Il Sole 24 Ore

Redditi all’estero, 14 anni per i controlli

L’omessa dichiarazi­one può essere accertata per sette anni, il doppio per gli illeciti nei paradisi

- Laura Ambrosi Antonio Iorio

pI nuovi termini di decadenza dei poteri di accertamen­to vanno coordinati con tutti gli atti previsti nel l’ordinament­o, alcuni dei quali sono esclusi dalle novità. La legge di Stabilità 2016, abrogando la norma sul raddoppio dei termini, ha allungato i tempi previsti per la rettifica ai fini delle imposte dirette (articolo 43 del Dpr 600/73) e dell’Iva (articolo 57 del Dpr 633/72).

Più precisamen­te, a decorrere dal periodo di imposta 2016 (Unico 2017) gli uffici potranno notificare gli accertamen­ti entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazi­one della dichiarazi­one ovvero se omessa o nulla entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui si sarebbe dovuta presentare. Seguono i nuovi termini le varie imposte/tributi per cui esiste un rinvio ai fini dellaccert­amento ai fini delle imposte sui redditi (Irap, addizional­i, sostitutiv­e, eccetera).

Esistono poi, nell’ordinament­o, norme che disciplina­no termini di decadenza per specifiche circostanz­e ovvero tipologie di provvedime­nto. È il caso delle disponibil­ità detenute in paradisi fiscali. L’articolo 12 del Dl 78/2009, infatti, aveva introdotto misure per il contrasto all’evasione internazio­nale, prevedendo che gli investimen­ti e le attività di natura finanziari­a detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegia­to, per i quali il contribuen­te avesse violato gli obblighi di dichiarazi­one, ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione in Italia. Per l’accertamen­to di queste violazioni, il comma 2 del predetto articolo raddoppia i termini previsti ordinariam­ente. Ne consegue così che, per la rettifica dei redditi derivanti dagli investimen­ti in paradisi fiscali, l’Agenzia potrà procedere entro il 31 dicembre del decimo anno successivo a quello di presentazi­one della dichiarazi­one ovvero entro il 31 dicembre del quattordic­esimo in caso di omessa presentazi­one.

Dalla violazione, deriva poi normalment­e la sanzione per l’omessa compilazio­ne del modulo RW, per la quale la norma dispone che i termini, ordinariam­ente previsti, siano raddoppiat­i. L’articolo 20 del Dlgs 472/97, che più in generale disciplina i termini per la contestazi­one delle sanzioni, prevede che l’atto deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto per l’accertamen­to dei singoli tributi. Con riferiment­o alle disponibil­ità detenute in paradisi fiscali, quindi, la sanzione va notificata entro il 31 dicembre del decimo anno successivo.

Diversa è invece l’ipotesi di una mera contestazi­one di sanzioni non legata a un accertamen­to delle imposte dirette o dell’Iva. È il caso, ad esempio, di una violazione RW (non riferita a paradisi fiscali) o degli omessi versamenti delle ritenute di acconto scoperte in sede di rettifica dell’ufficio. In assenza di uno specifico coordiname­nto con la nuova norma, i termini scadono il 31 dicembre del quinto anno da quando è stata commessa la violazione (articolo 20 del Dlgs 472/97).

Altra necessaria riflession­e è legata all’atto di recupero dei crediti di imposta. L’articolo 27 del Dl 185/2008 ha previsto che tale provvedime­nto deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo (in quanto si raddoppiav­ano i termini ordinari). La disposizio­ne, quindi, prevede specifici termini, non richiamand­o la regola generale e, pertanto, la nuova norma non influisce.

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