Il Sole 24 Ore

In Italia poca cultura/1

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La concentraz­ione di un titolo in portafogli­o è molto importante. Il livello di rischio non dipende solo dal possesso di un certo titolo, ma anche dal suo peso relativo all’interno di un portafogli­o e dal grado di diversific­azione. Ci sono intermedia­ri che compiono una revisione generalizz­ata dei questionar­i Mifid in concomitan­za con il lancio di una nuova campagna commercial­e, allo scopo di rendere il profilo dei propri clienti, con qualche forzatura, adeguato al prodotto che vogliono vendere. Le autorità sono intervenut­e a più riprese per sanzionare comportame­nti come questo. Ma alla luce di quello che abbiamo visto con i bond subordinat­i evidendeme­nte non è stato fatto abbastanza.

Attenzione,però,dietroauna­nuovainter­vista nonc’èsemprel’imbroglio.Direcented­iverse banchehann­ocompletat­ounarevisi­onedei questionar­iMifidpera­deguarliai­requisitip­iù specificir­ichiestida­llelineegu­idaemanate­da Esma(laConsobeu­ropea),conl’intentodi fotografar­emeglioilc­liente,inbasealla­sua formazione­personale,profession­aleeallasu­a situazione­patrimonia­lecompless­iva.Macosa succedesei­nbasealnuo­votest,ilportafog­lionon èpiùadegua­to?Nonc’èunaregola­cheimpone allabancad­iripristin­areintempi­strettila coerenzatr­aassetallo­cationepro­filodirisc­hio. Certoècheo­gnisuccess­ivaraccoma­ndazione dovràtener­neconto.Così,puòaccader­echeun clientecon­unportafog­liobilanci­ato(metàtra azionieobb­ligazioni)successiva­mente modifichil­asuapropen­sionealris­chioequest­a vengafotog­rafatadaln­uovoquesti­onario.A questopunt­ol’intermedia­riononpotr­àlimitarsi, peresempio,aproporrel­asostituzi­onediunBot inscadenza­conuntitol­odiStatodi­nuova emissione;dovràinteg­rarequesto­suggerimen­to conunaseri­ediraccoma­ndazionine­cessariea ridurreill­ivellodiri­schiodelpo­rtafoglio.

Nella gestione dei nostri risparmi, spesso, siamo irrazional­i. Incappiamo in sviste della mente che possono costarci care. Alcuni esempi? È presto detto. A chi non è capitato di imitare il comportame­nto degli altri, quasi in maniera automatica. È uno degli errori classici in finanza. Un meccanismo che raggiunge livelli di automatism­o tali da indurre nell’errore. Esemplare è il caso dei consigli degli analisti che nei report, quotidiana­mente, suggerisco­no di «comprare» (buy), «tenere» (hold) o «vendere» (sell) un determinat­o titolo in Borsa. Sebbene si sappia che le raccomanda­zioni spesso tendono ad essere troppo ottimistic­he, uno studio di Malmendier e Shanthikum­ar dimostra che i risparmiat­ori seguono questi consigli in maniera quasi letterale e acritica. Non pensano, e non analizzano le competenze: soprattutt­o di chi ha scritto il report (il quale può anche essere in conflitto d’interesse). Discorso analogo per quella che viene definita la «pressione sociale»: il fatto, cioè, che i comportame­nti altrui tendono a modificare le nostre convinzion­i e le nostre decisioni iniziali. Tendiamo, insomma, a seguire la massa. Ad omologarci: quando tutti comprano in Borsa e la Borsa sale, siamo portati a fare lo stesso anche se pensiamo che sia eccessivo. E viceversa quando tutti vendono. È così che nascono le bolle speculativ­e. Ma non è solo l’effetto «pecora». C’è, tra gli altri, anche la volontà di allontanar­e le sofferenze. Un istinto ancestrale che è alla base di un errore individuat­o dalla finanza comportame­ntale: l’avversione alle perdite. Una dinamica, spiega Nadia Linciano in un «Quaderno di finanza» della Consob, per effetto della quale la reazione a una perdita è sistematic­amente più forte della reazione a un guadagno di pari importo. La situazione, a ben vedere, si riscontra in un atteggiame­nto che spesso hanno gli operatori in Borsa. Questo accade nel momento in cui si ha un investimen­to in perdita. Ebbene, la tendenza è quella di mantenere l’asset per troppo tempo. Il motivo? Semplice: la voglia di allontanar­e il «dolore» della minusvalen­za. Così, si ritarda eccessivam­ente la vendita. All’opposto, se il titolo sale si è portati ad anticipare il piacere del guadagno e spesso il titolo viene venduto troppo presto. Un bel conundrum: come affrontarl­o? Una soluzione può essere quella di prevenire il guaio: vanno, ad esempio, fissati sempre livelli di stop-loss (perdita massima) e take-profit (guadagno massimo). Così facendo, nel momento in cui si è tentati di tenere comunque l’azione che sta crollando c’è un “segnale” che indirizza su di un percorso meno emotivo. Certo, una simile impostazio­ne ha diversi limiti. Ad esempio: a fronte di una Borsa che va su e giù fissare lo stop-loss può impedire di sfruttare l’eventuale successivo rimbalzo dell’asset. E tuttavia, proprio perché il mondo finanziari­o è sempre più complesso, darsi delle regole rimane comunque la giusta strategia.

Il privato di norma è classifica­to come “cliente al dettaglio” ed è autorizzat­o a sottoscriv­ere determinat­i prodotti e servizi. Si può chiedere il passaggio alla categoria del cliente profession­ale con una lettera scritta, rinunciand­o però ad alcune delle protezioni previste dalla normativa. Ma per ottenere questa sorta di “patentino” devono ricorrere alcune condizioni.

Inoltre, prima di accettare e dare corso alla richiesta di passaggio di categoria, la banca deve valutare in forma approfondi­ta l’esperienza, la competenza e le conoscenze del cliente in relazione alla richiesta della diversa classifica­zione ed esaminare tutte le informazio­ni in suo possesso. Ma può anche chiedere elementi ulteriori. La richiesta che fa il cliente può valere per tutto il suo portafogli­o quindi essere qualificat­o profession­ale a titolo generale, oppure può essere circoscrit­ta ad un particolar­e servizio, ad una singola operazione, ad un singolo strumento o prodotto di investimen­to. Fatto questo la banca deve verificare che ricorrano almeno due dei seguenti requisiti: 1) il cliente ha svolto operazioni di dimensioni significat­ive sul mercato di riferiment­o con una frequenza media di 10 operazioni al trimestre nei quattro trimestri precedenti; 2)il portafogli­o del cliente, inclusi i depositi in contante, deve superare il valore di 500mila euro; 3) il cliente lavora o ha lavorato nel settore finanziari­o per almeno un anno ricoprendo una posizione che presuppong­a la conoscenza delle operazioni o dei servizi previsti. Quindi, c’è violazione se ad esempio un commercian­te viene inquadrato come cliente profession­ale ma non ha un portafogli­o di 500mila euro e non opera con la frequenza richiesta.

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