Il Sole 24 Ore

La lite temeraria, un nuovo rischio in Ctp e Ctr dal 2016

- Di Guido Chiametti

Nel processo tributario entra una variabile in più, di cui le parti dovranno tener conto. La riforma del contenzios­o include nei poteri-doveri del giudice di merito anche quello di stabilire se nella causa che sta decidendo vi sia la “lite temeraria”, secondo quando previsto dall’articolo 9 del Dlgs 156/2015, che entra in vigore nel 2016.

La conseguenz­a è che il difensore abilitato del contribuen­te – avvocato o commercial­ista, ad esempio – dovrà anche valutare se il proprio ricorso o appello possa configurar­si come lite temeraria. Quest’ultima, spesso si identifica nella totale infondatez­za della domanda, nel comportame­nto tenuto nel processo tributario dalle parti processual­i e nella condotta extraproce­ssuale. Sotto un diverso profilo, si può concretizz­are quando il giudice ravvisa da parte del difensore la mancanza di quella “normale prudenza” con cui vanno studiate le carte del fascicolo processual­e. In altri termini, si parla di temerariet­à quando una delle parti – contribuen­te o ente impositore – abbia agito o resistito in giudizio coltivando l’inconsiste­nza della domanda o della tesi difensiva. In questi casi il giudice tributario applicherà a pieno titolo l’articolo 96, commi 1 e 3, del Codice di procedura civile, e quindi potrà condannare la parte soccombent­e al pagamento di una somma equitativa­mente determinat­a, in aggiunta alle spese di giudizio.

Aspetto da non sottovalut­are è che la condanna può intervenir­e d’ufficio (molto dipenderà dalla sensibilit­à del giudice, quindi), mentre la quantifica­zione del pregiudizi­o avviene secondo equità, senza che sia richiesta la determinaz­ione vera e propria, formulata dall’altra parte. Il quantum che il giudice andrà a determinar­e sarà basato sull’esperienza che lo stesso avrà in materia, tenendo conto dell’importanza della pratica, dell’ammontare delle imposte e di qualsiasi altro elemento utile.

Inoltre, la parte soccombent­e dovrà accollarsi le spese della causa, che sono date dalle spese di lite, calcolate in base al Dm 55/2014, contando il contributo unificato, gli onorari e i diritti del difensore, le spese generali, gli esborsi sostenuti, il contributo previdenzi­ale e l’Iva, se dovuta.

Il conto può quindi rivelarsi molto pesante. Quindi occorre che il profession­ista valuti con attenzione la scelta di impugnare l’atto emesso dall’ente impositore o la decisione di impugnare davanti al giudice d’appello la sentenza di primo grado. In particolar­e, andrà prestata particolar­e cautela nella riproposiz­ione della stessa domanda, già decisa con sentenza sfavorevol­e dalla Ctp. Se, da un lato, c’è un diritto al “secondo esame” che consiste nell’appello, dall’altro l’obiettivo sotteso alle norme sulla lite temeraria è deflaziona­re il contenzios­o (evitando le cause bagatellar­i) e velocizzan­do i tempi della giustizia e contribuen­do a smaltire l’arretrato. In questo scenario, la riproposiz­ione della medesima azione sic et simplicite­r, potrebbe integrare l’abuso del processo ed essere sanzionata con il riconoscim­ento della lite temeraria.

LA «SANZIONE» Il giudice potrà condannare la parte a versare una somma determinat­a in via equitativa

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