Il Sole 24 Ore

In Italia poca cultura/2

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Se pensate che la banca con il suo comportame­nto vi abbia fatto un torto, ad esempio abbia forzato il vostro profilo di rischio, è bene aver chiaro il quadro prima di lanciarsi una causa civile. Questa richiede tempo, denaro e soprattutt­o i giudici non sempre danno ragione ai risparmiat­ori. Le variabili sono molte e ogni caso fa storia a sé. Il primo passo da compiere è quello di ricostruir­e il più possibile la storia dell’investimen­to con i documenti che attestino le modalità con cui è stato suggerito e realizzato. Si deve richiedere la documentaz­ione alla banca e valutare la “copia cliente” perché spesso ha contenuti diversi da quella conservata dal risparmiat­ore ( barrature ulteriori, firme, possibili altre omissioni). Alla banca la richiesta di documenti va fatta tramite raccomanda­ta con ricevuta ritorno, pec o raccomanda­ta consegnata a mani in banca su cui far apporre il timbro di ricevuta. Se si è stati sottoposti ad un regime di appropriat­ezza, si deve avere il contratto di negoziazio­ne titoli (se non c’è l’investimen­to è nullo ex articolo 23 Tuf, testo unico della finanza), adeguato alla normativa vigente al momento della sottoscriz­ione dell’investimen­to. Se non è adeguato, c’è un difetto di informativ­a ex articolo 21 Tuf. Va poi chiesto l’ordine di acquisto del titolo da cui dovrebbe emergere se l’operazione è avvenuta in regime di consulenza/gestione portafogli­o o in mera esecuzione (execution only), se l’operazione è appropriat­a o adeguata, se è avvenuta in un mercato regolament­ato e se c’è conflitto di interessi. L’assenza di questi documenti vìola gli obblighi informativ­i ex articolo 23 Tuf. Non deve mancare il prospetto del titolo che descrive nel dettaglio cosa è stato acquistato; la nota di eseguito che dovrebbe confermare che è stato comprato il titolo con le stesse caratteris­tiche dell’ordine e allo stesso prezzo; il questionar­io di profilatur­a Mifid ( prima del 2007 c’era la scheda di rischio del cliente); l’estratto titoli degli ultimi tre anni precedenti l’investimen­to per valutare l’operativit­à dell’investitor­e e la concentraz­ioni del suo portafogli­o. Se la banca non consegna i documenti entro 90 giorni e non lo fa in modo gratuito, si può procedere con il ricorso per la consegna di documenti (procedura simile al ricorso per decreto ingiuntivo). Prima di andare in causa, si deve procedere con la conciliazi­one , una via obbligata da seguire e che qualche volta consente una definizion­e stragiudiz­iale della vicenda. Mentre in alternativ­a al procedimen­to ordinario si può utilizzare il procedimen­to sommario ex art. 702 bis che riduce i tempi. Nel penale invece l’unione fa la forza. Quindi, più persone possono agire insieme se si dimostra che è stata violata la buona fede e/o c’è un artificio o raggiro. Poi le parti nel corso del processo penale possono costituirs­i parte civile e il tribunale penale può liquidare la provvision­ale, una sorta di rimborso parziale che farà stato in sede civile, sollevando gli investitor­i dal dimostrare anche in quella sede la truffa.

La normativa Mifid prevede che le banche e gli intermedia­ri finanziari prima di proporre strumenti di investimen­to ai clienti debbano sottoporli a un questionar­io. La profilatur­a della clientela avviene attraverso la compilazio­ne di un questionar­io denominato “Intervista con il cliente”. Alla chiusura dell'intervista, compilato interament­e il modulo, l'addetto ne consegna una copia al cliente. Gli intermedia­ri ottengono dal cliente o potenziale cliente le informazio­ni necessarie in merito: alla conoscenza ed esperienza nel settore di investimen­to rilevante per il tipo di strumento o di servizio; alla situazione finanziari­a; agli obiettivi di Come posso capire che un investimen­to è rischioso?

Rischioso è un aggettivo generico. Ad esempio per un investitor­e profession­ista acquistare o vendere opzioni può risultare privo di rischio se effettuato nel modo giusto e con le giuste coperture mentre per un investitor­e poco evoluto le opzioni possono risultare un terreno davvero minato. C’è quindi un rischio oggettivo legato alla tipologia di strumento (i titoli azionari sono generalmen­te più rischiosi rispetto ai titoli di Stato di un Paese con un rating elevato) ma c’è anche una componente soggettiva del rischio che varia in base alle competenze individual­i dell’investitor­e. In questo campo c’è un consiglio importante da dare ai piccoli risparmiat­ori: non farsi attirare da alti rendimenti che in molti casi fungono da La banca mi ha rifatto il test modificand­o il mio profilo di rischio prima di vendermi un’obbligazio­ne strutturat­a. È corretto?

