In Abruzzo non cambia la musica
L’Aquila: un prigioniero incatenato nella cella sotterranea, nell’ inaccessibile segreta della prigione che chiamiamo “tempo”. Il carceriere proclama, a intervalli, che il carcerato sta bene, e che le catene, le morse, le gabbie, i lucchetti, servono a custodirlo, addirittura a proteggerlo. Meglio non toccarlo: non sarebbe opportuno. “Onde evitare” incidenti, meglio dimenticare il prigioniero, approfittare del tempo che scorre anno dopo anno, gettare via le chiavi dei lucchetti, e infine la chiave centrale. Si potrà sempre dire di averle smarrite. Quieta non mov re, come disse Bismarck martedì 14 aprile 1891, in armonia con Hieromonachus.
Dopo il terremoto del 2009, molti musicisti abruzzesi, fra cui alcuni particolarmente illustri, vollero dimostrare la vitalità el’ ins opprimi bilità della cultura nella devastata regione, e offrirono una grande serata di musica forte ai capi di Stato e di governo partecipanti al G-8. Ma la sera in cui avrebbero dovuto tenere il concerto, i musicisti furono costretti ad attendere che i “vip” si alzassero dalla cena e dalle libagioni, e si accumulò un tale ritardo da vanificare il regalo offerto da quei nobili e valorosi cittadini italiani.
Qualche anno è passato. L’Istituzione Sinfonica Abruzzese, con 45 anni di storia, ha ripreso l’attività. Si fa musica, anche all’Aquila, ma “all’Aquila” è un augurio e un rimpianto. I luoghi di musica sono provvisori, o alternativi e talvolta ben costruiti ma decentrati, molto lontani tra loro, sparsi. La diaspora non ci addice alla musica, arte desiderosa di numeri precisi e di regole a tempo. Osserva Luisa Prayer, nuova direttrice artistica dell’Istituzione: i musicisti maneggiano con cura le regole, e le rispettano. Le temono, anche: chi non va a tempo, retrocede immediatamente alla categoria dei dilettanti. Ma la politica va a tempo? Sa concertare? I disastri che essa provoca (si pensi agli “esodati , fabbricati in laboratorio da un ministro dalle lacrime facili) non dovrebbero far nascere il sospetto, questa volta sì, di dilettantismo?
I responsabili dell’Istituzione Sinfonica lo dicono con civile indignazione: uno dei problemi principali di chi si occupa di programmazione culturale in Italia è la totale incertezza causata dagli indecenti tempi della politica e delle amministrazioni. Quando stabiliranno, risponderanno, erogheranno? Legislatori e burocrati impongono i loro tempi (per esempio, quando chiamano a rispondere a un bando di finanziamento), ma nella maggior parte dei casi non stabiliscono in modo chiaro e trasparente alcun tempo per sé stessi. Le decisioni arrivano per lo più allo scadere del tempo massimo, in qualche caso fuori tempo massimo. Lo slancio progettuale ne è inibito, quando non vanificato, e l’ottimizzazione della spesa ne è messa in totale crisi.
Un parziale cambiamento si è avuto con il cambio di passo imposto dal decreto Francheschini del luglio 2014, che ha stabilito, a partire dal 2015, un ciclo triennale di finanziamenti per le attività musicali e dello spettacolo. Tardi però sono arrivate le assegnazioni per l’anno in corso, e le attività non più finanziate avvisate solo ad agosto di essere state escluse dai fondi statali che magari percepivano con regolarità da tempo – si sono trovate in grave difficoltà. È in pericolo l’Istituzione, e con essa l’unica orchestra regionale esistente in tutta una vasta area del Centro-Sud d’Italia. I legislatori e ai burocrati dovremo regalare per Natale una sveglia, o un pallottoliere che insegni loro a contare, magari a solfeggiare?