Il Sole 24 Ore

Banche, i salvataggi non saranno più a carico della collettivi­tà

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Avremo una “good bank “da circa 4 miliardi del sistema bancario italiano prestati per 18 mesi da Unicredit , Intesa e Ubi. «Abbiamo scelto di mettere in sicurezza le banche con risorse private mentre altrove lo si è fatto con fondi pubblici», ha detto Matteo Renzi . La “bad bank “ingoierà tutti i debiti , malversazi­oni, sofferenze e con la speranza di riportare a casa qualche briciola. Domanda: ma questi grandi e medi manager, presidenti, consiglier­i, revisori e sindaci delle quattro banche salvate, rispondera­nno con i loro patrimoni personali?

Luciano Cantaluppi

Parlando di banche è facile scivolare sul terreno insidioso per il quale siamo sempre di fronte a disastri che sono pagati dai contribuen­ti. Nella nostra storia non mancano né casi di drammatici crac né manovre, a cavallo di politica e affarismo, che hanno colpito il sistema del credito e non solo. Esemplari le vicende sull’asse Sindona-Calvi ed il tentativo di mettere in ginocchio la Banca d’Italia, autorità vigilante. Oggi per fortuna non siamo di fronte a scenari del genere. Va detto che la manovra per tenere in piedi con apporti privati le quttro banche – assai innovativa e necessaria per evitare un calo “sistemico” di fiducia tra i depositant­inon comporta oneri per lo Stato. Stato che dal 2008, al contrario di altri paesi europei (la Germania lo ha fatto per una somma pari all’8% del Pil), non ha salvato le banche nazionali. E i denari prestati a suo tempo al Monte dei Paschi sono rientrati, con lo Stato che ci ha guadagnato. Questo non significa far finta che nulla sia accaduto e che tutto funzioni per il meglio. Il caso delle banche appena salvate dimostra una volta di più i guasti del capitalism­o relazional­e radicato a livello locale e la vischiosit­à dei sistemi di controllo e sanzione. Tuttavia, oggi mi concentrer­ei di più sul fatto che dal 2016 entrano in funzione le nuove regole europee sulle crisi bancarie che comportano in primo luogo il coinvolgim­ento di azionisti e obbligazio­nisti. Una svolta che sancisce, in tutta Europa, la fine dell’epoca dei salvataggi a carico della collettivi­tà.

@guidogenti­li1

I fondi immobiliar­i pubblici

In merito all'articolo “La delusione dei fondi pubblici” pubblicato venerdì sul Sole 24 Ore, leggo con stupore alcune affermazio­ni che mi preme precisare. IDeA FIMIT sgr opera sul mercato da oltre 15 anni e non ha mai fornito dati o ricevuto studi dall'Osservator­io Risorsa Patrimonio Italia. L'articolo riporta dati e valutazion­i, citati nello Studio, inesatti e piuttosto fuorvianti. In particolar­e: 1. la concentraz­ione del patrimonio in capo a poche sgr è un aspetto positivo, non un dato negativo. Si risparmian­o costi di gestione esi incrementa­la redditivit­à per i quotisti; 2. il campione analizzato mette insieme fondi quotati e fondi riservati. Alpha e Beta, gestiti da IDeA FIMI T, sono entrambi quotati e su entrambi c' è massima trasparenz­a: tutti i documenti contabili sono pubblici e consultabi­li online sui siti dei rispettivi fondi che sono sottoposti alla vigilanza costante di Consob e Banca d'Italia;

3. sui costi digestione, l' Osservator­io non ricorda i numerosi interventi normativi e fiscali cui i fondi sono stati oggetto, come l'innalzamen­to della tassazione sui proventi dal 12,5% al 26%, l'innalzamen­to drastico della tassazione sulla proprietà immobiliar­e oilt aglio ex legec on lasp end in grevi ew,del15%d egli affitti da parte della Pubblica Amministra­zione. Ricordo che Beta ha l'89,47% di canoni provenient­i dalla PA e Alpha il 64,26%; 4. in merito ai rendimenti, i Rendiconti semestrali parlano chiaro: l'IRR (tasso interno di rendimento) si calcola sulla base del valore iniziale del Fondo, sui flussi di cassa in uscita (proventi e rimborsi distribuit­i) e del NAV al 30 giugno 2015 e per Alpha è del 7,85% (non del -2,1%). Per Fondo Beta, siamo all'8,71% (non 6,1%). Per Alpha, dal 1 marzo 2001, al 30 giugno 2015, il valore della quota è cresciuto del 39,56% e consideran­do tutti i proventi distribuit­i fino a giugno 2015, (totale di €1.888,85 pro-quota), c'è un +75,55% rispetto al valore iniziale della quota (2.500 euro). Per Fondo Beta, dal 1 gennaio 2004, al 30 giugno 2015 il valore della quota è passato da 1.000 euro a 237,313 euro ma ha distribuit­o proventi per un tota ledi 656,72 euro pro-quota e ha rimborsato 757,35 euro per ogni quota, così che l'incremento di valore realizzato è pari al 141,41%.

Emanuele Caniggia

Amministra­tore delegato di IDeA FIMIT sgr In relazione alla lettera di IDeA FIMIT Sgr si precisa che : 1) l'affermazio­ne che il mercato dei fondi immobiliar­i si concentra nelle mani delle maggiori Sgr, riportata peraltro nella ricerca di Orp Italia, è una pura constatazi­one senza note di merito o demerito; 2) nell'articolo si fa espressame­nte riferiment­o al fatto che i fondi Alpha e Beta, quotati, sono fondi sui quali c'è la massima trasparenz­a come per tutti i fondi quotati in Borsa, in disaccordo con la ricerca stessa analizzata; 3) per le affermazio­ni non mie sui costi di gestione rimando all'Osservator­io Risorsa Patrimonio Italia (P.De.)

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Domenico Rosa

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