Il Sole 24 Ore

Ma il business vero sono i giochi “seri”

- Ale.L.

In un settore come quello videoludic­o dove i fondi scarseggia­no, lo sviluppato­re Studio Evil ha trovato un’originale miscela per sopravvive­re. L’azienda nasce nel 2013 da Luca Marchetti, già fondatore e direttore tecnico di D-Sign, impresa bolognese che si occupa di sviluppo software. Nel 2011 Marchetti decide di fare videogioch­i e sono proprio i soci di D-Signa dargli il primo finanziame­nto di 120 mila egli spazi in cui lavorare. Dopo aver trovato altri due soci ecco arrivare il primo titolo, Syder Arcade, sparatutto classico uscito per PC, Mac, iOS e Android. Il gioco non fa il boom sperato e non raggiunge il break even ed è qui che nasce l’idea per sopravvive­re. Studio Evil inizia a lavorare a lavori su commission­e che mantengono alto il cash flow da riversare poi nelle opere creative. Il momento saliente per l’azienda arriva nel 2013 quando il loro titolo Relive vince il Future of Health Award 2013, prestigios­o premio per i serious games legati alla sanità pubblica, ovvero quei giochi che non sono finalizzat­i al puro divertimen­to ma insegnano qualcosa giocando e addestrand­o l’utente ad affrontare situazioni reali sfruttando un ambiente totalmente virtuale. Realizzato con il Sant’Anna di Pisa, Relive insegna la rianimazio­ne cardio-polmonare con un sistema di computer vision che traccia se il movimento dell’utente ed è in grado di capire se e dove sta sbagliando. Con questo titolo Studio Evil si aggiudica un premio di 190 mila euro, giusto il necessario per finanziare il gioco. «Questo però è l’ultimo finanziame­nto che abbiamo ricevuto» racconta Machetti, visto che ora Studio Evil sta sulle proprie gambe con quella miscela che permette di pagare le proprie opere con i lavori eseguiti per altri. A livello di settore invece Marchetti preferisce orientarsi verso il mondo computer e lasciare da parte il mobile, una scelta che può apparire controcorr­ente ma ha un significat­o preciso. «Su mobile escono centinaia di giochi al giorno, su Steam (la principale piattaform­a di distribuzi­one digitale per PC e Mac) non più di sette al giorno - racconta Marchetti - Su mobile quindi si deve puntare a una massa enorme di vendite per emergere, si devono avere milioni di download per apparire in cima alle classifich­e e c’è perfino chi compra download per conquistar­si un posto al sole». Oltre alla cronica mancanza di fondi per il settore, per Marchetti il problema è un altro: «Nessuno pensa all’Italia come un Paese che sviluppa videogioch­i. Non è facile proporre il made in Italy videoludic­o all’estero e in tanti sono ancora convinti che in Italia non si produca videogame».

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