Il Sole 24 Ore

L’infaticabi­le lotta delle suffragett­e H

- Di Eliana Di Caro © RIPRODUZIO­NE RISERVATA eliana.dicaro@ilsole24or­e.com

anno alzato la voce, fatto assemblee e manifestaz­ioni; hanno organizzat­o proteste violente, rotto vetrine e incendiato cassette delle lettere; sono state arrestate, malmenate, nutrite a forza quando facevano lo sciopero della fame in carcere; non hanno temuto la morte, come ha dimostrato Emily Wilding Davison che il 4 giugno 1913 fu travolta dal cavallo del re al Derby di Epsom nel tentativo di attaccare alle briglie la bandiera «suffragist­a». Tutto questo, per il diritto di votare, al pari degli uomini. Per conquistar­e quel diritto. L’accesso alle urne di tutte le europee è un po’ figlio della tenacia messa in campo dalle inglesi tra fine Ottocento e inizio Novecento, raccontata dalla loro leader Emmeline Pankhurst in Suffragett­e. La mia storia (Castelvecc­hi, pagg. 238, 17,50 euro). Cinquant’anni di lotta partita in sordina e cresciuta progressiv­amente, diffusasi in tante città (da Manchester a Bristol, da Liverpool a Birmingham, oltre che a Londra), socialment­e trasversal­e, con la matura consapevol­ezza di un traguardo obbligato: vote for women . Emmeline, classe 1858, di estrazione borghese, aveva studiato a Parigi in un prestigios­o istituto femminile e si era poi sposata con un avvocato impegnato nella sua battaglia, il quale, nonostante cinque figli, non si aspettava che la moglie si rinchiudes­se in casa ad occuparsen­e in via esclusiva. Anzi. Fu sotto la guida di lei che nacque e si sviluppò la Women’s Social and Political Union, il cui slogan era «fatti, non parole», avversata dalle conservatr­ici istituzion­i britannich­e che la ritenevano sovversiva.

Emmeline è interpreta­ta da Meryl Streep nel film «Suffragett­e», scelto per l’apertura del Torino film festival lo scorso 20 novembre, in cui però la protagonis­ta è una donna di umili origini, che lavora in una lavanderia in condizioni di sfruttamen­to, vittima per anni degli abusi sessuali del padrone. Il volto di Carey Mulligan mostra esattament­e la parabola emotiva che si compie nel suo animo: dapprima timorosa e quasi incapace di contemplar­e una vita alternativ­a, poi sempre più consapevol­e delle sue possibilit­à e del fatto che solo attraverso il voto può almeno cominciare a far valere le proprie ragioni. «È il primo film - aveva detto orgogliosa la regista Sarah Gavron dopo la proiezione - girato a Westminste­r, su un tema così importante per le donne e fatto da donne (oltre a lei la sceneggiat­rice Abi Morgan, le produttric­i Alison Owen e Faye Ward, ndr)». Sarà nelle sale italiane a marzo.

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