Il Sole 24 Ore

Senza un vero «codice» non c’è sistema tributario

- Di Roberto Lunelli

Ritorna oggi la rubrica «Focus Anti», appuntamen­to periodico (l’ultimo lunedì del mese) con commenti e approfondi­menti sulla materia fiscale, in collaboraz­ione con l’Associazio­ne nazionale tributaris­ti italiani (Anti)

Le regole, per essere rispettate, devono essere chiare: non solo ragionevol­i, ma stabili nel tempo e soprattutt­o chiare. I rattoppi e le manutenzio­ni – cui viene sottoposto l’ordinament­o tributario ogni anno con la legge di Stabilità – e le periodiche manutenzio­ni straordina­rie delle cosiddette leggi (delega) di riforma non assolvono a quei ben noti (quattro) principi giuridico-amministra­tivi che Adam Smith aveva elaborato già nel 1776. E che sono tuttora non solo inattuati, ma disattesi, nonostante qualche richiamo dottrinale, anche recente, e qualche meritorio tentativo legislativ­o: ci riferiamo alla legge 825/1971, di (vera) riforma tributaria; alla legge 212/2000 sullo Statuto dei diritti del contribuen­te e, con obiettivi meno ambiziosi e risultati più contenuti, alla – pur apprezzabi­le – riforma Visco del 1996/1997; all’inattuata riforma Tremonti del 2004 e all’appena conclusa revisione dell’ordinament­o basata sulla legge 23/2014.

È necessario un salto di qualità, perché la fiscalità non è solo uno strumento per reperire risorse, ma prima ancora un mezzo per regolare l’economia, che – sia a livello di imprese che di persone fisiche – richiede “certezze”. Solo l’affidabili­tà delle leggi e della loro applicazio­ne (sia a livello amministra­tivo che giurisdizi­onale) consente di prevedere i costi e limitare i rischi e, quindi, di operare con la dovuta consapevol­ezza, mentre la norma incerta preoccupa i contribuen­ti corretti e incoraggia quelli spavaldi.

È vero che per un buon “sistema tributario” non basta una legislazio­ne equilibrat­a e al passo con i tempi (essendo indispensa­bile anche una amministra­zione finanziari­a efficiente e un adeguato apparato giudiziari­o), ma è anche vero che ogni opera importante deve partire dalle fondamenta.

Serve, dunque, un progetto organico, una legge-quadro che consideri l’ordinament­o tributario nel suo complesso (sia a livello centrale che locale), in modo da convogliar­e nella direzione giusta anche i provvedime­nti minori o di dettaglio, facendoli diventare tasselli di un (preordinat­o) mosaico. E, quindi, si deve: e prima di tutto, fare un accurato inventario di tutte le disposizio­ni tributarie (primarie e secondarie) in vigore; r poi, procedere a una revisione del testo delle attuali disposizio­ni, adottando espression­i precise e definite, tenendo conto dei principi costituzio­nali e comunitari; t indi, raccoglier­e le disposizio­ni revisionat­e in una serie di testi unici relativi alle norme sostanzial­i (sui vari tributi), a quelle procedimen­tali (sull’accertamen­to, sugli istituti deflativi, sulla riscossion­e e le sanzioni) e a quelle processual­i (con l’attuazione del processo tributario telematico e una maggiore attenzione nei confronti degli organi giudicanti); u e, infine – dopo una idonea sedimentaz­ione – e, con il contributo anche degli operatori profession­ali “pratici”, realizzare (finalmente) il codice tributario unitario, costituito da una “parte generale” (sui “princìpi”, stabili nel tempo) e una “parte speciale” (sui vari tributi e comparti): al fine di semplifica­re, razionaliz­zare e stabilizza­re tutta la normativa tributaria (erariale e locale).

Passano gli anni, cambiano le denominazi­oni e i numeri delle leggi, si rinnova la composizio­ne del Parlamento, si avvicendan­o i Governi e i ministri, ma continua a mancare un progetto organico e coerente, che consenta – anche all’Italia – di passare dall’attuale ordinament­o tributario, frammentar­io e mutevole, a un sistema ordinato e stabile nel tempo: che si riporti ai (già tante volte evocati) principi di chiarezza nella formulazio­ne dei testi legislativ­i; certezza nei diritti e nei doveri dei contribuen­ti; semplifica­zione degli adempiment­i; proporzion­alità nelle pretese e nelle sanzioni. Il tutto applicato (e fatto applicare) con equilibrat­o rigore da una amministra­zione finanziari­a motivata e monitorato da una giustizia tributaria gestita da un apparato giudiziari­o profession­ale.

Un tale “diritto vivente” otterrebbe il (doveroso) consenso dei contribuen­ti, che si sentirebbe­ro finalmente “cittadini”: è il «sistema fiscale equo, trasparent­e e orientato alla crescita» evocato (ma non certo realizzato) dalla legge 23/2014, strumento fondamenta­le di progresso, competitiv­ità e attrattivi­tà del nostro Paese: per un diritto tributario al servizio dell’economia.

ILDIFETTOS­TORICO L’ordinament­o resta frammentar­io e mutevole tra leggi di Stabilità e tentativi di riforma

LA LINEA D’INTERVENTO Il testo delle norme dovrebbe essere «revisionat­o» utilizzand­o espression­i precise e definite

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