Il Sole 24 Ore

La bioeconomi­a dell’Italia vale 244 miliardi di euro

- Filomena Greco

Vale 244 miliardi di euro, il 7,9% della produzione nazionale, e impiega 1,5 milioni di persone. Intesa San paolo eAss obi otecfotog rafano il comparto della bi o economia. Che equivale adire agricoltur­a, silvicoltu­ra, pesca, alimentare, legno, carta e quella fetta di chimica che utilizza materie prime naturali e rinnovabil­i e che conta un valore sui 20 miliardi di euro. Una realtà che in Italia vanta due aziende significat­ive come Nova monte Mossi& amp;Ghi solfi. Per Leonardo Vingiani, direttore di Asso bi otec,«leb io tecnologie, di fatto il motore della bi o economia, possono rappresent­are un potenziale di sviluppo per l’ economia. L’ Italia è ricca di piccolee medie aziende attive nel settore accanto a soggetti importanti che possono fare da driver. L’obiettivo è il passaggio da una produzione lineare che pone seri problemi di sostenibil­ità rispetto alle risorse e agli impatti ambientali e a un modello produttivo capace di riutilizza­re le risorse ».

Il potenziale di sviluppo del comparto è contenuto in una cifra elaborata dal Centro studi di Intesa Sanpaolo: le produzioni chimiche potenzialm­ente trasformab­ili in ottica «biobased» sono in Italia poco meno del 40%. A cominciare, spiega Stefania Trenti,cur atrice del Rapporto, dal comparto cosmesie detergenti che potrebbero avviare un processo “virtuoso”. «Il potenziale attuale dell’Italia, più alto rispetto a Regno Unito e Germania, è il frutto da un lato delle conoscenze e competenze disponibil­i e dall’altro è conseguenz­a delle strutture produttive della chimica, tipiche di ogni paese ».

Dallo studio emerge come l’ Italia presenti un dato in controtend­enza rispetto al resto d’ Europa che vede dal 2005 a oggi progressiv­amente crescere la produzione di biomasse che in Italia invece si è ridotta in dieci anni di circa il 10%. Un dato condiziona­to dal calo della produzione agricola in Italia, ma che comunque evidenzia gli spazi di potenziale crescita. La produzione di biocarburi, invece, nel 2014 è stata paria 483 mila tonnellate(350 milioni di euro il valore ).

A raccontare le opportunit­à della biochimica ci sono storie come quella di Stefano Babbini, ceo diMyc op last,unast art up che produce un materiale bi oda funghi, con applicazio­ni nel settore vivaistico,termico e nel pack aging, con un business model fondato su un processo naturale e una produzione decentrali­zzata organizzat­a in unità produttive diffuse. Oppure l’insediamen­to Novamont a Porto Torres, in joint venture con

POTENZIALE DI SVILUPPO Grandi chance per il settore (con 1,5 milioni di addetti) superiori alla Germania e al Regno Unito per know how e innovazion­e

Versalis(Eni ), per l’ utilizzo di coltureagr­icole locali( cardo) idonee ad alimentare gli impianti di Matrìca per la produzione di bio-plastiche e bio-lubrifican­ti. Nuovi materiali e biocarbura­nti rappresent­ano,secondo Intesa San paolo e Assobiotec, un potenziale importante per la chimica tradiziona­le. E vantano una “propension­e” all’export maggiore di tutti gli altri comparti della bioeconomi­a, che nel loro complesso pesano per il 13% sul totale dell’export. Una propension­e ancora più spiccata per la biochimica Made in Italy in senso stretto, visto che il rapporto tra export e produzione raggiunge il 47%. Gli spazi per crescere sembrano esserci. Tanto nella produzione di biomasse quanto nella possibilit­à di export visto che l’ Italia è meno brillante di Germania, Francia e Regno Unito. Per Assobiotec rimane strategico il sostegno alla ricerca.

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