Tanta ricchezza poca cultura: il mix esplosivo
Icittadini di Zambia, Zimbabwe, Tanzania, Mongolia o Senegal almeno in una cosa ci battono davvero: nella cultura finanziaria. Secondo uno studio di Standard & Poor’s, in Italia solo 38 adulti su 100 hanno un minimo di competenza in materia finanziaria. Molti meno dei 40 cittadini dello Zambia, dei 41 dello Zimbabwe, dei 40 della Tanzania e così via. In fatto di cultura finanziaria gli italiani non solo sono lontani anni luce da Stati Uniti (57 cittadini su 100) e Gran Bretagna (67), ma sono battuti anche da Paesi non certo noti per l’economia florida o la cultura. In questo campo siamo davvero nel terzo mondo.
Il problema è che le famiglie italiane, nonostante la crisi e nonostante le diseguaglianze sociali, hanno tutt’ora una grande ricchezza finanziaria: secondo i dati di Bankitalia, a fine 2014 ammontava ancora a 3.943 miliardi di euro, esclusi gli immobili. Ebbene: mettere tutti questi soldi, questo enorme tesoro, in mano a gente che non conosce le regole basilari della finanza, è come dare una Ferrari in mano a un autista senza parente. Ovvio che prima o poi si schianti. E infatti, dai tempi dei bond Cirio e Argentina fino ai più recenti casi dei bond bancari subordinati, le famiglie italiane si sono “schiantate” troppo spesso.
Ecco perché la cultura finanziaria è fondamentale: il rischio è che, da uno scandalo all’altro, venga inesorabilmente dissipato quel patrimonio, cioè la ricchezza delle famiglie, che ancora tiene a galla questo Paese e che tutt’ora funziona come un “welfare” privato. Ogni pensionato truffato da una banca, infatti, è un figlio o un nipote disoccupato che farà più fatica a vivere. Servono dunque regole ferree per evitare che le banche vendano ancora prodotti spazzatura come se fossero fatti d’oro (a partire da una riforma seria della profilazione dei clienti in base alla loro tolleranza al rischio e alle loro capacità d’investimento), ma serve in questo Paese anche un balzo in avanti nella classifica della cultura finanziaria. Si parta dalla scuola, dai giornali, dalla Tv, da Internet: l’importante è che, dopo anni in cui gli italiani sono stati lobotomizzati dai BoT, prima o poi la cultura venga coltivata. Tra i risparmiatori, tra le imprese e tra gli investitori istituzionali.