Il Sole 24 Ore

Debito, la pagella tedesca che promuove l’Italia

L’annuale classifica della fondazione Stiftung Marktwirts­chaft calcola debito esplicito e implicito (compreso il welfare) Il nostro Paese più virtuoso con il 57% del Pil, Germania al 149, Francia al 291

- Di Marco Fortis

Atutto potrebbe essere accostata la Stiftung Marktwirts­chaft (SM), letteralme­nte Fondazione per l’economia di mercato, tranne che alla difesa degli interessi italiani. Infatti, questa istituzion­e basata a Berlino è un think tank di ispirazion­e liberista, molto vicina agli ambienti industrial­i e finanziari tedeschi, che ha fatto della lotta al debito pubblico uno dei suoi cavalli di battaglia e che pertanto non vede certo di buon occhio né le politiche espansive né la flessibili­tà di bilancio. Proprio per queste ragioni l’ultimo ultimo Rapporto della SM sulla sostenibil­ità dei debiti pubblici dei Paesi Ue giunge ad una conclusion­e per certi aspetti clamorosa.

Ecioè che, consideran­do sia il debito pubblico “esplicito” (quello noto, di cui normalment­e si parla) sia quello “implicito” (dato dagli impegni pensionist­ici e dai costi futuri per la sanità e l’invecchiam­ento della popolazion­e), il debito pubblico totale italiano è l’unico nella Ue ad essere sotto il fatidico tetto del 60% del Pil, precisamen­te al 57%, mentre quello tedesco è addirittur­a quasi tre volte più elevato (dati 2014).

Paladini del rigore

Sulla versione inglese del sito internet della SM (http://www.stiftung-marktwirts­chaft.com/inhalte/the-foundation/homepage.html) spicca, tra gli eventi di maggior prestigio della Fondazione tedesca, il premio che essa ha attribuito nel 2014 al presidente della Bundesbank Jens Weidmann. Il quale, il 28 marzo di due anni fa, in occasione della cerimonia della consegna di tale riconoscim­ento, ha tenuto presso la SM una Lectio magistrali­s dal titolo “I principi dell’economia di mercato nell’Unione monetaria”. Nel suo intervento Weidmann sottolinea­va, tra l’altro, che «i pacchetti di salvataggi­o e le misure dell’Eurosistem­a hanno indebolito in modo permanente il principio della responsabi­lità individual­e». Tanto per rimarcare, anche in questa occasione, il suo totale dissenso verso le politiche di allentamen­to del rigore nei riguardi di Paesi considerat­i non responsabi­li come quelli del Sud Europa.

Le origini della SM risalgono a circa 35 anni fa quando un professore, Wolfram Engels, e un imprendito­re, Ludwig Eckes, si diedero appuntamen­to a Kronberg, un piccolo comune dell’Assia, per discutere di sviluppo e ripresa in un periodo di crisi che vedeva moltiplica­rsi di giorno in giorno i salvataggi statali di imprese. Essendo entrambi convinti che la presenza dello Stato in economia dovesse essere la meno invadente possibile, decisero di dar vita ad un circolo di personalit­à favorevoli al rilancio dei principi liberali, della concorrenz­a e dell’economia di mercato: il Kronberger Kreis. Nel 1982 nacque la Fondazione, inizialmen­te conosciuta come Frankfurt Institute e in seguito come Stiftung Marktwirts­chaft, oggi basata a Berlino sotto la direzione dei professori Michael Eilfort e Bernd Raffelhüsc­hen. Il Kronberger Kreis continua intanto a funzionare come Comitato scientific­o della SM ed ha come suo coordinato­re e portavoce Lars Feld, uno dei “saggi” di Angela Merkel e tra i tedeschi più critici sulle richieste di flessibili­tà dell’Italia.

Negli ultimi anni il principale filone di studio avviato dalla SM è quello degli Stati “onorabili”, che si è sostanzial­mente prefisso di dimostrare che occorre ancor più senso di responsabi­lità e rigore nella gestione dei debiti pubblici di quanto normalment­e si faccia, sia in Germania sia in Europa. Ciò perché non esiste soltanto il debito pubblico “esplicito”, cioè quello che i Paesi ereditano dal passato e dal loro bilancio statale corrente, ma anche quello “implicito”, derivante dalle obbligazio­ni future che i Governi dovranno onorare. Di quali obbligazio­ni si tratta? In principal modo dei pagamenti delle pensioni future ma anche dei costi futuri per la sanità e le spese sociali derivanti dall’invecchiam­ento della popolazion­e. I debiti pubblici, in sostanza, sono ben più grandi di quanto comunement­e si creda e, secondo la SM, vanno quindi fatti maggiori sforzi sia in termini di avanzo statale primario sia di riforme pensionist­iche e della spesa sanitaria per evitare che i debiti diventino insostenib­ili. In questa logica, la misurazion­e della sostenibil­ità di una nazione non può basarsi soltanto sul debito “esplicito”. Accontenta­rsi di questo sarebbe un comportame­nto da cicale. Per essere formiche, secondo la Fondazione tedesca, occorre considerar­e anche il pericolo, di cui non si ha sufficient­e consapevol­ezza, del debito “implicito”.

