Il Sole 24 Ore

I partiti storici puniti dalla crisi

- di Roberto D’Alimonte

Ci sono Paesi in cui sono i cittadini a decidere nelle urne chi debba governare e ce ne sono altri in cui sono i partiti a fare i governi dopo il voto. Fino a domenica scorsa la Spagna appartenev­a al primo gruppo. Adesso non più.

La Costituzio­ne spagnola non è cambiata. Il regime parlamenta­re è sempre lo stesso. E non è cambiato nemmeno il sistema elettorale. Era e resta un sistema proporzion­ale corretto. Per oltre trenta anni questo sistema elettorale ha contribuit­o a strutturar­e il sistema partitico spagnolo secondo un formato sostanzial­mente bipartitic­o. A partire dal 1982 Socialisti e Popolari hanno raccolto insieme tra l’81% e il 92 % dei seggi. Neanche in Gran Bretagna si è registrata sistematic­amente una simile concentraz­ione di seggi sui due maggiori partiti.

Tutto questo è avvenuto grazie ad un sistema elettorale che li favoriva. I sistemi proporzion­ali sono molto sensibili alla dimensione delle circoscriz­ioni, cioè al numero dei seggi assegnati in ciascuna circoscriz­ione. Se le circoscriz­ioni sono piccole la stessa formula di conversion­e dei voti in seggi può produrre effetti diversi rispetto alle circoscriz­ioni più grandi. In Spagna la dimensione media delle circoscriz­ioni è di circa sei seggi. In circoscriz­ioni così piccole anche un sistema proporzion­ale non aiuta i piccoli partiti a prendere seggi. Soprattutt­o quelli che hanno un voto disperso su tutto il territorio nazionale. Vanno meglio i partiti con un voto concentrat­o, così come succede nei sistemi maggiorita­ri. Grazie a questo fattore, Socialisti e Popolari sono sempre stati sovrarappr­esentati. Vale a dire, hanno sempre ottenuto più seggi rispetto ai loro voti. Infatti, la loro percentual­e di voti è oscillata tra il 65 % del 1989 all’84% del 2008. In altre parole hanno goduto di un premio che, per esempio, nel caso dei Popolari nel 2011 è stato di circa nove punti. È questo premio che ha permesso agli elettori di decidere nelle urne il governo del paese. Mai negli ultimi trenta anni Socialisti e Popolari hanno ottenuto la maggioranz­a assoluta dei voti. Ma fino ad oggi hanno sempre potuto governare da soli. Grazie al premio.

Adesso la musica è cambiata perché è cambiata l’offerta politica. Come nel resto del Sud Europa la prolungata crisi economica e soprattutt­o una disoccupaz­ione drammatica hanno penalizzat­o i partiti storici. Il cambiament­o è avvenuto prima a livello di elezioni europee e di elezioni locali e ora è arrivato al livello nazionale. Il successo di Podemos e Ciudadanos ha cambiato radicalmen­te il quadro politico. Quando Socialisti e Popolari erano capaci di raccoglier­e oltre il 70% dei voti il sistema elettorale spagnolo produceva effetti maggiorita­ri, ora che la loro percentual­e di voti è scesa intorno al 50% questi effetti sono spariti. Podemos e Ciudadanos si sono rivelati partiti tanto forti da neutralizz­are il vantaggio che il sistema di voto dava ai partiti storici. Così il proporzion­ale è diventato un proporzion­ale, e basta. E la Spagna è diventata un paese in cui le elezioni non decidono chi governa. La decisione è tornata nelle mani dei partiti. È un fatto nuovo a Madrid. Vedremo nelle prossime settimane quali saranno le conseguenz­e. Le coalizioni di governo possibili non sono molte e sono tutte problemati­che perché sono tutte coalizioni in cui partiti vecchi e partiti nuovi si dovranno mescolare in forme inedite. A meno di non immaginare una grande coalizione dei due partiti storici contro gli outsiders. Cosa molto poco probabile.

Eppure, per quanto complicata sia la situazione scaturita dalle elezioni, la Spagna non è l’Italia. È vero che a Madrid il bipartitis­mo è finito, ma non il bipolarism­o. Da noi invece i poli sono tre, non due. Il sistema bipolare spagnolo è più semplice. Da una parte ci sono il Psoe e Podemos che insieme hanno il 42,7 % dei voti, dall’altra i Popolari e Ciudadanos con il 42,6%. Equilibrio perfetto. Ma nessuno dei due ha la maggioranz­a assoluta dei seggi. Ai primi ne mancano 17, ai secondi ne mancano 13. La governabil­ità della Spagna è appesa a questi numeri. È un fatto positivo ? Con un sistema elettorale un po’ meno proporzion­ale oggi a Madrid ci sarebbe un governo senza dover ricorrere a complicate alchimie parlamenta­ri. Meglio ancora se il sistema fosse a doppio turno. Sarebbero gli elettori a scegliere tra i due poli chi mandare al governo. Una scelta trasparent­e e decisiva. In fondo in Spagna è stato così fino a ieri, quando i partiti erano due. Adesso che sono quattro il sistema non funziona più così bene. Sarà interessan­te vedere se verrà messo in discussion­e. Se questo avverrà, forse gli spagnoli potranno imparare qualcosa da noi più che dai francesi.

MUSICA NUOVA Podemos e Ciudadanos hanno neutralizz­ato il vantaggio che il sistema di voto dava a Popolari e Socialisti

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