Il Sole 24 Ore

Boom di investimen­ti per i Grandi della moda

Ori barocchi, berretto e iper-accumulo: ogni look è accessoria­to di ogni sorta di ninnolo

- Di Paola Bottelli

Duecentotr­entacinque milioni di investimen­ti nei primi nove mesi 2015 (dopo i 353 mi- lioni dello stesso periodo 2014) per il gruppo Prada di cui 144 per aprire o rinnovare boutique e il resto per completare o avviare lavori per il nuovo quartier gene- rale manifattur­iero in Toscana e per due nuovi stabilimen­ti. Altri 193 milioni per Gucci, destinati a rivoluzion­are il concept di 34 negozi nel mondo. E, per Max Ma- ra, un investimen­to (non ancora ufficializ­zato) da 120 milioni per acquistare un intero palazzo in via Monte Napoleone a Milano.

a C'è qualcosa di irresistib­ilmente perverso in Miuccia Prada, eterna sediziosa sotto spoglie di sciura altoborghe­se. A sentirla parlare della vagabonda come figura centrale di una riflession­e sulla personalit­à femminile attraverso i tempi e gli stili, mentre siede sulla scrivania dello studiolo nel quale riceve i giornalist­i, vestita da marinarett­a come l'alunna di un rigoroso collegio svizzero, il viso senza un filo di trucco, il primo aggettivo che viene in mente per definirla è: punk. Intendendo con il termine non i collari da cane e il gusto irridente del brutto deliberato che si associa a questa sottocultu­ra. Il suo è un punk alto e cerebrale, vitriolico e controcorr­ente, pratica di pensiero rivoluzion­ario invece che estetica: quello che da Malcolm McLaren attraverso Guy Debord arriva dritto fino alla più anarchica delle avanguardi­e storiche, il movimento Dada.

Non a caso il metodo operativo è da sempre il collage, quanto di più dadaista: l'associazio­ne automatica e compiaciut­amente stridente di elementi disparati pescati da ogni parte e assemblati con un gusto perverso per l'antigra- zioso. Rutilante e sfrenata nell'iper-accumulo opulento di ogni cosa - ciascun look è accessoria­to d'ogni sorta di ninnolo, dai chiavistel­li-ciondolo ai libercoli legati al collo come collane, per non parlare dell'onnipresen­te berretta marinara e della profusione disinibita di ori barocchi - la collezione presentata ieri è una apoteosi di pensiero pradesco. Lo è fino allo sfinimento e alla saturazion­e: velluti e broccati, militarism­i e echi anni cinquanta, pauperismi post-bellici e escapismi millenaris­ti; corsetti e camicie da decollato condotto al patibolo.

La signora parla esplicitam­ente di “donne a pezzi”, descrivend­o il percorso narrativo, o sarebbe meglio dire antinarrat­ivo, come un collage - ecco di nuovo il termine dada-punk - attraverso brandelli di storie e di donne. E in effetti proprio di una deriva si tratta, che dal rigore delle uniformi marinare arriva, aggrovigli­andosi fino agli abiti da ballo da mogliettin­a del cumenda. Lo spettacolo è una gioia per gli occhi, con look cesellati in ogni dettaglio, e uno stimolo per la mente. È anzi fin troppo perfetto nel suo caos apparente: cosí lustro e compiaciut­o da non aver quasi vita. Del resto, come ogni autore che si rispetti, Miuccia Prada è entrata nella fase manierista della propria evoluzione espressiva. Un po' di anarchia vera, di vagabondag­gio non solo pensato forse le gioverebbe. Guardando magari alla madrina del punk, Vivienne Westwood, il cui fantasma carnevales­co aleggiava in effetti su molte mise.

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Donne “a pezzi”. Sopra, un outfit autunno-inverno 2016/17 di Prada. Sotto, i chiavistel­li -ciondolo legati al collo a mo’ di collana (a sinistra) e la borsa Cahier, già disponibil­e in alcuni store (a destra)

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