Spazio alla diffida per tutti gli illeciti
pLa non corretta tenuta del Libro unico del lavoro comporta l’applicazione di sanzioni amministrative con il rischio di un recupero contributivo.
La nuova maxisanzione potrà essere evitata con l’esibizione del Libro unico solo in caso di dimenticanza nella trasmissione del modello Unilav di assunzione e solo se il periodo di lavoro “in nero” risulta scaduto dal punto di vista contributivo all’atto dell’ispezione (vademecum 2008, sezione C, risposta n. 3).
Il decreto semplificazioni ha chiarito definitivamente il concettodi omesse o infedeli registrazioni. In sostanza, l’ omessa registrazione si riferisce alle scritture complessivamente omesse e non a ciascun dato di cui manchi registrazione. La nozione di infedeltà, invece, si riferisce alle scritturazioni di dati relativi ai lavoratori e alle somme erogate diverse rispetto a qualità o quantità della prestazione effettivamente resa o alle somme erogate. Quindi l’illecito si configura quando la quantificazione della durata della prestazione o la retribuzione erogata non corrisponde a quella riportata sul Lul (circolare 20/2008, vademecum 2008, Sezione C, numeri 5 e 6). Tuttavia, al di là della distinzione formale, tutti gli illeciti in materia di Libro unico, a eccezione di quello sulla mancata conservazione, possono essere oggetto di diffida obbligatoria con l’opportunità per il datore di accedere, in caso di regolarizzazione della violazione, al pagamento della sanzione nella misura del minimo stabilita dalla legge( circolare 23/2011). Il legislatore consente perciò di regolarizzare le «inosservanze comunque materialmente sanabili» versando la contribuzione previdenziale omessa.
L’interpello 26 del 5 novembre 2015 fornisce chiarimenti sulla contribuzione da versare in caso di rinuncia alla retribuzione da parte dei lavoratori. La Cassazione (sentenza 9180/2014) ha stabilito che il lavoratore non può disporre dei profili contributivi che l’ordinamento collega al rapporto di lavoro: l’obbligazione previdenziale insorge infatti esclusivamente tra datore di lavoro, soggetto obbligato, e istituto, titolare della posizione attiva creditoria. Il lavoratore, dunque, rispetto ai contributi risulta “terzo” e solo beneficiario della prestazione, anche in virtù del principio dell’automaticità della prestazione previdenziale. L’obbligo contributivo del datore sussiste dunque indipendentemente dalla circostanza che la retribuzione sia stata corrisposta o meno al lavoratore, anche nel caso di atti dispositivi che non potranno pregiudicare i diritti dell’istituto previdenziale (articolo 2115, comma 3, codice civile). Alla base del calcolo dei contributi c’è la retribuzione dovuta per legge o per contratto collettivo o individuale. Per quanto riguarda le registrazioni sul Lul, nel caso di conciliazioni in cui il lavoratore rinuncia alla retribuzione con verbale (articolo 411 del Codice di procedura civile), queste potranno essere omesse indicando l’assenza.