ECCO IL SANTUARIO DI ROMOLO
Rinvenuto un muro ovale alle pendici del Palatino che apparteneva al luogo di culto che il fondatore di Roma destinò alle riunioni dei rappresentanti dei quartieri cittadini
Èstata una vera corsa contro il tempo. La stagione di scavo doveva terminare a luglio, ma l’archeologa Clementina Panella non poteva lasciare a metà un lavoro così importante, così entusiasmante. Perciò con il suo team della Sapienza-Università di Roma, è tornata in autunno a indagare quella porzione di edificio ovale della fine del VI secolo a.C. rinvenuto sulle pendici del colle Palatino a Roma, difronte all’ Arco di Costantino e alla Meta Sudans, nell’area delle Curiae Veteres: il santuario dove i cittadini romani, divisi da Romolo in trenta quartieri (curiae), celebravano con pasti comuni la loro divinità protettrice Giunone. Il santuario che, secondo Tacito, segnava uno dei vertici della Roma quadrata romulea. È perciò una delle istituzioni che rappresentano le origini di Roma; importante al punto che i romani l’hanno restaurato e ricostruito infinite volte nello stesso luogo, sino all’abolizione dei culti pagani nel IV secolo d.C.
L’edificio ovale era probabilmente una sala di riunione o banchetto, ma molto singolare proprio per la sua forma che, inedita finora per il VI secolo a.C., ricorda invece chiaramente le capanne in legno, fango e paglia come quella sul Palatino attribuita allo stesso Romolo. Dunque l’ edificio potrebbe essere la ricostruzione in muratura di una capanna preesistente, forse proprio quella del santuario“di Romolo” dell’VIII secolo a.C. Per questo Panella prima dell’inverno doveva assolutamente terminare almeno l’indagine di questo edificio e dei suoi contesti. Ce l’ ha fatta, è felice, ma attende con ansi ala bella stagione per vede rese sotto a ciò che è stato finora ritrovato compaiano altri resti da ricollegare al santuario “di Romolo”. Scava in quell’area dal 1986, da quando l’allora soprintendente Adriano La Regina la chiamò a indagare la Meta Sudans, la fontana edificata da Augusto nel punto d’incontro delle cinque principali “regioni” in cui aveva suddiviso la città, e ricostruita dopo l’incendio neroniano del 64 d.C. dagli imperatori Flavi. In tanti anni le scoperte sensazionali si sono susseguite senza sosta, ma questa sarebbe la più importante di tutte.
È stato naturale, nel 2001, spostare lo scavo dalla Meta alle pendici nordorientali del Palatino: le murature e gli edifici trovati presso la Meta si dirigevano tutti in quella direzione. E infatti lì Panella ha portato in luce edifici e monumenti prima sconosciuti che hanno consentito di ripercorrere la storia non solo di quell’area ma della città tutta. I resti di capanne dell’età del Ferro, e dunque anteriori a Romolo, hanno dimostrato che già allora le abitazioni non erano solo sopra il colle ma anche sulle sue pendici. Sopra si costruirono poi le case dell’età regia e repubblicana, e tra queste ne spicca una, proprio accanto al santuario delle Curie, che è probabilmente la casa natale di Augusto stesso: lo storico Svetonio la situava infatti presso le «Teste di bue», località che un’altra fonte pone «in Curiis Veteribus». Questa casa, come tutti gli edifici dell’area, rivela tra l’altro chiarissime tracce del famoso incendio del 64 d.C. che Nerone sfruttò per realizzare la sua Domus Aurea: qui collocò l’atrio e i porticati dopo aver livellato tutto il declivio regolarizzando i salti di quota con terrazze sostruite. Non è chiaro se egli avesse previsto anche il ripristino del santuario delle Curie, ma sicuramente lo ricostruirono gli imperatori Flavi, assieme alla Meta.
Salendo verso il Foro, Panella ha messo in luce un magazzino per merci dell’epoca dell’imperatore Adriano, poi ricostruito più imponente dai Severi. E un edificio lussuoso del IV secolo d.C., forse un’abitazione, con una grande sala da banchetto, ninfei, vasche, fontane e terme( le cosiddette Terme di Elagabalo). Nella stessa epoca furono seppellite, in una fossa all’interno delle Curiae Veteres, le splendide insegne imperiali attribuite all’ imperatore M assenzio: scettri, lance e vessilli avvolti nella seta, che oggi sono trionfalmente esposti al Museo di Palazzo Massimo.
Delle fasi più antiche delle Curia e Ve ter es, comepu redi un altro santuario antico dedicato forse alla dea Fortuna o a Venere, Panella in questi anni ha trovato moltissime tracce, come le decorazioni architettoniche egli ex voto deposti ritualmente in fosse a segui todi un altro disastroso evento che deve aver colpitola zona agli inizi de lIV secolo a. C .( il famoso sacco dei Galli ?). Sono reperti preziosi, come il grande bacino di terracotta dipinta del V secolo a.C. esposto recentemente nel Museo Palatino, e rivelano che la vita dei due santuari era cominciata proprio all’epoca della fondazione della città. Nulla però può sostituire l’importanza della scoperta degli edifici veri e propri. Panella disperava di trovarli perché le costruzioni di età repubblicana e imperiale edificate sopra hanno profondamente sconvolto quel che vi sottostava. L’unico escamotage, trovato quest’estate, è stato quello di scavare negli spazi che quest’ultime avevano casualmente “risparmiato”, e approfittando della profondità delle loro fondazioni. Sono spazi ristretti, vere fosse che diventano ogni giorno più profonde. Guardare dall’alto gli archeologi che lavorano laggiù è impressionante. «Devo riuscire ascendere fino al terreno vergine:non farlo sarebbe un delitto» afferma Pan ella con sguardo determinato. E i suoi collaborato risono tutti preda della medesima frenesia. È troppo forte il desiderio di toccare con mano uno dei punti più sacri di Roma. Ancora qualche mese di attesa, e si vedrà.