Il Sole 24 Ore

CONTI ESTERI, LA NUOVA MAPPA DEI CONTROLLI

Con la chiusura della procedura di rientro dei capitali si stringe il cerchio intorno all’evasione internazio­nale

- Marco Bellinazzo Renzo Parisotto © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

pToccherà fare rotta verso Panama, Libano, Brunei o Trinidad e Tobago. Chiude stasera la porta della voluntary disclosure, puntando a superare i 4 miliardi di gettito, e per chi detiene ancora capitali all’estero sconosciut­i al fisco si annunciano tempi duri. Le maglie per sfuggire ai controlli sono diventate (e diventeran­no ancora di più nei prossimi mesi) sempre più strette. Per occultare oltreconfi­ne le proprie ricchezze si dovrà fuggire in Paesi sempre più lontani e instabili, assumendos­ene il rischio.

Fine del segreto bancario

Il segreto bancario è andato sgretoland­osi in questi anni di crisi economica e finanziari­a sotto la pressione dei Governi occidental­i alle prese con l’erosione delle risorse pubbliche. La “tolleranza” verso modelli di pianificaz­ione aggressiva, piani di ottimizzaz­ione tributaria quando non di fenomeni di vera e propria fuga dei capitali all’estero, che drenano tra i 100 e 240 miliardi di dollari l’anno, in termini di gettito totale dai redditi di impresa, è stata spazzata via dallo scoppio dello scandalo dei mutui subprime e dal default di Lehman Brothers nell’autunno del 2008.

Da quel momento, mutuando sistemi di mappatura dei flussi di denaro attivati d op ol ’11 settembre a fini anti-terrorismo eant i-riciclaggi­o, gli Stati Uniti hanno ingaggiato una lotta senzaqu artiere control’ evasione internazio­nale, con a ruotai principali paesi dell’Unione europea. Gli Usa infatti il 17 gennaio 2012 hanno emanato la normativa Fatca (Foreign account tax foreign act), frutto di un procedimen­to avviato un paio di anni prima e preannunci­ato al G20 di Londra del 2009. L’obiettivo è quello di fermare l’evasione fiscale dei contribuen­ti americani, obbligando tutti gli intermedia­ri finanziari stranieri a identifica­re e segnalare all’Irs (l’autorità fiscale di Washington) i clienti statuniten­si.

L’Italia ha sottoscrit­to con gli Usa un accordo intergover­nativo per recepire questa disciplina il 10 gennaio 2014. Disciplina entrata in vigore in Italia, così come negli altri Paesi che hanno aderito a intese bilaterali con gli Stati Uniti, tra cui Svizzera, Regno Unito, Germania, dal 1° luglio 2014.

Una firma derivata anche dall’alleanza antievasio­ne siglata dai cinque maggiori europei per la costruzion­e di una «anagrafe» continenta­le dei conti correnti bancari. Ad aprile 2013 i ministri dell’ Economia di Italia, Germania, Francia, Spagna e Gran Bretagna hanno inviato a Bruxelles una lettera per chiedere che in Europa le informazio­ni bancarie vengano scambiate, ai fini della lotta all’evasione, «automatica­mente e obbligator­iamente» e non solo, come avvenuto tradiziona­lmente, sulla base di singole richieste e rogatorie sui sospetti contribuen­ti infedeli.

L’ esigenza percepita dai governi europei è chiara: ampliare il più possibile su scala multilater­ale lo scambio dei dati. Le manovre antielusiv­e attuate da singoli Stati rischiano spesso di generare asimmetrie e confusione allontanan­do gli investimen­ti dall’estero, con scarsi risultati di gettito. In quest’ottica il ruolo dell’Ocse diventa centrale. Tutti gli accordi tra gli Stati per contrastar­e fenomeni di evasione fiscale fanno perno sull’articolo 26 del modello Ocse che rimuove il segreto bancario come ostacolo alla trasmissio­ne di informazio­ni.

Gli accordi globali

Ma occorre fa redi più e, nel febbraio 2014, gli esperti dell’ Organizzaz­ione per il commercio e los viluppo,pubblicano ilCrs( Co mm on re porting standard ), basato sull’impianto Usa del Fatca. Si tratta di un modello multilater­ale che sostanzial­mente punta a consentire l’ identifica­zione e la segnalazio­ne dei conti finanziari detenuti da non residenti alle rispettive autorità nazionali in modalità automatica. Attualment­e sono 127 gli Statiche si sono dichiarati disponibil­i – in particolar­e al G20 di Brisbane del 2014 e più recente aBri dg et ownnell’ ottobre 2015– a censire in modo uniforme le informazio­ni fiscali relative a soggetti non residenti mettendole a disposizio­ne dello Stato terzo. Basandosi su questa intesa di Brisbane è stata realizzata la mappa riportata in queste due pagine. Le prime informazio­ni avranno come riferiment­o temporale il 2016 e saranno trasmesse nel 2017 da parte di un rilevante numero di Stati, mentre altri le invieranno nel 2018 con riguardo al 2017 (altri Paesi hanno in corso di definizion­e le relative procedure, come specificat­o nella mappa).

Convenzion­i e «Beps»

Fatca e Crs rappresent­ano un’evoluzione cruciale rispetto ai sistemi agli strumenti tradiziona­li, co mele Convenzion­i contro le doppie imposizion­i, che oltre a regolare la potestà impositiva degli Stati contraenti, sono accompagna­ti da accordi di natura amministra­tiva per favorire lo scambio di informazio­ni e/o l’effettuazi­one di verifiche simultanee. L’ Italia ha attualment­eincorso 96 Convenzion­i( ultima rivista con Hong Kong). A queste si aggiungono i Ti ea(Taxinforma­t ione xc hange agre ement) che a differenza delle convenzion­i si occupano solo dello scambio di informazio­ni fiscali. Oggi sono in vigore 7 Tiea (più quello con il Liechtenst­ein del 26 febbraio 2015).

A livello europeo, sempre dal 1° gennaio 2016 (salvo Austria dal 1° gennaio 2017), avverrà uno scambio di informazio­ni sulla base della direttiva 2011/16/Ue esteso anche a tipologie reddituali come redditi da lavoro dipendente, compensi, prodotti assicurati­vi eccetera, diverse da quelle finanziari­e, superando così la precedente e assai limitata Direttiva Risparmio.

La tensione con le multinazio­nali del web, che ha visto negli ultimi me sila messa in stato d’ accusa di giganticom­e App le e Go og le, ha portato all’elaborazio­ne, sempre in ambito Ocse, del progetto «Beps» (Base Erosion and Profit Shifting) approvato il 16 novembre scorso dal G-20 di Antalya, in Turchia. Il Beps basato su 15 action plan coinvolge circa 90 Stati, che saranno chiamati a ratificarl­o nel 2016 e punta a colmare le lacune nelle regole internazio­nali e nazionali che le grandi società, presenti in più Paesi,sfruttano per dirottare i loro utili nei paesi a fiscalità privilegia­ta. Si va dagli interventi sull’economia digitale alle regole sul transfer pricing al contrasto alla cosiddetta double non taxation.

Va infine ricordato come in base all’articolo 1 del Dl 167/1990 sul cosiddetto monitoragg­io fiscale esterno, gli intermedia­ri sono tenuti a rilevare e trasmetter­e annualment­e all’agenzia delle Entrate gli estremi identifica­tivi di coloro che effettuano trasferime­nti finanziari da/ verso l’ estero. Mentre in caso di trasporto di denaro e valori l’articolo 3 del Dlgs 195/2008 prevede obblighi di dichiarazi­one in dogana.

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