un impatto favorevole. Certo, l’incidenza dell’Europa indicata sopra comprende anche mercati al di fuori di Eurolandia. Tuttavia, questo non elimina il contesto di fondo che penalizza il gruppo. Tanto che il risparmiatore domanda: quali le conseguenze del caro dollaro nell’esercizio in corso? Geox, rimarcando come l’espansione sui mercati legati alla divisa Usa sia anche finalizzata a ridurre l’effetto indicato, risponde che nel 2015 le maggiori efficienze e le coperture hanno sterilizzato l’effetto. Sul portafoglio ordini della collezione primavera-estate 2016, invece,la stima è di un impatto di 250-300 punti base sul margine industriale. Un peso che, nelle intenzioni di Geox, dovrà ovviamente essere minimizzato attraverso l’hedging e la gestione del business.
Già il business. In questi giorni d’allarme per gli attacchi terroristici all’Occidente la variabile geopolitica inevitabilmente diventa un elemento che può incidere sulle società che vendono beni voluttuari, compresa Geox. Al che si domanda: è una dinamica che preoccupa?
La società, dapprima, ricorda che si tratta di una situazione al di fuori del controllo delle imprese e trasversale all’intero sistema economico.Quindi ha poco senso ricondurla ad determinato comparto. Ciò detto, il gruppo sottolinea che l’eventuale effetto potrebbe aversi rispetto ai cosiddetti clienti-turisti. Una categoria che, vantando la società soprattutto vendite locale su locale, non caratterizza Geox. Insomma, al di là di situazioni imponderabili, l’azienda tende a smorzare le preoccupazioni.
Ciò detto quali allora le previsioni per fine anno? Geox, allo stato attuale, conferma la stima delle previsioni di mercato che indicano l’Ebitda tra 68 e 70 milioni. Un obiettivo sfidante, afferma sempre la società, che richiede che in novembre e dicembre le vendite siano in linea con quelle dei mesi precedenti.
SCENARI E STRATEGIE Nei primi nove mesi conti in rialzo La tensione geopolitica può incidere sulle vendite: l’azienda smorza i timori e ricorda che il suo business è «locale su locale», quindi slegato dal cliente-turista