L’impresa anti-rischio
Il volume ripercorre le vicende della nostra principale compagnia assicuratrice attraverso documenti e immagini: dall’iniziale cifra asburgica all’epoca della nuova globalizzazione
Che cosa è un Paese? Un Paese è il suo lavoro. Sono le sue imprese. Sono i suoi uomini e le sue donne. Sono le sue classi dirigenti, che ne definiscono le strutture finanziarie ed economiche, e sono i volti – anonimi, ma altrettanto importanti – di quanti ogni giorno vanno in un ufficio e si siedono dietro alle scrivanie. Con il volume Il tempo del Leone. Il lungo viaggio delle Assicurazioni Generali dal 1831 al terzo millennio, la nostra principale compagnia assicuratrice, che esisteva già quando l’Italia era un sentimento e un progetto politico ma non era ancora una realtà statuale e amministrativa, prova a raccontare se stessa e, al contempo, cerca di delineare la vicenda civile storica del nostro Paese.
Non è un testo per specialisti, ma il tentativo di prendere per mano il lettore nella costruzione di una memoria, prima di tutto aziendale e comunitaria, cittadina - nel senso della meravigliosa Trieste, italiana non prima del 1918 - e nazionale, nel senso appunto dell’Italia. Il presidente Gabriele Galateri di Genola e l’amministratore delegato Mario Greco scrivono nella prefazione: «Le assicurazioni sono state una grande invenzione della borghesia commerciale, un’innovazione che ha contribuito potentemente allo sviluppo economico dell’Occidente, al miglioramento del suo tenore di vita e poi di quello del resto del mondo, e riteniamo che le avventure dei loro protagonisti valgano la pena di essere raccontate». In questo libro non si trova nulla di accademicamente freddo e di filologicamente respingente. Il volume è costruito con semplicità, attraverso testi accurati ma agili e grazie a un abbondante ricorso a immagini di documenti e a fotografie. Nel contributo intitolato L’anima delle Generali, nota Paolo Rumiz a proposito di una giornata di Masino Levi, segretario generale della Compagnia: «Metti un pomeriggio di gennaio, anno 1877, a Trieste. Le finestre della sede delle Assicurazioni Generali tremano squassate dalla bora: il mare è coperto di creste bianche sotto un cielo grigio topo. Sui moli, velieri e piroscafi rinforzano gli ormeggi. Bandiere austro-ungariche, inglesi, turche, italiane e francesi sono strattonate dalle raffiche. C’è una folla di alberature agitate sul lungomare, il Mediterraneo sembra non essere mai stato così pieno, ma quel giorno d’inverno sbarchi e imbarchi sono momentaneamente congelati. Capita, nel ventoso porto dell’Impero. Le osterie sono zeppe di facchini, marinai e fumo. Uomini, navi, carrucole e paranchi aspettano solo che cali la buriana».
La borghesia. Se c’è una città in Italia in cui la borghesia - la borghesia weberiana, nella sua doppia cifra gentile e israelitica - ha avuto una radice spessa e vitale, questa è Trieste. Una città doppia, che è insieme materialissima e dell’immaginazione, dei commerci e della psicanalisi, della scrittura e degli affari. Nella sua principale compagnia assicurativa, al centro di tutto, si trova il problema del rischio. Insito nella vita di ogni giorno e nella professione, nella dimensione casuale e metafisica di ciascun uomo: industriale o commerciante, armatore o operaio, borghese o popolano. E il rischio ha proprio il suo principale inveramento, effettivo e simbolico, nell’attività - economica e tecno-matematica di una società che assicura e offre coperture
| «Opuscolo pubblicitario per la fiera di Tel Aviv» (1932), Antonio Quaiatti, Ph. Duccio Zennaro, Archivio Storico Assicurazioni Generali, Versamenti, scheda 9062 contro di esso. Non a caso (fra mondo e mente, arte e realtà) un uomo come Franz Kafka lavora per le Generali, nella sede di Praga: nel libro compare la riproduzione del documento chiamato «Atti relativi al Sig. Franz Kafka», l’equivalente del fascicolo individuale conservato in un odierno ufficio del personale. La cronologia è elementare, ma efficace: ai principali avvenimenti internazionali sono appaiati i principali passaggi evolutivi della grande impresa che, dall’iniziale cifra absburgica, si riorganizza in coerenza con lo sgretolarsi dell’impero austroungarico, successivo alla fine della Prima Guerra Mondiale, e con il formarsi degli Stati nazionali che, passando attraverso i totalitarismi e la Seconda guerra mondiale, avrebbero definito il Novecento.
In Italia, le Generali sono una delle infrastrutture finanziarie degli anni del miracolo economico. E diventano - nel game power e nei processi concreti di costruzione della ricchezza nazionale - uno degli assi principali a cui si appoggia il sistema economico e sociale italiano. Questa regolarità storica permane anche oggi, nell’epoca della nuova globalizzazione. Le Assicurazioni Generali sono una delle poche grandi imprese – finanziarie, manifatturiere o terziarie non importa – rimaste a un Paese come il nostro, impegnato in una transizione che sembra non finire mai e ormai privato della centralità che la geopolitica e la geoeconomia del Secolo Breve gli assegnavano automaticamente. La compagnia assicurativa è, dunque, uno dei pochi centri di gravità permanente per una Italia che ogni giorno si trova a navigare nei mari aperti dei mercati globali ad alto tasso di competitività e delle nuove forme estreme di instabilità politica. Come nel pomeriggio del 1877 descritto da Rumiz, anche oggi ci sono i velieri e i piroscafi. Ci sono le diverse bandiere. Gli sbarchi e gli imbarchi. E le finestre – questa volta dell’Italia – sono squassate dalla bora. La storia e il futuro di una impresa. La storia e il futuro di un Paese.
Il tempo del Leone. Il lungo viaggio delle Assicurazioni Generali dal 1831 al terzo millennio, pagg. 328, Assicurazioni Generali, distribuito su richiesta scrivendo a: communications.publishing@generali.com