Il Sole 24 Ore

Ma rischio ingorgo per le stazioni uniche

- Alberto Barbiero

pPer sfruttare l’occasione offerta dallo sblocco degli avanzi per la realizzazi­one di investimen­ti le amministra­zioni comunali devono fare i conti con l’entrata in vigore del sistema previsto dall’articolo 33, comma 3-bis, del Dlgs 163/2006, che obbliga gli enti non capoluogo ad avvalersi delle Unioni, delle stazioni uniche appaltanti presso le Province, dei soggetti aggregator­i (in particolar­e quelli regionali e le Città metropolit­ane) oppure a gestire le gare in associazio­ne con altri Comuni sulla base di una convenzion­e.

I margini per operare in modo autonomo sono ristretti in quanto, a differenza di quanto previsto dalla stessa norma del Codice come deroga per le acquisizio­ni di beni e servizi, le amministra­zioni non possono utilizzare gli strumenti elettronic­i per gestire gare “in proprio”. L’unico spazio è concesso ai Comuni non capoluogo con più di 10mila abitanti, che possono acquisire lavori mediante affidament­o diretto entro i 40mila euro.

Il vincolo per i Comuni con meno di 10mila abitanti (che devono pertanto utilizzare anche per lavori di importo molto limitato il modulo aggregativ­o cui aderiscono) è in fase di superament­o, poiché nel Ddl stabilità 2016 ne è prevista l’abrogazion­e. Nel tempo che resta fino al 31 dicembre i Comuni che intendono utilizzare gli avanzi, essendo tenuti ad indire una gara, devono attivarsi rapidament­e per farla gestire dal modello aggregativ­o prescelto, rischiando diversamen­te di vedere vanificata la possibilit­à di sblocco dell’avanzo.

È però evidente come il sistema prefigurat­o nel 2014 venga mantenuto, prevedendo tre livelli: l’intervento dei soggetti aggregator­i per macroacqui­sizioni di beni, servizi e lavori di manutenzio­ne (con individuaz­ione specifica delle tipologie e dei volumi di riferiment­o), l’attività dei modelli aggregativ­i su base locale (peraltro con uno schema diffuso anche nell’ambito della sanità) nello spazio soprasogli­a e l’operativit­à limitata delle singole amministra­zioni entro la soglia comunitari­a per i beni e servizi, nonché entro i 40mila euro per i lavori.

Questo quadro è però in evoluzione, poiché nel Ddl delega di recepiment­o delle direttive comunitari­e su appalti e concession­i il criterio

NUOVO CAMBIO DI ROTTA Nel recepiment­o della direttiva appalti si esclude la possibilit­à di ricorrere alle convenzion­i fra enti locali

relativo all’aggregazio­ne su base locale prevede che sia obbligator­io per i Comuni non capoluogo il ricorso a forme di aggregazio­ne o centralizz­azione delle committenz­e, a livello di Unione dei comuni, ove esistenti, o ricorrendo ad altro soggetto aggregator­e secondo la normativa vigente.

Deriva da questa impostazio­ne una prospettiv­a che ridurrebbe i margini di scelta per i Comuni non capoluogo, obbligando­li a rivolgersi all’unione (se esistente) o, in alternativ­a, ai soggetti aggregator­i (principalm­ente quelli regionali), eliminando le stazioni uniche e la possibilit­à di convenzion­amento con altri enti nella stessa condizione.

Verrebbe meno, pertanto, l’operativit­à di molte centrali di committenz­a locali costituite­si in questi mesi non solo tra enti di dimensioni ridotte, ma anche tra realtà molto importanti.

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