Lo spettro bail-in e i rischi di disparità
Il salvataggio in extremis della banca portoghese Banif, a pochi giorni dall’introduzione in Europa del bail-in, apre una serie di interrogativi sul ruolo della Ue.
Avendo ad oggetto il risparmio dei cittadini europei, ogni decisione che riguarda i salvataggi bancari dovrebbe essere caratterizzata dalla massima trasparenza. Evitando che chiunque possa pensare a disparità nel trattamento dei risparmiatori-investitoricorrentisti dei diversi Paesi. I due casi da confrontare negli ultimi giorni sono quelli del salvataggio delle quattro banche italiane (Banca Marche, Etruria, CariChieti e Cassa Ferrara) e quello della portoghese Banif. In entrambi i casi si è fatto ricorso, come procedura di ultima istanza, a un fondo di risoluzione gestito dalla Banca Centrale nazionale che ha separato una good bank (già ceduta a Santander Totta nel caso di Banif, da cedere in tempi rapidi nel caso italiano) e una bad bank (quella portoghese sostenuta da garanzia pubbliche per 2,2 miliardi). In ottemperanza alla regola del burden sharing, definita a livello europeo, con il coinvolgimento in entrambi i casi di azionisti e obbligazionisti subordinati.
Molti sono però ancora i punti da chiarire. Il primo: nel caso italiano, azionisti e possessori di obbligazioni subordinate hanno perso tutto. Nel caso portoghese, stando alle comunicazioni ufficiali della Commissione Ue, non è ancora chiaro se ai possessori di bond subordinati sarà concessa la facoltà di convertire le obbligazioni in azioni della bad bank. La differenza non è irrilevante perchè - a fronte di un azzeramento immediato dei bond, potrebbe corrispondere una futura ripresa di valore nel caso di plusvalenze derivanti dalla cessione dei crediti in sofferenza.
Il secondo punto da chiarire riguarda le
SALVATAGGI A CONFRONTO Serve fare chiarezza sulla mini-valutazione della bad bank italiana e sul trattamento dei bond nei due Paesi
valutazioni di partenza della bad bank generata dal salvataggio delle quattro banche italiane e di quella portoghese. Nell’operazione Banif, l’annuncio ufficiale della Commissione Ue non descrive i valori di conferimento dei crediti in sofferenza della banca portoghese. Strano perchè, nel caso delle quattro banche italiane, Governo-BankitaliaUe hanno invece dettagliato in 18 centesimi il valore medio degli Npl conferiti alla bad bank. Valore che si confronta con una media di 40 centesimi dello stock in portafoglio alle banche italiane. Chi ha determinato quel valore così «scontato»? E’ vero che sarebbe stata la Ue a pretenderlo, invocando una valutazione da immediato realizzo su cui sono pronti a tuffarsi hedge fund che intravedono lauti guadagni? Se la valutazione fosse stata più alta, anche se non in linea con la media delle banche italiane, quel plusvalore avrebbe permesso un indennizzo ai detentori di obbligazioni subordinate delle quattro banche italiane? O magari, come sembra sia stato concesso agli investitori portoghesi, una immediata conversione dei bond in azioni della bad bank? Domande che riguardano valori di rilievo. Basti pensare che il valore nominale complessivo dei crediti in sofferenza trasferiti alla bad bank unica italiana è di 8,5 miliardi, mentre il valore di conferimento voluto dalla Ue è di 1,5 miliardi (ovvero 18 centesimi per ogni euro di credito). Con una valutazione del 20% in più (1,8 miliardi, ovvero 21,6 centesimi, ovvero circa la metà del valore medio contabilizzato dalla media delle banche italiane), sarebbero emersi 300 milioni in più che in qualche modo potevano andare a compensare le perdite subite dai detentori di bond subordinati, acquistati quando ancora non erano in vigore le nuove regole europee. Domande a cui, per trasparenza verso i cittadini europei, sarebbe bene che rispondesse con chiarezza un organo politico come la commissione Ue.