Il Sole 24 Ore

Esenti i dividendi esteri qualificat­i

La Convenzion­e contro le doppie imposizion­i prevale sulle leggi nazionali ed esclude il prelievo in Italia Non tassabili le somme ricevute dalla società tedesca in cui si detiene una quota superiore al 25%

- Luca Occhetta

pLe convenzion­i internazio­nali prevalgono sulle norme interne. È questo in estrema sintesi quanto statuito dalla sentenza della Commission­e tributaria di II grado di Trento 63/01/15 (presidente Pascussi, relatore Rodrigo), depositata lo scorso 24 luglio.

Il caso riguardava una società italiana che, ricevendo dividendi da società tedesche nelle quali deteneva una partecipaz­ione superiore al 25%, li esentava completame­nte da tassazione, ai sensi dell'articolo 24 della convenzion­e contro le doppie imposizion­i stipulata tra Italia e Germania: il trattato stabilisce che «sono esclusi dalla base imponibile delle imposte italiane i redditi derivanti dai dividendi […] pagati a una società (diversa da una società di persone) residente della Repubblica italiana da parte di una società residente della Repubblica federale di Germania il cui capitale sociale è direttamen­te detenuto per almeno il 25% dalla società italiana».

L'agenzia delle Entrate contestava alla società di aver agito in violazione dell'articolo 89 del Dpr 917/1986 che dispone la tassazione del 5% dei dividendi percepiti.

In primo grado i ricorsi della società erano stati accolti. L'agenzia delle Entrate, allora, aveva proposto appello. La Commission­e tributaria di secondo grado, infine, ha rigettato l'appello, affermando il principio secondo cui la disposizio­ne convenzion­ale «deve essere ritenuta prevalente nella gerarchia delle fonti».

Infatti, le norme pattizie internazio­nali assumono nel nostro ordinament­o la stessa forza del provvedime­nto (legge ordinaria) mediante il quale è ordinata l'esecuzione della convenzion­e: queste disposizio­ni, dunque, sono da considerar­si leggi speciali prevalenti rispetto alle leggi generali.

Anche la Corte costituzio­nale, con le sentenze 348 e 349 del 24 ottobre 2007, ha chiarito che le disposizio­ni pattizie costituisc­ono nel nostro ordinament­o fonti di rango sub-costituzio­nale, in quanto richiamate dall'articolo 117, primo comma, della Costituzio­ne (il quale stabilisce che «la potestà legislativ­a è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzio­ne, nonché dei vincoli derivanti […] dagli obblighi internazio­nali»).

Nell’ordinament­o, il principio di prevalenza della convenzion­e tra Paesi rispetto alla normativa domestica è fissato dall’articolo 75, Dpr 600/1973, il quale statuisce inequivoca­bilmente che «nell’applicazio­ne delle disposizio­ni concernent­i le imposte sui redditi sono fatti salvi gli accordi internazio­nali resi esecutivi in Italia». Inoltre, l’articolo 169 del Dpr 917/1986 stabilisce che «le disposizio­ni del presente testo unico si applicano, se più favorevoli al contribuen­te, anche in deroga agli accordi internazio­nali contro le doppie imposizion­i».

Il principio della prevalenza della convenzion­e tra Paesi rispetto Le Convenzion­i contro le doppie imposizion­i sono trattati internazio­nali con i quali i Paesi regolano l'esercizio della propria potestà impositiva al fine di eliminare le doppie imposizion­i sui redditi e/o sul patrimonio dei rispettivi residenti. In Italia, le Convenzion­i per evitare le doppie imposizion­i entrano in vigore mediante procedimen­to di ratifica del Parlamento effettuato con legge ordinaria, seguito dallo scambio degli strumenti di ratifica tra i Paesi contraenti. al testo unico è già stato affrontato, e accolto, dalla giurisprud­enza di merito con riferiment­o all’incompatib­ilità della normativa interna in materia di deducibili­tà di costi black list (articolo 110, comma 10 e 11, Dpr 917/1986) rispetto alla clausola di non discrimina­zione prevista in alcuni trattati contro le doppie impositori. Si vedano, tra le altre, le sentenze della Ctp Milano 338/46/2010, 92/1/2011, 36/36/2012 e 294/5/2012. Supporti a simili tesi sono incidental­mente rinvenibil­i anche nella giurisprud­enza della Suprema corte (si veda la sentenza di Cassazione 4272 del 23 febbraio 2010).

IL PRINCIPIO Nella gerarchia delle fonti gli accordi internazio­nali relativi alle imposte sui redditi sono direttamen­te esecutivi nel nostro Paese

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