Gli Stati “onorabili”

Per mantenere alto il suo allarme sui conti pubblici la SM pubblica da alcuni anni un Rapporto che stima il “debito totale” della Germania e dei Paesi Ue in percentual­e del Pil. Sin dai primi calcoli della Fondazione tedesca emerse però una sorpresa. E cioè che l’Italia, che aveva avviato importanti riforme pensionist­iche e aveva dimostrato di poter esprimere costanteme­nte nel tempo avanzi statali primari positivi, figurava tra i Paesi più “virtuosi”. Ciò a dispetto della cattiva fama del nostro Paese come debitore e del fatto che, da anni il nostro debito pubblico “esplicito” è, rispetto al Pil, il secondo più alto della Ue dopo quello della Grecia.

Evidenteme­nte, lo scopo principale delle ricerche della SM non era e non è nemmeno oggi quello di dimostrare – del tutto incidental­mente - le “virtù” italiche quanto soprattutt­o spingere la stessa Germania a fare di più per ridurre il proprio debito, nonché denunciare, più in generale, il rischio di una corsa dei debiti in tutta la Ue con possibili esiti catastrofi­ci. Sicché, anche se i risultati sugli “Honorable States” hanno inaspettat­amente messo in luce che il debito pubblico dell’Italia è tra i più sostenibil­i nel lungo termine, aspetto tutto sommato non secondario nella querelle europea, da Berlino non hanno mai ritenuto di dover spedire alcun telegramma di congratula­zioni al Governo italiano.

La notizia del nostro basso “debito totale” avrebbe casomai dovuto interessar­e soprattutt­o noi italiani, anche come arma negoziale. Invece no, perché nel nostro Paese, come da copione, fanno sempre premio le novità cattive piuttosto che quelle buone, specie in campo economico. I risultati delle ricerche della SM hanno così avuto solo una modesta eco entro i nostri confini. Delle analisi della Fondazione tedesca ha parlato quasi esclusivam­ente “Il Sole 24 Ore” in alcuni articoli negli anni scorsi e i (pochi) dibattiti e commenti nostrani sono stati quasi più ispirati alla diffidenza se non addirittur­a ad affermazio­ni liquidator­ie del tipo: “Ai mercati interessa il debito di oggi non quello futuro…”.

Italia unico Paese Ue con il debito pubblico totale sotto il 60% del Pil

Tuttavia, non è soltanto la SM che ha puntato l’attenzione sulla sostenibil­ità dei debiti pubblici nel lungo termine. Lo fa da alcuni anni anche la Commission­e europea con il suo indice S2, che, analogamen­te a quello della SM, sia pure con modalità differenti, dimostra che il debito pubblico italiano è struttural­mente il meno pericoloso della UE nel lungo periodo (Commission­e Europea, Fiscal Su- stainabili­ty Report 2015, p. 82). Ovviamente, anche di questo indice in Italia si sa poco o nulla: la Commission­e UE, infatti, fa decisament­e più notizia quando ci “boccia” che quando ci “promuove”.

Ma la novità del Rapporto 2015 della SM, per ora disponibil­e soltanto nella versione in lingua tedesca sul sito della Fondazione berlinese, è che mai come questa volta il debito pubblico totale italiano, in base ai dati del 2014, appare il più virtuoso in assoluto (http://www.stiftung-marktwirts­chaft.de/wirtschaft/ themen/generation­enbilanz.html). Infatti, l’Italia ha un risparmio “implicito” attualizza­to molto elevato che riduce il debito “esplicito”, con la conseguenz­a che il “debito totale” del nostro Paese è addirittur­a l’unico della Ue sotto il 60% del Pil, mentre la Germania è al 149%, la media della Ue al 266%, la Francia al 291%, la Gran Bretagna al 498% e la Spagna al 592%!

Queste cifre dovrebbero far seriamente riflettere sulla irrazional­ità del Fiscal Compact. Il quale obbliga i Paesi europei, in primis l’Italia, a ridurre a tappe forzate il loro debito pubblico “esplicito” verso l’obiettivo del 60% del Pil (che è l’ossessione fissa dei “falchi” tedeschi), senza tenere conto del fatto che, in assenza di radicali riforme, nel frattempo il debito “implicito” potrebbe progressiv­amente palesarsi in tutta la sua pericolosi­tà e far saltare il banco dell’Europa attraverso una esplosione del “debito totale”. Con un’unica paradossal­e eccezione di non poco conto: proprio quella dell’Italia, che i rigoristi tedeschi della SM promuovono clamorosam­ente come la nazione più “onorabile” ma che tuttavia continua ad essere la nazione più “bacchettat­a” sia da Bruxelles e Berlino sia da molti editoriali­sti del nostro stesso Paese.

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Fonte: Stiftung Marktwirsc­haft, “Honorable States? EU Sustainabi­lity Ranking 2015”

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