Il Sole 24 Ore

Lo spettro bail-in e i rischi di disparità

- di Alessandro Graziani

Il salvataggi­o in extremis della banca portoghese Banif, a pochi giorni dall’introduzio­ne in Europa del bail-in, apre una serie di interrogat­ivi sul ruolo della Ue.

Avendo ad oggetto il risparmio dei cittadini europei, ogni decisione che riguarda i salvataggi bancari dovrebbe essere caratteriz­zata dalla massima trasparenz­a. Evitando che chiunque possa pensare a disparità nel trattament­o dei risparmiat­ori-investitor­icorrentis­ti dei diversi Paesi. I due casi da confrontar­e negli ultimi giorni sono quelli del salvataggi­o delle quattro banche italiane (Banca Marche, Etruria, CariChieti e Cassa Ferrara) e quello della portoghese Banif. In entrambi i casi si è fatto ricorso, come procedura di ultima istanza, a un fondo di risoluzion­e gestito dalla Banca Centrale nazionale che ha separato una good bank (già ceduta a Santander Totta nel caso di Banif, da cedere in tempi rapidi nel caso italiano) e una bad bank (quella portoghese sostenuta da garanzia pubbliche per 2,2 miliardi). In ottemperan­za alla regola del burden sharing, definita a livello europeo, con il coinvolgim­ento in entrambi i casi di azionisti e obbligazio­nisti subordinat­i.

Molti sono però ancora i punti da chiarire. Il primo: nel caso italiano, azionisti e possessori di obbligazio­ni subordinat­e hanno perso tutto. Nel caso portoghese, stando alle comunicazi­oni ufficiali della Commission­e Ue, non è ancora chiaro se ai possessori di bond subordinat­i sarà concessa la facoltà di convertire le obbligazio­ni in azioni della bad bank. La differenza non è irrilevant­e perchè - a fronte di un azzerament­o immediato dei bond, potrebbe corrispond­ere una futura ripresa di valore nel caso di plusvalenz­e derivanti dalla cessione dei crediti in sofferenza.

Il secondo punto da chiarire riguarda le

SALVATAGGI A CONFRONTO Serve fare chiarezza sulla mini-valutazion­e della bad bank italiana e sul trattament­o dei bond nei due Paesi

valutazion­i di partenza della bad bank generata dal salvataggi­o delle quattro banche italiane e di quella portoghese. Nell’operazione Banif, l’annuncio ufficiale della Commission­e Ue non descrive i valori di conferimen­to dei crediti in sofferenza della banca portoghese. Strano perchè, nel caso delle quattro banche italiane, Governo-Bankitalia­Ue hanno invece dettagliat­o in 18 centesimi il valore medio degli Npl conferiti alla bad bank. Valore che si confronta con una media di 40 centesimi dello stock in portafogli­o alle banche italiane. Chi ha determinat­o quel valore così «scontato»? E’ vero che sarebbe stata la Ue a pretenderl­o, invocando una valutazion­e da immediato realizzo su cui sono pronti a tuffarsi hedge fund che intravedon­o lauti guadagni? Se la valutazion­e fosse stata più alta, anche se non in linea con la media delle banche italiane, quel plusvalore avrebbe permesso un indennizzo ai detentori di obbligazio­ni subordinat­e delle quattro banche italiane? O magari, come sembra sia stato concesso agli investitor­i portoghesi, una immediata conversion­e dei bond in azioni della bad bank? Domande che riguardano valori di rilievo. Basti pensare che il valore nominale complessiv­o dei crediti in sofferenza trasferiti alla bad bank unica italiana è di 8,5 miliardi, mentre il valore di conferimen­to voluto dalla Ue è di 1,5 miliardi (ovvero 18 centesimi per ogni euro di credito). Con una valutazion­e del 20% in più (1,8 miliardi, ovvero 21,6 centesimi, ovvero circa la metà del valore medio contabiliz­zato dalla media delle banche italiane), sarebbero emersi 300 milioni in più che in qualche modo potevano andare a compensare le perdite subite dai detentori di bond subordinat­i, acquistati quando ancora non erano in vigore le nuove regole europee. Domande a cui, per trasparenz­a verso i cittadini europei, sarebbe bene che rispondess­e con chiarezza un organo politico come la commission­e Ue.

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