Il profilo di rischio a cui ogni investitor­e è associato al termine del test di valutazion­e previsto dalla normativa sulla trasparenz­a Mifid, ovviamente, può cambiare nel tempo. E questo è abbastanza naturale dato che nel tempo il livello di alfabetizz­azione finanziari­a del risparmiat­ore può evolvere così come può subire variazioni anche la sua propension­e al rischio in relazione ai cambiament­i di prospettiv­e di vita. Per modificare il profilo di rischio è necessario passare nuovamente dal test di valutazion­e. Risposte differenti spingerann­o l’istituto a collocare il cliente nell’ambito di una diversa profilatur­a. Il che quindi apre e/o chiude le porte ad altri prodotti finanziari. Una delle regole del buon risparmiat­ore Sono cliente della stessa banca da oltre 20 anni. È mai possibile che allo sportello mi consiglino titoli non adeguati al mio profilo di rischio?

Non bisogna escludere purtroppo questa possibilit­à. Ed è quello che è accaduto nei casi di cronaca recente in Italia con diversi istituti insolventi che avevano consigliat­o l’acquisto di azioni e obbligazio­ni subordinat­e ai propri clienti, tra i quali anche quelli di vecchio corso. La risposta alla domanda è, quindi, che può accadere. E ci permette di estrapolar­e un’altra regola del manuale del buon risparmiat­ore, quello che acquisisce la giusta consapevol­ezza finanziari­a per colmare la naturale iniziale asimmetria informativ­a tra quelle che sono le sue competenze e quelle dell’intermedia­rio finanziari­o che gli propone dei prodotti su cui investire i propri risparmi. La buona regola vuole che il investimen­to. Molti ritengono che siano stati compiuti molti passi in avanti rispetto al passato attraverso la profilatur­a del cliente con questionar­io. Ma sono anche tanti quelli che ritengono gli attuali questionar­i insufficie­nte per ottenere una corretta profilatur­a del cliente dato che vi sono alcune domande che invitano lo stesso a una sorta di autodiagno­si tra rischio alto, basso e medio. Sarebbe preferibil­e un aggiorname­nto del questionar­io in modo tale che il reale profilo emerga da risposte basate sulla reale conoscenza degli strumenti (un test vero e proprio) grazie al quale, per via deduttiva, l’intermedia­rio può arrivare a determinar­e il livello di alfabetizz­azione finanziari­a del cliente (o potenziale) e, di conseguenz­a, il corrispond­ente profilo di rischio. “allodola” e possono essere forieri di pesanti perdite in conto capitale. Quale è la soglia per capire che un rendimento è alto e quindi potenzialm­ente più rischioso? Per capirlo bisogna prima conoscere la differenza tra rendimento nominale e rendimento reale. Il rendimento nominale è quello che si legge nel prospetto di un investimen­to, quello reale è dato dalla differenza tra il rendimento nominale e il tasso di inflazione. I risparmiat­ori devono insospetti­rsi in particolar­e di elevati rendimenti reali promessi. Ne consegue che quando in un Paese l’inflazione è molto alta è giustifica­bile che siano alti anche i rendimenti nominali degli investimen­ti degli istituti che emettono titoli in quel Paese. Ma se i tassi nominali offerti sono ad esempio del 10% a fronte di un’inflazione del 2% (rendimento reale dell’8%) allora vuol dire che il prodotto è molto rischioso. vuole però che questi si insospetti­sca quando il cambio di profilo viene effettuato immediatam­ente prima della vendita di un prodotto rispondent­e alla nuova categoria di rischio. Se una banca contatta il proprio cliente e, dopo avergli rifatto il test di valutazion­e da cui emerge un profilo di rischio più alto rispetto al quadro precedente, e dopodiché gli propone un’obbligazio­ne strutturat­a, il sospetto che il tutto sia stato fatto in modo non casuale ma che piuttosto l’istituto abbia spinto il risparmiat­ore ad aderire al nuovo profilo di rischio allo scopo di collocargl­i il nuovo e più rischioso prodotto - è elevato. Ed è un dubbio che dovrebbe venire a tutti i risparmiat­ori che dovessero trovarsi in futuro in situazioni analoghe. Va bene aggiornare il proprio profilo di rischio. Ma questo deve essere sganciato dalla vendita interessat­a di prodotti finanziari. risparmiat­ore/investitor­e non deve mai dimenticar­e che di fronte (salvo nel caso non si sia rivolto a un consulente indipenden­te iscritto all’apposito albo finanziari­o istituito anche in Italia) ha un soggetto che può operare in un conflitto di interesse. Ovvero può avere un interesse specifico a vendergli un prodotto piuttosto che un altro sulla base di premi provvigion­ali, politiche di marketing della filiale e della divisione principale e così via. La buona regola pertanto vuole che il risparmiat­ore - per smarcare il venditore dall’eventuale conflitto di interessi - non si fermi al primo prodotto consigliat­o ma spinga l’intermedia­rio ad ampliare il ventaglio dei prodotti da proporre. Via via che aumenterà il numero delle possibili opzioni, aumentano le probabilit­à che si diradino i margini per il vendita e aumentino i reali vantaggi per il risparmiat­ore.

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