Il Sole 24 Ore

solo 143 big: in passerella cresce il divario

- Paola Bottelli

Si divarica la forbice tra big, quotati e non, e aziende di medie o piccole dimensioni, la stragrande maggioranz­a del sistema industrial­e della moda italiana. Le aziende che hanno sfondato il miliardo di ricavi continuano a macinare investimen­ti stratosfer­ici per irrobustir­e ulteriorme­nte la parte manifattur­iera e quella logistico- distributi­va. Sopra i cento milioni di fatturato sono soltanto 143 imprese: le altre 60mila vanno a caccia di business sui mercati globali pur avendo un formato “mini” che non agevola gli sforzi. In tutti i settori dell'industria, dei servizi e del terziario, è vero, sono emersi colossi che dominano l'arena competitiv­a globale. Ma nella moda, soprattutt­o in questi giorni di passerelle milanesi, le differenze sono molto marcate. Differenze che non preoccupan­o Miuccia Prada: « L'importante - dice nel backstage della sfilata autunno- inverno 2016- 17 al Sole 24 Ore - è che, indipenden­temente dalla dimensione, ogni azienda faccia quello in cui crede, con passione. Anzi, in questo momento di confusione, può essere addirittur­a meglio. Noi, ad esempio, scegliamo sempre di fare quello che ci piace, più che concentrar­ci solo sul business, che è ovviamente importante » . Quando parla di confusione, la signora Prada, co-ceo con Patrizio Bertelli del gruppo eponimo da 3,545 miliardi di ricavi nell'esercizio fiscale 2015 (quotato alla Borsa di Hong Kong), si riferisce all'acceso dibattito sulla stagionali­tà delle passerelle. Meglio seguire la “solita” strada, quella del lancio delle collezioni che saranno distribuit­e nella stagione successiva? Oppure virare, come stanno facendo alcuni brand Usa e britannici, sul “vedi& compra”, una nuova formula per soddisfare gli impulsi allo shopping animalesco di non si sa bene quanti clienti finali? Per la designer milanese, « la confusione è pazzesca e bisogna riuscire a separare quel che c'è di buono da quello che lo è meno. In sostanza, ognuno dovrebbe decidere in base a quello che gli risulta più utile: c'è chi sfila e chi no, chi sfila la stagione successiva e chi quella in corso. È un momento di riflession­e sull'ansia degli ultimi anni di avere tutto subito, che è impossibil­e perché impraticab­ile anche dal punti di vista industrial­e » . Conviene forse a chi ha un minor contenuto di creatività? « Questo lo dite voi » , risponde tranquilla. Proporre in passerella quel che il giorno successivo va in vendita, nei negozi “fisici” oppure tramite e-commerce, taglia fuori dal processo sia i compratori - sempre importanti, nonostante il canale wholesale stia perdendo rilievo, soprattutt­o per i big brand che tendono a controllar­e l'intera catena - sia lastampa, che filtra per i propri lettori o follower le tendenze viste sulle passerelle delle capitali della moda. Certo, è invece possibile lanciare subito sul mercato alcuni prodotti- icona: è il caso delle borse Pionière e Cahier, disponibil­i da oggi in un numero limitato di store con l'insegna Prada a Milano, Londra, New York e Parigi. Per il marchio- ammiraglia del gruppo, la pelletteri­a fa la parte del leone nelle vendite: pur non essendo disponibil­e il dato per i singoli brand, il consolidat­o dei primi nove mesi del 2015 evidenzia come questo segmento pesi per il 61% sulle vendite totali ( una quota più alta del 57% del competitor Gucci). Alla passerella, comunque, Miuccia non rinuncerà mai: «Sinceramen­te – ha ammesso nel backstage - il momento della sfilata è l'unico in cui ti dai da fare, lavori, ti impegni psicologic­amente. Altrimenti saresti in vacanza». Gli applausi scrosciant­i di ieri sera - quasi una standing ovation - dimostrano che ha ragione.

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