Instabilità in Spagna dopo il voto Tensione sugli spread dei periferici
I Socialisti bocciano subito l’ipotesi di alleanza con i Popolari del premier uscente Rajoy
Governabilità difficile in Spagna dopo il voto: i socialisti e Podemos si rifiutano di appoggiare i popolari del premier uscente Rajoy. L’incertezza politica contagia i mercati: la Borsa di Madrid ha perso ieri il 3,62%, in calo tutti i listini europei (Milano -0,67%). Tensioni sui titoli di Stato periferici: lo spread Bonos-Bund è salito a 124 dopo essere balzato fino a 130.
Per Mariano Rajoy sarà quasi impossibile riuscire a trovare nel nuovo Parlamento spagnolo la maggioranza per un governo dei popolari. Nel primo giorno di trattative a distanza i socialisti del nuovo corso di Pedro Sanchez hanno infatti detto chiaramente che non daranno il loro sostegno a un esecutivo guidato da Rajoy, bocciando così l’unica coalizione in grado di raggiungere la soglia dei 176 deputati sui 350 complessivi della Camera spagnola. «La Spagna ha scelto alle urne di rafforzare la sinistra e ha scelto il cambiamento. Ora sta al Partito popolare, il più votato, cercare di formare un governo. Ma deve essere chiaro che i socialisti voterannonoa Rajoye al Partito popolare », hanno fatto sapere dai vertici socialisti.
È questione di aritmetica prima ancora che di coerenzastrategie dipartito. Nel Parlamento piùf rammentato della storia democratica della Spagna, anche passando sopra ai programmi presentati durante la campagna o mandando al macero anni di storia e divisioni, una maggioranza ampia e stabile che sostenga un governo di legislatura è difficile da trovare. E l’ unica possibile, per quanto piena di evidenti contraddizioni, è stata già affossata. Inevitabili i timori dell’ Unione europea per una situazione difficile da decifrare. E scontatele perplessità dei mercati finanziari registrate già ieri.
Il Partito popolare del premier Rajoy si è confermato prima forza politica ma con 123 deputati è lontanissimo dalla maggioranza assoluta. Il Partito socialista ha tenuto, almeno rispetto ai sondaggi della vigilia, ma avrà solo 90 seggi e anche per questo Sanchez ha ricordato che «la democrazia è fatta di dialogo e di intese». Con tutti tranne che con Rajoy a quanto pare.
I centristi di Ciudadanos con 40 deputati - comunque molti per un debutto in Parlamento - non potranno essere decisivi come sperava alla vigilia del voto il leader Albert Rivera pronto a privilegiare la stabilità e governabilità del Paese: «Ciò di cui abbiamo bisogno è un’astensione del Partito socialista e un’astensione di Ciudadanos e un governo di minoranza del Partito popolare che abbia vita sufficiente per le riforme. La palla è ora nel campo dei socialisti», ha spiegato ieri Rivera.
Mentre Podemos, il movimento degli indignati di P ab lo Iglesias, con 69 rappresentanti, sta già lavorando a una grande alleanza di sinistra e con l’appoggio dei partiti indipendentisti - cresciuti soprattutto in Catalogna e nei Paesi Baschi fino a 25 deputati - potrebbe riuscire a formare un governo di durata limitata focalizzato sulla riforma elettorale e sulla riforma della Costituzione che riveda i rapporti tra Stato e regioni risolvendo la questione catalana. Podemos è l’unico partito nazionale che riconosce il diritto della Catalogna a decidere con un referendum il proprio destino mentre i socialisti hanno sempre spinto per una soluzione politica condivisa della questione catalana.
Podemos del resto ha sempre escluso ogni possibilità di sostenere Rajoy e i popolari. «Non vi sono dubbi, Podemos non permetterà né attivamente con i suoi voti né passivamente con l’astensione che il Partito popolare torni a governare», ha dichiarato Iglesias reclamando un «processo di transizione» e un giro di consultazioni per verificare la possibilità di intese con altre forze politiche. «Si apre nel nostro Paese una nuova fase che può portare a un compromesso storico. Tutti noi dobbiamo riflettere nelle prossime settimane su come queste elezioni ci stiano portando verso una transizione verso un nuovo sistema politico», ha detto Iglesias.
È dunque iniziata in Spagna con il voto di domenica una fase politica sconosciuta, fatta di incertezza e di ingovernabilità. Per la prima volta nella storia democratica del Paese, il giorno dopo le elezioni nessuno può dire chi guiderà il governo per la prossima legislatura. Le regole del dialogo post-elettorale tra gli schieramenti tradizionali – popolari e socialisti-etra imovimenti di protesta – Podemos e Ciudadanos - che con la loro ascesa hanno cambiato per sempre la scena politica spagnola sono tutte da scrivere. Partendo dalla maggioranza di 176 deputati alla Camera o in seconda battuta da un governo di minoranza destinato a soffrire per ogni passaggio in Parlamento.
«Proverò a formare un governo nell’interesse di tutto il Paese, la Spagna ha bisogno di certezza, di stabilità e di fiducia», ha ripetuto anche ieri Rajoy che attende il mandato dal re Felipe VI. Se però il centrodestra non dovesse farcela, l’unica soluzione alternativa potrebbe, appunto, essere una grande alleanza a sinistra. Un governo dei secondi.
Rajoy vedrebbe così materializzarsi il suo peggiore incubo: «Un governo digente irresponsabile, una roulette russa che rischia di gettare via tutti i sacrifici che gli spagnoli hanno fatto in questi anni e i risultati che stanno arrivando». Dall’incertezza di queste ore uscirebbe invece vincitore Iglesias con Podemos che già sta dettando le condizioni ai socialisti per raggiungere un accordo.
FASE NUOVA Per la prima volta nella storia democratica del Paese, il giorno dopo il voto non si sa chi guiderà l’esecutivo nella prossima legislatura