Il Sole 24 Ore

Perdite su crediti con più certezze

Il punto sulla disciplina relativa ai mancati incassi dopo le modifiche introdotte con il decreto legislativ­o 147 Il trattament­o contabile guida la deduzione - Resta la disparità con le svalutazio­ni

- Giorgio Gavelli

pNon tutto è risolto, ma la disciplina delle perdite su crediti, da fonte di contestazi­oni e contenzios­i di ogni tipo, è sulla buona strada per risolvere molti dei problemi degli ultimi anni.

Vediamo con ordine gli ultimi interventi che si sono succeduti (si veda anche la grafica in pagina).

Con il decreto internazio­nalizzazio­ne (Dlgs 147/2015) è stato fatto un altro passo in avanti per disciplina­re in maniera chiara ed esauriente la deducibili­tà delle sofferenze da mancato incasso dei crediti, vero tallone d'Achille di tantissime imprese italiane.

Fino al 2012 il testo dell’articolo 101, comma 5, del Tuir era troppo generico per regolare in maniera soddisface­nte la fattispeci­e, facendo riferiment­o a un concetto (“elementi certi e precisi”) che poteva significar­e tutto e niente. Rinunce unilateral­i, transazion­i, cessione di crediti e persino insinuazio­ni al fallimento: qualunque comportame­nto fiscale poteva essere opinabile e censurabil­e, senza la possibilit­à di distinguer­e chi cercava di comportars­i correttame­nte, con il risultato che le commission­i tributarie venivano investite di numerosi ricorsi, peraltro risolti in modo non uniforme.

A tre anni di distanza, molto è cambiato. Con tre successivi interventi di peso, la norma si è arricchita di concetti condivisib­ili e, soprattutt­o, ha lasciato spazio al corretto comportame­nto contabile, vero motore di ogni successiva consideraz­ione tributaria. I principi contabili (nella specie l’Oic 15) sono stati, nel frattempo, riformulat­i, eliminando le incertezze precedenti.

In sintesi, il principio oggi indica chiarament­e le situazioni che determinan­o l’eliminazio­ne della partita creditoria dal bilancio (con contropart­ita il fondo o, in caso di incapienza, la rilevazion­e della perdita a conto economico), e questa chiarezza ha consentito al legislator­e fiscale di farvi diretto riferiment­o, collegando la nozione vaga e soggettiva di “elementi certi e precisi” a un evento oggettivam­ente regolato quale la cancellazi­one dallo stato patrimonia­le.

Il nodo delle svalutazio­ni

In effetti, tra regola contabile e disciplina tributaria c’è ancora un’area in cui l’approccio è differente: le rettifiche di natura valutativa civilistic­amente originano accantonam­enti (cioè svalutazio­ni) e non perdite, poiché il diritto di credito, per quanto il realizzo sia compromess­o, non è ancora venuto meno. Esempio tipico, i crediti coinvolti da una procedura, ma molto spesso anche gli stessi minicredit­i.

Diversamen­te, sotto l’aspetto fiscale le svalutazio­ni deducibili sono solo di natura forfettari­a - lo 0,5% di cui all’articolo 106, comma 1, peraltro riconosciu­te sui soli crediti commercial­i - e le “rettifiche da valutazion­e” costituisc­ono perdite (articolo 101, comma 5), creando le basi per le complicazi­oni di una “doppia contabilit­à”, che proprio il Dlgs 147 ha cercato di alleviare.

Le norme base e i casi ad hoc

Attualment­e, la norma tributaria si regge su due postulati inespressi e su quattro situazioni codificate, di cui viene delineata anche la competenza. Per quanto riguarda i postulati, essi riguardano: e la derivazion­e contabile, nel senso che la rilevazion­e della perdita deve sempre essere preceduta da un coerente comportame­nto di bilancio, e un credito considerat­o integralme­nte esigibile a livello contabile 7 Ordinariam­ente, la disciplina del reddito d'impresa “si appoggia” sulle risultanze contabili, nel senso che il legislator­e fiscale indica quali modifiche apportare al conto economico correttame­nte redatto (articoli 83 e 109 Tuir). Componenti quali le perdite su crediti e gli ammortamen­ti non possono sorgere fiscalment­e se non hanno prima avuto rilevanza contabile, eccezioni a parte (ad esempio, il superammor­tamento previsto dal Ddl di Stabilità 2016). non può originare nessuna perdita deducibile; r la possibilit­à (si ritiene tuttora attuale, nonostante l’abrogazion­e dell’articolo 37-bis del Dpr 600/73) da parte dell’amministra­zione finanziari­a di sindacare le operazioni fittizie, in particolar­e ove intervenut­e tra soggetti non indipenden­ti: sia sotto il profilo dell’abuso di diritto recentemen­te disciplina­to dall’articolo 10-bis della legge 212/2000, sia - più frequentem­ente in questa fattispeci­e - contestand­o fenomeni non elusivi ma evasivi, come la simulazion­e, l’interposiz­ione e così via.

Le quattro situazioni positivame­nte disciplina­te, invece, riguardano altrettant­e ipotesi in cui gli “elementi certi e precisi” scattano ex lege: procedure, minicredit­i, prescrizio­ne e cancellazi­one contabile (si veda l’articolo in basso).

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